La legittimazione della violenza

Non passa giorno senza che si registrino episodi di intolleranza e violenza: dalle scritte omofobe e i locali gay presi a sassate o messi a fuoco, fino a vere e proprie aggressioni e spedizioni punitive in branco, per non parlare del clima di costante violenza e bullismo a cui sono sottoposti gli adolescenti nelle scuole.

Un noto sito web ha lanciato di recente un sondaggio a cui hanno risposto migliaia di italiani: qual è, si chiedeva, la parolaccia più offensiva? Tra i primi posti nei risultati compare il termine gay, in tutte le sue colorite varianti. Gay, nel nostro Paese, equivale ad un insulto, un’infamia, e pronunciare questa parola significa ancora evocare etichette e stereotipi largamente diffusi. Il risultato non può stupire. Mentre l’Unione Europea, in una risoluzione del 2007, ha condannato ‘i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza’, chiedendo esplicitamente ‘alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli’, in Italia una senatrice del centro-sinistra definisce l’omosessualità ‘una devianza’, il vicesindaco di centro-destra di una città del nord invoca la pulizia etnica per i gay e vertici della chiesa cattolica definiscono ‘moralmente disordinata e intrinsecamente sbagliata’ l’omosessualità. Il risultato è che le manifestazioni di omofobia in Italia sono costantemente in aumento, come attestato nel recente rapporto dell’Agenzia UE per i diritti fondamentali. Non passa giorno senza che si registrino episodi di intolleranza e violenza: dalle scritte omofobe e i locali gay presi a sassate o messi a fuoco, fino a vere e proprie aggressioni e spedizioni punitive in branco, per non parlare del clima di costante violenza e bullismo a cui sono sottoposti gli adolescenti nelle scuole. Si stima che un terzo della giovane popolazione omosessuale abbia tentato il suicidio per motivi legati alla propria condizione, al rifiuto percepito da parte della famiglia, degli affetti più cari, della società. Si cresce interiorizzando e condividendo il pregiudizio endemico verso i gay, considerati malati, deviati, contro natura, destinati a non amare, a restare soli. Quando dentro sé si scopre con spavento di appartenere a quella stessa minoranza oggetto di battute continue e di disprezzo, è molto difficile, talvolta impossibile, continuare a ritenersi una persona ‘normale’.

Nonostante il panorama desolante, ogni azione proposta per contrastare il fenomeno appare destinata all’insuccesso, osteggiata dal medesimo atteggiamento che ha spinto la Chiesa cattolica a schierarsi apertamente contro la proposta di risoluzione ONU per la depenalizzazione dell’omosessualità. Pensare di proteggere dalla violenza omofobica gay e lesbiche significa sancirne l’esistenza, considerarli persone degne di avere dei diritti, e ciò aprirebbe pericolosamente la strada verso il riconoscimento di diritti ulteriori, quale quello di unirsi in matrimonio. In molti paesi occidentali, ormai, gli omosessuali possono coronare il proprio sogno d’amore, pensare di prendersi cura del proprio partner come gli altri cittadini, legittimati dallo Stato, riconosciuti nel proprio diritto fondamentale di autodeterminarsi, di amare e creare una famiglia. In Italia ciò è reso impossibile dalla mancanza di un’etica laica che divida in modo netto la legge da considerazioni legate alla presunta ‘naturalità’ del legame matrimoniale tra uomo e donna atto alla procreazione. Se la legge fosse uguale per tutti, in quest’ottica si dovrebbe vietare il matrimonio a chi non può o non vuole avere figli. Se lo Stato considera gli omosessuali cittadini di serie B, odiarli e considerarli errori di natura continuerà ad essere facile e legittimato dall’alto. Anche i mass media perpetuano l’immagine del gay come macchietta e ripropongono acriticamente, quasi sempre, la stessa immagine stereotipata e ridicola. Sono colpevoli di offrire sempre un megafono a chiunque ritenga di dover affermare che l’omosessualità è una malattia, a chi pensa di poter parlare di vizio, di errori nell’educazione, di traumi, in una ricerca estenuante di cause e di colpe. Altrettanto colpevoli di non diffondere con la stessa forza il fatto che nessuna di queste tesi ha una validità scientifica provata, che l’omosessualità è stata cancellata per sempre dall’elenco delle malattie psichiatriche, che gay e lesbiche chiedono semplicemente di essere considerati persone in grado di amare come chiunque. Appare più comodo e autoconsolatorio sostenere, come di recente l’attuale Ministro per le Pari Opportunità, che non vi sia una necessità di una norma specifica contro l’omofobia poiché questa in Italia non esiste. Contrariamente a quanto sostengono le istituzioni, però, nel nostro Paese vivono tra i tre e i cinque milioni di omosessuali in attesa di essere considerati cittadini uguali agli altri, e purtroppo un numero molto più elevato di omofobi.

Giancarlo Pastore
Scrittore

Rispondi