I progressi nella Sclerosi Multipla

I risultati scientifici danno indicazioni importanti sulla reale fattibilità dell’utilizzo di terapie a base di cellule staminali non ematopoietiche per il trattamento delle sclerosi multipla. Gli studi sperimentali, che fino ad ora hanno dato risultati positivi in animali di laboratorio, rafforzano la convinzione che le cellule staminali mesenchimali e neurali potrebbero diventare un utile strumento terapeutico per la cura delle malattie neurologiche infiammatorie croniche ma la strada da percorrere è ancora lunga.

Cronica, invalidante ed imprevedibile, la sclerosi multipla è una grave malattia del sistema nervoso centrale. Danneggia la mielina, il rivestimento delle fibre nervose, provocando il rallentamento della trasmissione degli impulsi nervosi. Può portare gradualmente all’invalidità e rendere più difficili le azioni semplici, come camminare, leggere, parlare. Persino prendere un oggetto in mano.
Ogni quattro ore, nel nostro Paese, una persona riceve la diagnosi di sclerosi multipla. Le persone affette sono 58 mila. Ad essere maggiormente colpiti, sono i giovani e le donne. La malattia insorge perlopiù tra i 20 ed i 30 anni, il periodo di vita più ricco di progetti di studio, lavoro, famiglia, figli, relazioni sociali. Negli ultimi anni, la ricerca ha conseguito molti progressi nel campo delle cellule staminali e della medicina rigenerativa, volta allo sviluppo di terapie innovative mirate a migliorare i danni arrecati al sistema nervoso centrale nelle patologie degenerative come la sclerosi multipla. La Fondazione Italiana Sclerosi Multipla sostiene da sempre la ricerca sulle cellule staminali, nella convinzione che gli studi condotti possano aiutare sempre di più a comprendere i loro meccanismi regolatori e rigenerativi, ed arrivare, in futuro, al loro utilizzo a favore delle persone affette da SM. A tale proposito, nel 2006, è stato finanziato dalla FISM un progetto speciale che studia le cellule staminali somatiche adulte, neurali e mesenchimali, e la loro azione nel trattamento della sclerosi multipla. Sono stati coinvolti due gruppi distinti di ricercatori: l’Unità di Neuroimmunologia dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano, coordinata da Gianvito Martino e l’Unità di Neuroimmunologia del Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica dell’Università di Genova, coordinata da Antonio Uccelli. (www.aism.it ricerca scientifica – FISM per la ricerca – progetti cellule staminali).

A tutt’oggi, i principali studi sperimentali mirati a terapie innovative contro la sclerosi multipla sono stati effettuati su modelli animali. I ricercatori dell’Università di Genova hanno studiato, in particolare, le cellule staminali mesenchimali (cellule staminali del midollo osseo adulto). Hanno dimostrato che sono in grado di bloccare molte delle attività immunitarie potenzialmente coinvolte nella sclerosi multipla. Le cellule staminali mesenchimali sono in grado di estinguere l’infiammazione mediata da cellule del sistema immunitario e proteggere le cellule neurali danneggiate da questo processo autoimmune. Gli studi condotti dall’Unità di Neuroimmunologia dell’Istituto di Neurologia Sperimentale (INSpe) presso l’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano hanno, invece, dimostrato che le cellule staminali neurali adulte, un tipo di cellule staminali che può dar origine ai neuroni, possono rappresentare una nuova opportunità terapeutica per quelle malattie del sistema nervoso centrale in cui una forte reazione infiammatoria provoca la progressiva ed irreversibile distruzione del tessuto, con conseguenti gravi handicap. Gli studi compiuti dal dr Stefano Pluchino e dal dr Gianvito Martino, del San Raffaele, hanno provato che le cellule precursori staminali neurali (NPC), iniettate in modelli animali di sclerosi multipla, sono in grado di bloccare la risposta autoimmunitaria e possiedono un ruolo neuroprotettivo. In particolare, le cellule precursori staminali neurali iniettate hanno determinato un miglioramento delle lesioni, un’attenuazione delle disabilità ed un aumento della sopravvivenza.

Questi risultati scientifici forniscono indicazioni molto importanti sulla possibilità reale di pervenire ad una terapia a base di cellule staminali non ematopoietiche per il trattamento della sclerosi multipla. Gli studi sperimentali hanno finora condotto a risultati positivi negli animali di laboratorio. Rafforzano la convinzione che le cellule staminali mesenchimali e neurali potrebbero diventare un utile strumento terapeutico per la cura delle malattie neurologiche infiammatorie croniche. La strada da percorrere è però ancora lunga. Anche le cellule staminali ematopoietiche, già utilizzate nel trattamento di diverse malattie del sistema immunitario (linfomi, leucemie), sono state sperimentate per la sclerosi multipla. In alcuni pazienti, affetti da forme aggressive di sclerosi multipla, e che non rispondono alle terapie convenzionali, è stata testata l’immunosoppressione seguita da trapianto allogenico (cellule prelevate da un donatore sano) o autologo (cellule dello stesso paziente) di cellule staminali ematopoietiche. Fino a oggi, risultano 400 casi di trapianto di midollo osseo in Europa in 10 anni, ed alcuni con esito favorevole. Occorre sottolineare che l’intensa immunosoppressione seguita da trapianto autologo di cellule staminali

ematopoietiche è ancora allo stadio sperimentale. Il suo uso è limitato agli studi approvati che ne valutano l’efficacia o a singoli casi che peggiorano rapidamente nonostante i trattamenti effettuati. Mancano ancora risultati di trials clinici controllati. Non è ancora chiaro quale sia la condizione migliore per bilanciare l’efficacia del trattamento con la tossicità tollerabile. Ed è fondamentale specificare quali pazienti possano trarre maggior profitto dalla terapia con cellule staminali e valutare correttamente il rapporto beneficio/rischio. Le incognite per mettere a punto una nuova terapia sono ancora molte e, soprattutto, bisogna ridurre i rischi evitando che i malati diventino vittime inconsapevoli di sperimentazioni incontrollate. Per questo motivo, la comunità scientifica internazionale si è imposta delle regole che prevedono, per avvalorare qualsivoglia nuova terapia, sperimentazioni ripetute, rigorose, controllate e controllabili. Inoltre, è fondamentale che una terapia, ancor prima di essere efficace, si dimostri sicura: non deve cioè mettere a rischio la vita del paziente più di quanto non lo sia già. Recentemente, sono state promosse dall’AISM e dalle Associazioni Internazionali iniziative che coinvolgono tutti i principali ricercatori operanti su questo campo. Si tratta di definire i criteri generali per l’uso delle cellule staminali adulte nella sclerosi multipla e pianificare le basi per una sperimentazione clinica internazionale. Durante il Consensus Meeting di Maggio, promosso dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla e dalla UK Multiple Sclerosis, il dr Gianvito Martino, dell’Unità di Neuroimmunologia dell’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano, è stato designato come coordinatore del gruppo di scienziati che a Londra ha stabilito le linee guida per l’utilizzo delle cellule staminali nel trattamento della sclerosi multipla. Il dr Antonio Uccelli ed il gruppo di studio internazionale del Trapianto di Cellule Mesenchimali Staminali (MSCT) si sono riuniti per il convegno mondiale sul MSCT a Parigi nello scorso mese di marzo.

Durante i lavori, è stato proposto un protocollo da applicare nella terapia umana con cellule staminali mesenchimali e si è cercato di definire come la ricerca debba procedere. Si è raggiunto il consenso per focalizzare il trattamento sulle forme infiammatorie di sclerosi multipla basandosi sui dati scientifici che dimostrano l’attività antiinfiammatoria ed immunomodulatoria delle cellule staminali mesenchimali ed è stata ribadita l’importanza della creazione del gruppo MSCT per stabilire e regolamentare i futuri trattamenti per la SM. La Società Internazionale per la ricerca sulle Cellule Staminali (ISSCR, USA) ha inoltre costituito una commissione tecnica, composta da ricercatori, studiosi di bioetica e giuristi provenienti da 14 Paesi, che ha redatto le prime linee guida per le ricerche che facciano uso di cellule staminali embrionali umane (http://www.isscr.org/guidelines/index.htm). In conclusione, si può affermare che è necessario, innanzitutto, confermare la sicurezza di questo tipo di trattamento su un numero sufficientemente ampio di pazienti e che le attuali evidenze scientifiche suggeriscono l’utilizzo di cellule staminali non ematopoietiche in persone con malattia ancora in fase relativamente precoce in cui vi siano segni clinici o radiologici d’infiammazione. Questo perché i dati sperimentali finora a disposizione permettono di ipotizzare una possibile efficacia delle cellule staminali nel bloccare il processo autoimmunitario della malattia e proteggere le cellule nervose, mentre non sono sufficienti per ipotizzare la riparazione dei tessuti nelle fasi avanzate. Le persone affette da SM devono, infine, essere molto caute di fronte a trattamenti proposti da Enti privati che non sono validati dal punto di vista scientifico e che non forniscono adeguate garanzie sulla sicurezza delle cellule utilizzate.

Mario Alberto Battaglia
Presidente FISM Fondazione Italiana Sclerosi Multipla

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