L’ultima battaglia? Sul fronte della cultura

Al di là del muro via Anelli è un orizzonte di parabole appese ai terrazzini tra file di panni stesi, auto scassate posteggiate ovunque, prostituzione e spaccio a ogni ora del giorno e della notte. Al controllo di questi mercati altamente redditizi si sono sommate negli anni le divisioni etniche.

 Padova, via Anelli. Questa estate abbiamo assistito alla tentata soluzione di un problema che da anni è presente nella città veneta ma che non riesce a trovare una conclusione efficace. Qui, in cinque palazzoni alveari nati negli Anni Settanta per ospitare gli universitari, si è insediata poco alla volta una popolazione di extracomunitari, in maggioranza clandestini, dediti ad attività illegali dallo spaccio di droga alla prostituzione. Via Anelli è, al di là del muro, un orizzonte di parabole appese ai terrazzini tra file di panni stesi, auto scassate posteggiate ovunque, prostituzione e spaccio a ogni ora del giorno e della notte. Al controllo di questi mercati altamente redditizi, che già scatenavano periodiche battaglie, si sono sommate negli anni le divisioni etniche fino a quando la situazione è diventata incontrollabile. L’ultima furiosa battaglia ha reso necessario l’intervento di reparti speciali; il caso è arrivato fino al Parlamento, la polemica politica ha raggiunto livelli sconosciuti al mese di agosto. Sono due anni che la nostra associazione ha avviato un progetto, con il sostegno economico del Quartiere 3 Est della città, per la realizzazione di un “Centro per l’ascolto e la tutela della donna immigrata” dove hanno avuto accesso circa un centinaio di donne che presentavano le più disperate e disparate richieste di informazione. Venivano di nascosto, al mattino: i mariti lavoravano o erano impegnati in attività non ben specificate. Rigorosamente in anonimato, ascoltavamo le loro domande: quasi nessuna con il permesso di soggiorno ma tutte con il desiderio di poterlo conquistare, prima o poi. Molte erano in attesa di un bambino ma non avevano idea di come poter entrare nel circuito sanitario. Si recavano per lo più presso la Croce Rossa o presso delle altre associazioni dalle quali apprendevano che occupare un’abitazione fosse legale anzi, naturale. Certo, perché non tutte le associazioni che si occupano di immigrazione rispettano il codice giuridico italiano: primo problema da risolvere, se vogliamo prevenire la devianza. Perché la scelta degli individui passa innanzitutto attraverso la conoscenza: dove esiste superficialità regna indiscutibilmente la legge della violenza. Certamente una pre-condizione essenziale per affrontare il problema di via Anelli è quella di partire dalla conoscenza reale di chi vive lì, quali sono i problemi, le storie, le necessità degli abitanti. In via Anelli vivono persone, uomini, donne e bambini, per la maggior parte stranieri, ad eccezione di 11 italiani, che abitano lì perché in questi anni non hanno trovato alternative. L’attività lavorativa di chi è riuscito ad avere il permesso di soggiorno si intreccia con il problema dello spaccio e del consumo di droga, dei furti, dei coltelli, delle lotte tra clan: insomma, della devianza comunemente intesa. Alcune donne raccontavano di violenze familiari, di bambini costretti a giocare tra le siringhe, del desiderio di tornare a casa e della necessità di provare a sopravvivere in un mondo così diverso perché loro ”indietro” non ci potevano più tornare. A vivere in questo inferno urbano sono in centinaia: stipati in appartamenti da 35 metri quadrati, sfuggono a ogni censimento. Lì, secondo le ultime stime della questura che ha effettuato controlli e incursioni nel tentativo di sfiancare la resistenza degli irriducibili, trovano accoglienza molti trafficanti usciti per indulto dalle carceri: sono già il 5 per cento. Fior di teorici stanno cercando una soluzione al problema: i politici abbozzano sull’esito positivo della costruzione del muro ma ancora una volta il problema non è risolto: ciò che veramente dovrebbe cambiare è la percezione, per quegli individui, che agire un comportamento socialmente e giuridicamente corretto è più vantaggioso che non commettere trasgressioni. Eppure non è così. La nostra società fatica a contrastare la devianza perché questa, una volta sperimentata, può diventare pervasiva di ogni aspetto dell’esistenza: l’identità è strettamente legata ai ruoli devianti tant’è che una volta che la persona si riconosce come trasgressivo non è la punizione (il carcere) a distoglierlo dalla scelta che ha fatto. L’eventuale cambiamento potrebbe avvenire solo rispetto alla convenienza, al costo, al vantaggio, che tale cambiamento determinerebbe. Del resto lo status di pericoloso, di deviante, di trasgressivo permettono oggi dei vantaggi secondari non indifferenti: per portare la legalità si regalano le case, per espiare ad un reato si regala l’indulto, per agevolare la tranquillità sociale si rendono valide le richieste di soggiorno attraverso le sanatorie. Se si volesse realmente trovare una soluzione al problema sarebbe oltremodo necessario prendere in considerazione il ruolo del controllo sociale su tutto il processo di costruzione della devianza, considerando il fatto che proprio le istituzioni e le agenzie deputate al controllo possono contribuire ad esacerbare e a rendere più stabile la devianza. Essa infatti nasce dall’interazione tra una persona che infrange una norma e la reazione che tale infrazione suscita. Riuscire a rispettare le norme, i costumi, i valori, che appartengono alla nostra società significa restringere la possibilità di regalare Diritti, incentivando i Doveri del rispetto, della legalità e della cura dell’ambiente sociale che viene condiviso nel Paese. Ciò significa che per risolvere il problema di via Anelli non basta erigere un muro, sgomberare le case, arrestare gli spacciatori se poi nulla viene fatto per cambiare lo stile di vita e la rappresentazione che hanno di sé queste persone. È necessario fornire cultura, far comprendere i vantaggi di un comportamento socialmente condiviso, informare sui vantaggi di un cambiamento. Noi abbiamo cominciato così, insegnando l’italiano, le norme, mostrando le strategie per ottenere un vantaggio senza incorrere in sanzioni. La strada della legalità è quella del rispetto, dell’accoglienza verso chi dimostra di averne diritto perché compie il proprio dovere.

 

Manuela Ponti
Movimento delle Associazioni di Volontariato ItalianoMo.d.a.v.i. Futuro Pensato – Gruppo del Veneto

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