Una legge che funziona

C’è chi ritiene che ci voglia più conoscenza e chi privilegia la prevenzione.
L’interruzione volontaria di gravidanza in Italia è regolata da una legge che sino ad oggi è servita a contenere il problema, ponendo il nostro tra i Paesi industrializzati in cui si abortisce di meno. Il rischio di una nuova “crociata” però è reale, così come lo è il pericolo di una ripresa della criminalizzazione delle donne

Sui cartelli era scritto: “no.no.no”. Nel 1981 il referendum abrogativo venne vinto dai no. La legge 194 “norme sulla tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” era stata approvata nel ’78. In questi 27 anni in Italia gli aborti sono crollati, dimezzati; arrivando al tasso di abortività il più basso di tutti i paesi industrializzati (in Svezia è il doppio). Gli unici dati in aumento sono quelli delle giovani immigrate. Dall’82 i dati sono completi: da 240 mila di quell’anno a 132 mila (meno 43%). Se togliamo le straniere, la riduzione per le italiane è del 46%. Sul sito dell’Istat c’è tutto.

Quindi è una buona legge e funziona. Nessuno propone apertamente di abrogarla, ma c’è chi dice di volerla migliorare, controllando se è applicata correttamente nella prima parte, che prevede l’informazione nei consultori per la “tutela sociale della maternità”. Dopo l’ok del presidente Casini è partita un’indagine conoscitiva della Camera, anche se già c’è istituzionalmente la relazione fatta ogni anno sulla sua attuazione. A febbraio il parlamento chiude e di mezzo ci sono le vacanze di Natale.

Quello sull’aborto è un dibattito aperto in tutto il mondo. Da noi sembrava sostanzialmente chiuso. Invece no. Potrebbe essere un bene, potrebbe essere un male. C’è chi, tra medici e politici, la prende in maniera soffice: più conoscenza c’è, meglio è. Si vedrà che ci vuole più prevenzione e quindi più personale qualificato per i consultori e quindi più soldi (l’ultimo finanziamento ai consultori è del ’98). C’è chi soprattutto fra le donne, si arrabbia e si organizza per il contrattacco: il tema è aggregante, capace di far tornare in piazza le donne. Magari anche le giovani, che del femminismo francamente se ne infischiano, dando tutto per scontato. Ora si potranno rendere conto che abbiamo lavorato anche per loro e che niente è dato per sempre.

A far temere una nuova “crociata” è la prevista presenza di “volontari”, che potrebbero non avere la professionalità e l’obiettività necessarie per muoversi in un campo così delicato.

In chiaro: per informare, senza colpevolizzare le donne. Lo dico da mamma, nonna, femminista (non ex) che si guarda attorno e già vede un di più di criminalizzazione rinascente.

Per esempio. Napoli, piazza Garibaldi, davanti alla Stazione centrale. Negli appositi spazi pubblicitari da qualche giorno sono apparsi decine di manifesti bianco-azzurri: “l’aborto è un omicidio”. Facendo sentire una criminale virtuale almeno metà delle donne che passano.

Secondo esempio. Il 9 dicembre scorso un importante giornale romano ha dedicato tutta la prima pagina a una gigantesca foto che mostra in primo piano due mani di ostetrico guantate, che tengono un feto completamente formato. Terrificante. Al di sotto di qualunque commento. Se i “volontari” fossero espressione di questa campagna terroristica sarebbe un male per tutti. Lo scandalismo e il sensazionalismo non aiutano.

Quanto ai politici, non credo ce ne sia uno solo che pensi veramente di poter toccare la 194 ricavandone un vantaggio elettorale. Il passato sta lì a ricordare che si tratterebbe di un boomerang. E il presente pure. Due recentissime elezioni hanno mostrato che l’appoggio al diritto di aborto ha contribuito a portare al successo due candidati anomali.

A New York, nel novembre 2005, ce l’ha fatta ad essere riconfermato sindaco lo stramilardario Michael Bloomberg (patrimonio personale 5 miliardi di dollari) ribadendo l’immagine bizzarra di repubblicano liberal: sensibile agli interessi del capitale, ma favorevole a tesi sociali avanzate, come il mantenimento della legislazione pro choice, per la libera scelta in materia di aborto, cavallo di battaglia dei democratici. La spesa elettorale di 73 milioni di dollari-tutti di autofinanziamento- ha aiutato a mandar giù il boccone anche alla destra religiosa.

In Cile, dopo il successo elettorale al primo turno dell’11 dicembre, si presenta in netto vantaggio sulla strada della Moneda Micelle Bachelet, socialista, pediatra di 54 anni, divorziata con tre figli, il padre Generale morto sotto tortura perché rimasto fedele a Salvador Aliende,  è stata la prima donna in America Latina a diventare ministro della Difesa nel 2002, dopo esserlo stato della salute. Al ballottaggio del 15 gennaio, se prevarrà, sarà la prima volta di una donna eletta presidente nelle Americhe. E che donna. Si è imposta come figura carismatica poco convenzionale in un Paese conservatore, facendo una campagna imperniata sui problemi sociali, le ingiustizie, i termini del divorzio (già ottenuto), dell’aborto (da ottenere). Pur essendo alleata dei democristiani, parte integrante della sua maggioranza.

 

Lùcia Borgia
Vicepresidente della commissione per le pari opportunità tra uomo e donna.

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