Esseri umani senza identità

Secondo dati UNICEF, circa 1/3 dei bambini che vengono al mondo ogni anno sul pianeta è a serio rischio di non essere registrato alla nascita e di non ricevere gli appropriati documenti di riconoscimento legale della propria identità.

La Cooperazione Italiana è da tempo promotrice di iniziative di tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti attraverso iniziative che mirano a combattere la povertà, la violenza, lo sfruttamento, la discriminazione, l’esclusione sociale e a promuovere il rispetto dei diritti umani inalienabili fin dall’infanzia con una prioritaria attenzione alla condizione di genere. Coerentemente alla strategia promossa dalla Cooperazione italiana nelle sue Linee Guida sulla Tematica Minorile (1998), una delle problematiche che colpiscono in maniera determinante le bambine è quella della mancata registrazione alla nascita. Si tratta di una grave problematica che rimanda ad una serie di questioni nodali ostative alla piena realizzazione di uno sviluppo sociale ed economico “umanamente sostenibile” e spesso a forme nascoste e legalizzate di sfruttamento sessuale, condannate a livello internazionale dalla Convenzione sui Diritti del Fanciullo.

La Cooperazione Italiana ritiene che per affrontare in maniera adeguata il problema vi sia bisogno di evocare un impegno particolare da parte dei Governi e delle Istituzioni interessate e di una vasta e convinta partecipazione da parte della società civile e delle sue organizzazioni. Dove queste già esistono è necessario consolidarne le strutture di base che consentono di intervenire al livello delle radici economiche e sociali, per promuovere – attraverso un’ampia azione di sensibilizzazione e di informazione – un cambiamento culturale durevole in favore del rispetto dei diritti civili e legali delle bambine e delle adolescenti.

Le dimensioni del fenomeno

Secondo dati UNICEF, circa 1/3 dei bambini che vengono al mondo ogni anno sul pianeta è a serio rischio di non essere registrato alla nascita e di non ricevere gli appropriati documenti di riconoscimento legale della propria identità. Nel passato la non registrazione e il non ottenimento di documenti di identità erano stati spesso non solo i frutti di un sistema anagrafico poco attento alle necessità dei poveri e di coloro che vivono nelle aree più remote o marginali dei Paesi in Via di Sviluppo, ma anche di precise strategie di mimetizzazione da parte delle comunità più deboli nei confronti di stati coloniali e/o post-coloniali la cui presenza capillare sul territorio veniva avvertita come invasiva e non accettata. D’altra parte nei PVS la maggior parte della popolazione viveva in ristretti ambiti comunitari dove gli svantaggi di non possedere documenti di riconoscimento erano limitati.

Negli ultimi decenni la situazione sociale nei PVS è mutata e progressivamente, in un contesto dove l’accesso ai servizi sociali di base e la mobilità delle persone sono diventati elementi decisivi per lo sviluppo degli individui e delle nazioni, ci si è accorti di quanto la non registrazione alla nascita e il non ottenimento dei documenti di identità costituiscano handicap importante per le persone che si trovano in tale situazione rappresentando concretamente un grave fattore discriminante che alimenta l’esclusione e la marginalità sociale ed economica. La Convenzione sui Diritti del Fanciullo (CRC) ha preso atto in maniera inequivocabile di tale situazione e nell’articolo 7 chiaramente afferma: “il bambino deve essere registrato subito dopo la nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza… “.

La mancata registrazione alla nascita e la mancanza di documenti di identità sono fenomeni che nei PVS interessano le famiglie e le comunità più povere, marginali e vulnerabili e come conseguenza riducono in maniera drastica i diritti di cittadinanza e di partecipazione. Una persona senza documenti in regola non può iscriversi alla scuola dell’obbligo, non può essere vaccinata durante le campagne nazionali di immunizzazione, non può avere accesso a un lavoro regolare e successivamente alla pensione, non può votare, non può emigrare in maniera regolare dal luogo di origine, rischia di essere discriminata per le materie legali concernenti le eredità e il possesso di terreni e altri beni immobili, non può aprire un conto in banca e infine – in alcuni casi – rischia di essere esclusa anche dalla partecipazione a programmi di sviluppo realizzati da Agenzie e ONG (credito rotativo e scuole comunitarie, per esempio).

Va sottolineato che i trafficanti di esseri umani trovano spesso nelle adolescenti e nelle bambine prive di documenti il terreno più facile per reclutare le loro vittime, fenomeno in espansione a livello globale, come denunciato anche recentemente dalla Conferenza Internazionale contro lo Sfruttamento Sessuale Commerciale Minorile di Yokohama (2001) e in occasione della Sessione Speciale dell’Assemblea dell’ONU a New York per il decennale della Convenzione della Carta dei Diritti del Fanciullo (2002).

La Banca Mondiale, nel corso della Children’s Week, svoltasi a Washington ad aprile del 1999, ha focalizzato l’attenzione degli operatori del settore su tale aspetto e sulle limitazioni allo sviluppo sociale e produttivo delle nazioni causato da tali forme dalla mancata attribuzione della cittadinanza ad una parte consistente della popolazione, in particolare femminile, nei PVS. In quell’occasione la Banca Mondiale propose un possibile intervento comune da realizzarsi in Egitto. La proposta venne poi discussa e approfondita nel corso dei periodici incontri della DGCS con la Banca Mondiale a Washington.

La problematica della mancata registrazione alla nascita in Egitto

Al momento è in fase istruttoria una importante iniziativa – in collaborazione con il Governo Egiziano e la Banca Mondiale – mirata a combattere questo fenomeno. Nello specifico contesto egiziano, che si caratterizza per la carenza di iniziative mirate a questo fine e comunque inadeguate ad affrontare un fenomeno così complesso, molto va fatto sul piano del rafforzamento istituzionale al fine di identificare e sviluppare strumenti di intervento quanto più possibile efficaci.

Tra le principali difficoltà rilevate è infatti da sottolineare l’insufficiente sostegno da parte del contesto istituzionale, la carenza di strumenti legislativi adeguati e la loro inadeguata e inefficace applicazione ove presenti, l’insufficiente disponibilità di risorse, la scarsa sensibilità e informazione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale sulla specifica questione. L’iniziativa della Cooperazione Italiana intende proporsi come un concreto passo avanti nella ricerca di forme organiche di intervento in questo difficile ambito di lavoro e un deciso contributo al miglioramento della condizione femminile affrontando le cause dell’esclusione sociale della donna fin dalla nascita.

L’Egitto – Paese prioritario per la Cooperazione Italiana per la sua posizione geopolitica, il suo peso demografico e il ruolo strategico che ricopre nel bacino del Mediterraneo e nella regione del Medio Oriente – ha compiuto significativi progressi sul fronte economico negli ultimi dieci anni, ma i progressi sul fronte dello sviluppo sociale sono stati più lenti del previsto. La rinnovata attenzione alle condizioni di vita dei settori più svantaggiati della popolazione egiziana ha acceso negli ultimi anni l’attenzione sul tema specifico della sua componente femminile, soprattutto bambine, adolescenti e donne povere, che non dispongono di documenti di riconoscimento personale, in particolare di certificati di nascita e di carte di identità. In un recente documento ufficiale che fa il punto sulla situazione sociale del Paese, questo tema figura al primo posto tra le azioni prioritarie da realizzare nel percorso di riduzione della disuguaglianza e marginalità di genere, in un’ottica di compiuto sviluppo sociale.

Il fenomeno della non registrazione che colpisce in particolare, seppure in maniera non esclusiva, le bambine, le adolescenti e le donne adulte degli strati sociali più poveri è sempre più e giustamente percepito non solo come un problema di giustizia e di eguaglianza, ma anche come fattore oggettivo di limitazione della  cittadinanza e come impedimento grave all’accesso ai servizi sociali di base e ostacolo allo sviluppo del Paese. Sbloccare questa impasse contribuisce in maniera significativa a invertire e contrastare i processi di esclusione che determinano e perpetuano la sostanziale condizione di inferiorità sociale della donna nella società egiziana a partire dalla nascita.

Paola Viero
Esperta dell’Unità Tecnica Centrale
Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo
Ministero Affari Esteri

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