Mi fa star bene, mi tranquillizza, mi fa stare in compagnia…

Un’ indagine dell’Università di Udine evidenzia che i ragazzi hanno un comportamento assai simile per le droghe considerate da loro leggere, per l’alcool, per il fumo. Si tratta cioè di diversi tipi di sostanza, che essi assumono con le medesime motivazioni, così come medesimi sono i luoghi: in discoteca, al Pub, con gli amici. Le età significative di approccio a questi comportamenti vanno dai 12, 13 ani d’età per il fumo di sigarette e l’alcool, ai 14,16 per le droghe cosiddette leggere

Affrontando un tema come quello della dipendenza dei nostri ragazzi dalle sostanze stupefacenti si manifestano subito dentro di noi delle immagini, una sorta di iconografia del tossico che abbiamo introiettato negli anni in cui il fenomeno della dipendenza si identificava nel buco, nell’eroina e nel disfacimento personale che ne era la conseguenza. Ad essa si accompagnavano l’idea del recupero del giovane attraverso la comunità terapeutica, la disintossicazione, il recupero delle motivazioni esistenziali profonde, la famiglia, etc. Alla base vi era l’idea della droga come di una sostanza dall’enorme potere simbolico, capace di rappresentare al contempo la trasgressione e la devianza.

Una sorta di controvalore che si abbracciava a causa di una società marginalizzante, competitiva e poco capace di comunicare, e con il quale si ricerca da un lato una fuga e dall’altro una affermazione oppositiva. Insomma la droga era una questione che riguardava il contrasto tra mondi, la lotta contro marginalizzazione e devianza.

C’è stata poi una stagione lunga di mezzo in cui della droga si è parlato a spizzichi, e che aveva più la caratteristica della introspezione, della ricerca di un messaggio ai giovani che si facevano, sulla opportunità di uscirne, perchè il mondo della droga era pesantemente delinquente ed il tossico pesantemente connesso a tutte le attività malavitose. È in risposta a questo che nasce l’idea della lotta alla droga come di un problema di ordine pubblico e sulla questione della punizione per il tossico. Paradossalmente  il dibattito sposta il suo centro dal giovane alla sostanza di cui si droga, non ci interessiamo più dei forti valori simbolici, trasgressivi o devianti o delinquenziali che la droga assuma come sostanza, e dunque non ci interessa se dal giovane che si droga sta venendo una domanda di cambiamento della società, una richiesta di aiuto, una sconfessione del modello sociale aggressivo e competitivo, o quant’altro, ma  il problema dei problemi su cui si polarizza il dibattito politico è quello della repressione dello spaccio ovvero della liberalizzazione di alcune sostanze.

 A me non interessa tanto partecipare a questo tipo di questione, mi interessa cercare di riparlare del significato che la droga assume nelle giovani generazioni, perché oggi l’approccio alle sostanze è radicalmente diverso da quello di alcuni anni fa e non riguarda in alcun modo il dibattito sulla liberalizzazione o repressione, tantomeno sulla gestione controllata delle assunzioni…

Come ufficio del Pubblico Tutore ho curato una indagine realizzata dall’Università di Udine da cui risulta con molta evidenza che i ragazzi hanno un comportamento assai simile per le droghe considerate da loro leggere, per l’alcool, per il fumo. Si tratta cioè di diversi tipi di sostanza, alcune legali altre no, che essi assumono con un medesimo corredo motivazionale. Le risposte più costanti sono: mi fa star bene, mi piace, mi tranquillizza, mi fa stare in compagnia… così come medesimi sono i luoghi: in discoteca, al Pub, con gli amici. Le età significative di approccio a questi comportamenti vanno dai 12, 13 ani d’età per il Fumo di sigarette e l’alcool, ai 14,16 per le droghe da loro considerate leggere. Il quadro che ne viene fuori è radicalmente diverso dunque da quello che noi ci portiamo dentro con le iconografie del tossicodipendente, sfatto sulla panchina del parco.

Sono ragazzi che usano le sostanze, senza una vera scelta, come sostegno alla loro ricerca di socializzazione, lo fanno nei luoghi pubblici di incontro; richiedono dalla sostanza di avere uno stimolo ad essere come gli altri, non è una denuncia di marginalizzazioni, è una ricerca di omologazione quella che induce al comportamento rischioso. E in questa situazione l’alcool non basta più, perché la nostra società sta ritualizzando la socializzazione performante, che inizia con l’happy hour e finisce con la notte intera in discoteca chiedendo al fisico ed alla psiche delle prestazioni fuori  portata che necessitano di corroboranti. Questa motivazione non mitizza la sostanza, come avviene nel dibattitio politico, e riesce a restare sotto traccia , ma è questa la vera leva del consumo. Per chi la fa e la vende il vero businness è esattamente il consumatore occasionale, quello che si fa una volta al mese, che porta gli amici, che è sano e che nessuno, nemmeno lui, pensa come tossicodipendente. è una persona che applica fedelmente una grammatica sociale diffusa e di successo:  prendi qualche cosa per aiutarti ad essere sempre al top, Come entri in una palestra ti trovi di fronte agli integratori, alla TV ti fanno continuamente vedere che se sei stanco o spossato, devi prendere una pastiglia e rimetterti in forma, che l’amicizia sta in un vino, che l’avventura in un liquore, che il desiderio in una essenza, la bellezza in un acqua, la linea in una caramella…. Una volta si diceva fai dello sport che così non ti droghi, oggi non lo si potrebbe di certo dire con la stessa serena convinzione, proprio perché lo sport è l’esempio massimo di questa struttura performance /sostanza.

 Ecco a mio parere il motivo per cui  i ragazzi non considerano le pasticche della discoteca come pericolose o come droghe pesanti, per loro è normale sballare un po per ballare tutta la notte, trovare nuovi amici, approcciare una ragazza o un ragazzo. Ma in questa normalizzazione e banalizzazione  dello sballo si annida un rischio, sia perché la sostanza ritualizzata diventa difficile da decodificare e potenzia i suoi significati simbolici all’infinito, sia perché è mutata la sostanza.

Il passaggio alle droghe di sintesi chimica come drghe di massa cela un dato preoccupante sulla dispercezione del danno. Queste droghe rappresentano degli shok chimici al cervello capaci di bruciarne della parti, distruggendo a caso le cellule nervose e producendo danni irreparabili anche in una sola assunzione, ma danni scarsamente percepiti fino a che non si giunge alle conseguenza più gravi, perdite di memoria, disturbi del comportamento, etc. Nulla a che vedere con la dipendenza fisica o psicologica delle droghe tradizionali perché da questi danni non ci si recupera con la disintossicazione.

Le nuove droghe dunque e il nuovo modo di assumerle non rappresentano un momento di conflitto generazionale o di mondi, ma pare piuttosto dare alla triste previsione pasoliniana che vedeva nella generalizzazione dei comportamenti, un tempo trasgressivi, la più feroce forma di difesa dell’ordine dei poteri che passa attraverso modelli di omologazione ed anestetizzzazione dei movimenti sociali innovativi che ogni generazione porterebbe con se.

Francesco Milanese
Tutore pubblico dei minori del Friuli Venezia Giulia


[1] Adolescenti a Rischio. Stili di vita e comportamenti in Friuli Venezia Giulia, a cura di Bernardo Cattarinussi, Forum ed. Udine 2004


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