L’Italia dei dializzati

Il Convegno tenutosi a Udine il 3-4 Febbraio organizzato dalla SOC di Nefrologia e Dialisi dell’ASS 4 Medio Friuli ha cercato di analizzare le varie esperienze nazionali degli addetti ai lavori. Nel nostro Paese, quasi 40 mila persone si sottopongono a dialisi, dando vita a crescenti problematiche non solo sanitarie e assistenziali ma anche economiche ed organizzative. La terapia dialitica costa, in media, circa 35mila Euro l’anno e ogni anno si registrano oltre 8 mila nuovi ingressi in dialisi con un trend in ascesa.

Il secondo Martedi di Marzo di ogni anno è stato proposto dalla International Society of Nephrology ( ISN) come giornata mondiale del RENE sulla scia di quanto già avviene per il diabete. La necessità di richiamare l’attenzione sulle malattie renali e sulle possibilità di prevenzione e trattamento delle stesse nasce dall’importanza che questa patologia riveste sia dal punto di vista epidemiologico e clinico che da quello sociale ed economico.Anche se finora la malattia renale è stata considerata “rara e costosa” dai decision makers della sanità e delle scienze biomediche ( nefrologia non appare come parola in word) le evidenze scientifiche più recenti evidenziano che la patologia renale è non solo più diffusa di quanto non si pensasse ma anche strettamente correlata alla patologia cardiovascolare.

Negli USA ed in Olanda è stato stimato che almeno il 6% della popolazione generale presenta problematiche di qualche tipo a carico del rene e tale dato è destinato a crescere consensualmente al diabete e all’ipertensione.

Quando la funzione renale scende sotto un livello critico la terapia sostitutiva ( Dialisi e trapianto) diventa l’unico modo per poter continuare a vivere.

Nonostante solo il 20% della popolazione mondiale abbia oggi accesso a questa terapia salvavita più di un milione di persone nel mondo vive, nonostante abbia perso la funzione di un organo vitale come il rene, grazie alla dialisi, una tecnica particolare che permette di depurare il sangue dalle sostanze tossiche che si accumulano in circolo e di rimuovere i liquidi che si accumulano quando il rene non è più in grado di svolgere tali funzioni.

Trasportata nel nostro Paese, questa realtà interessa quasi 40.000 persone dando vita a crescenti problematiche non solo sanitarie e assistenziale ma anche economiche ed organizzative. La terapia dialitica costa, in media, circa 35000,00 Euro l’anno ed incide sulla spesa sanitaria nazionale in misura inferiore, tra le patologie, solo al diabete mellito, che però interessa quasi 2 milioni di persone; ogni anno si registrano oltre 8 mila nuovi ingressi in dialisi con un trend in ascesa mentre la sanità deve fronteggiare vincoli di bilancio sempre più stretti.

A questa domanda crescente si è cercato di dare una risposta con il coinvolgimento anche di soggetti privati specie nella realtà sanitaria centro-meridionale dove il rapporto tra strutture pubbliche e quelle private arriva al 41.9% rispetto al 96.2% del nord e 81.9% del centro.Il Convegno tenutosi a Udine il 3-4 Febbraio organizzato dalla SOC di Nefrologia e Dialisi dell’ASS 4 Medio Friuli ha cercato di analizzare le varie esperienze nazionali degli addetti ai lavori ( Medici, amministratori, responsabili regionali della programmazione) che devono da un lato contemperare alle esigenze di contenimento e razionalizzazione della spesa sanitaria e dall’altro  garantire la qualità delle prestazioni erogate.Il Convegno è iniziato con una lettura del Prof. Giangrande ( Milano) sul governo clinico da intendersi come un sistema organico per assicurare obiettivi di cura definiti e miglioramento continuo dell’assistenza sanitaria: al di là delle molte definizioni sull’argomento i punti focali del governo clinico sono l’incoraggiamento dei soggetti a riesaminare le modalità di lavoro all’interno del servizio e la messa in discussione degli aspetti professionali ed organizzativi. E’ necessario da un lato che sia la parte medica a proporre criteri e misure di autovalutazione cui dovrà attenersi, dall’altro che tale metodo trovi sempre più applicazione non solo nel pubblico ma anche nel privato.E la coesistenza della realtà pubblica e privata in ambito dialitico, estremamente variegata nelle varie realtà regionali,  è il dato che è stato sottolineato dal Dr. Alloatti di Aosta nell’illustrare i dati del primo censimento italiano sulla dialisi con Campania, Lazio e Sicilia che superano una percentuale di privato del 40%. ( vedi Figure ).Il vicepresidente dell’AIOP ci ha detto che privato è bello, economicamente vantaggioso e rende soddisfatti i pazienti, ma la posizione articolata dei rappresentanti regionali non risulta sempre di questo avviso, e accanto a modelli di integrazione che sembrano funzionare grazie ad un controllo rigido della Regione che modula e configura l’offerta del privato sì da renderla funzionale all’intero sistema sanitario, come sembra essere in Lombardia, vi sono posizioni di grossa diffidenza come quelle espresse dal Direttore dell’Agenzia Regionale alla sanità del FVG, regione che pure deve comunque relazionarsi con un privato che, seppure limitato, ricopre un ruolo a volte strategico nel quadro sanitario regionale. Lo studio originale e documentato della Drssa L. Gitto dell’Università di Messina ha d’altro canto riscontrato che in una realtà dove prevalgono nettamente le strutture private come quella siciliana, quando si consideri la qualità percepita, la reputazione dell’istituto medico che fornisce la prestazione e quella dei sanitari, i pazienti preferiscono associare la scelta emodialitica ad una struttura pubblica, specie quando vivano in una piccola città.Anche una regione meridionale come la Campania ha portato la sua esperienza con un panorama in cui la sanità privata è fortemente rappresentata  ma con aspetti organizzativi e qualificati molto diversificati .Appare pertanto inevitabile arrivare al più presto ad una definizione di criteri qualitativi nettamente definiti a cui tutte le strutture che erogano sanità in generale, ed in particolare prestazioni dialitiche, debbano attenersi.Ed i temi della qualità sono stati affrontati sia per quanto riguarda gli strumenti attuali per verificarla ( ISO 9004)  sia per  l’attività di regioni come la Toscana che stanno facendo da apripista in questo settore. Il progetto messo a punto in questa regione prevede la realizzazione di vari momenti operativi:

 

•         identificazione e declinazione in fasi dei processi

 

•          identificazione di fasi critiche per:

•          sicurezza

•          qualità tecnico-professionale

•          qualità organizzativa

•          qualità dal p.v. del paziente

 

•          identificazione di indicatori

•          validazione da parte del sistema sanitario regionale

•          il passaggio  dagli indicatori ‘desiderati’ agli indicatori ‘scelti’

•          approfondimento degli indicatori di efficienza

•          la sperimentazione in alcuni centri e la definizione degli  standard

•          indagini sulle opinioni e le esperienze dei pazienti

•          esplorazione della  possibilità di collegamento con il Registro Toscano di Dialisi e       Trapianto.

Un progetto dunque molto articolato per un tema attuale quanto difficile, come è difficile dare una definizione di qualità in medicina.Il concetto di qualità, ha scritto nel 1989 il Prof. Donabedian, Professore emerito di Salute Pubblica all’università di Harvard,può essere espresso dal rapporto tra i miglioramenti ottenuti nelle condizioni di salute e i miglioramenti massimi raggiungibili  sulla base dello stato attuale delle conoscenze, delle risorse disponibili e delle caratteristiche dei pazienti” (Donabedian, 1989.) Il sistema ISO promuove lo sviluppo di standard per facilitare la cooperazione intellettuale, scientifica, tecnologica ed economica; tale sistema fornisce al momento uno degli strumenti più utilizzati proprio per la quantificazione del livello di qualità di una struttura.Ma la qualità deve comunque fare i conti con le risorse economiche assegnate, ed il giusto equilibrio tra il prezzo e la qualità dei materiali sanitari è uno degli obiettivi che amministratori e medici insieme devono contribuire a raggiungere.Appare chiaro infatti che sempre di più fattori economici e gestionali entrano nelle scelte di politica sanitaria, e alcuni settori, come quello della dialisi, che “rende relativamente poco” in termini di riabilitazione ed investe capitali notevoli per trattare piccoli numeri di pazienti, rischiano di essere penalizzati da questa situazione.Che fare dunque? Non vi sono alternative, è necessario sfruttare al meglio le risorse adeguate ricorrendo anche al privato là dove questo risulti vantaggioso, ma inserendolo in un programma preciso e mantenendo estremamente elevato il controllo sulla qualità delle prestazioni erogate e delle strutture che le erogano.Dall’altro lato la sanità pubblica dovrà prima o poi fare i conti con una sovrastruttura aziendale sempre più burocratizzata ed enfatica, i cui costi rischiano di incamerare i benefici economici derivanti dai tagli occupazionali, dalla razionalizzazione, a volte esasperata, delle risorse, dalla “ECONOMIZZAZIONE “della sanità; basti pensare al numero incongruente, in alcune regioni,delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere con il loro corredo di staff direzionali e le varie coorti impiegatizie.

 

Il Dr. Massimo Adorati Menegato,
specialista in Nefrologia e Medicina Interna, è Direttore della SOC di Nefrologia e Dialisi dell’ASS 4 “ Medio Friuli “

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