Ospedale, medici obiettori, aborto proibito

Nel nosocomio di Licata tutti i medici sono obiettori di coscienza e secondo il direttore sanitario il problema sta nella 194. “Non si può promulgare una legge dice – non mettendo gli esecutori nella condizione di attuarla”

Tutti i medici sono obiettori, l’appello del direttore sanitario: «Cerchiamo chi sia disposto a praticarlo»

Dopo quasi due mesi all’ospedale di Licata non si effettuano ancora interruzioni di gravidanza. La legge 194, che regola la pratica dell’aborto, all’ospedale di Contrada Cannavecchia, è inapplicabile.

La situazione si verifica perché tutti i medici e gli ostetrici, in servizio nel reparto di Ostetricia e Ginecologia, si sono dichiarati obiettori di coscienza. La stessa legge che regola la pratica dell’aborto, infatti, concede loro la facoltà di non praticarne.

Da quando, lo scorso mese di marzo, anche l’ultimo medico si è dichiarato obiettore di coscienza, al direttore sanitario, Rosario Garofalo, non è rimasto altro che sospendere il servizio. Logico che anche in questo caso, a rimetterci sono le pazienti, che devono andare a Canicattì o a Gela per abortire.

I sindacati sono insorti, paventando l’ipotesi interruzione di pubblico servizio, ma la situazione sembra più difficile di quanto possa apparire in un primo momento.

Ci spiega il perché lo stesso direttore sanitario Rosario Garofalo: «Abbiamo tutto l’interesse a ripristinare il servizio, ma il problema è che non si trovano medici o ostetrici non obiettori di coscienza. Ho chiesto all’Azienda di inviarci un medico che possa espletare questo tipo di servizio, ma il problema è che anche negli altri plessi ospedalieri si vive lo stesso problema».

Secondo Garofalo il problema sta nella stessa legge: «Non ne discuto il contenuto, dico solo che non si può promulgare una legge e poi non mettere nelle condizioni gli esecutori di attuarla, i medici non obiettori di coscienza sono diventati merce rara e mantenere il servizio si fa sempre più difficile. Sta nella logica delle cose anche il fatto che, essendo sempre meno i medici che praticano le interruzioni di gravidanza, questi si facciano pagare di più».

L’azienda ospedaliera paga i medici che espletano il servizio in regime di libero professionista, e quindi di più che non se dovesse pagarli quali dipendenti della stessa Azienda.

«Secondo me – continua Garofalo – la legge deve essere rivista, altrimenti tra qualche anno risulterà inapplicabile. In tutta Italia quasi il cinquanta per cento dei medici si è dichiarato obiettore di coscienza, e la situazione è destinata a peggiorare, tra un po’ non avremo più figure professionali disposte ad effettuare l’aborto». Garofalo coglie l’occasione per lanciare un appello: «Stiamo cercando un medico che sia disposto ad effettuare le interruzioni di gravidanze, chiunque voglia farlo può contattarci, gli daremo immediatamente l’incarico».

Per effettuare le interruzioni di gravidanza, oltre ad un ginecologo o un ostetrico, serve anche un anestesista: anche questi specialisti, a Licata, sono tutti obiettori di coscienza. In merito alla questione abbiamo sentito Giuseppe Mattina, responsabile, all’ospedale della Cisl Sanità, che alcuni mesi fa aveva chiesto che il servizio venisse al più presto ripristinato: «A tutt’oggi nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Licata non si effettuano interruzioni di gravidanza. Chiediamo che l’Azienda si impegni a riattivare un servizio che molte pazienti richiedono».

Molti i malumori che si registrano tra le puerpere che, per un motivo o per un altro decidono di interrompere la gravidanza costrette a recarsi negli ospedali dell’hinterland per un servizio che dovrebbe essere garantito per legge.

Giuseppe Patti
articolo da “La Sicilia”

In Italia quasi 6 ginecologi in servizio nella sanità pubblica su 10 sono obiettori rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza. Il dato è emerso oggi a Montecatini durante la tre giorni promossa per ricordare i 30 anni dalla fondazione dei Centri di Aiuto alla Vita, braccio operativo del Movimento per la Vita.
“La sensibilità del mondo medico su quest’argomento – ha affermato Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita – è l’ulteriore prova che il principio di ‘preferenza per la nascita’ sembra essere generalmente accettato. La forte offerta di adozione da parte di coppie idonee, che può essere soddisfatta solo per un decimo a causa della mancanza di bambini adottabili, fa sentire ancora più inaccettabile l’eliminazione ogni anno di una grande città di bambini abbandonati nella forma più estrema quando erano ancora nel seno materno: 140-150 mila sono le sole I.V.G. legali ogni anno. Inoltre, l’impressionante calo delle nascite – ha concluso Carlo Casini – determina problemi di ogni tipo: economici, previdenziali, persino internazionali”.
La Basilicata è la regione con la più alta la percentuale di ginecologi obiettori pari all’83,3% mentre in termini numerici assoluti la Lombardia domina con i suoi oltre 600 obiettori. Superando l’80 % dei ginecologi in servizio in reparti ospedalieri o presidi sanitari pubblici dove si pratica l’aborto troviamo al secondo posto il Veneto in leggera crescita rispetto all’anno precedente. Marche, Lazio e Umbria sono rispettivamente al terzo, quarto e quinto posto con percentuali che vanno dal 78,4 al 76,8. Le regioni con la minor percentuale di ginecologi obiettori sono Valle D’Aosta (18,2%) e Emilia-Romagna (34,2%).
Per quanto riguarda gli anestesisti che si rifiutano di prestare la loro opera nelle interruzioni volontarie di gravidanza a livello nazionale siamo sotto il 50% (45,7%). Al primo posto si piazzano le Marche con il 70,7% seguite a ruota dal Molise con il 68,2%. I numeri assoluti, anche in questo caso, vedono in testa la Lombardia dove gli anestesisti obiettori sono 541. Puglia e Basilicata (con numeri in crescita del 6,2%), che hanno registrato rispettivamente il 63 e il 62,2%, occupano il terzo e quarto posto. Ancora una volta l’Emilia-Romagna si distingue per il basso numero di obiettori fra gli anestesisti (22%) seguita dalla Toscana (33,4%).
E’ al 38%, infine, la percentuale degli obiettori a livello nazionale fra ostetriche, caposala e infermieri, cioè quattro su dieci. Il primato fra le regioni spetta alla Sardegna (83,3%) in forte crescita. Molise e Puglia sono, invece, al secondo e terzo posto con il 75,5% e il 68%. In termini assoluti nel Lazio ci sono più obiettori fra il personale non medico (circa 2400 unità). Fra il personale non medico la percentuale più bassa di quanti si rifiutano di intervenire nelle interruzioni volontarie di gravidanza si registra nuovamente in Emilia-Romagna (12,9%) che ha alle spalle il Friuli Venezia Giulia con il 22,3%.

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