Le novità legislative e lo spirito di accoglienza

Don Antonio Interguglielmi

La ripresa degli sbarchi e la visita del Papa a Lampedusa inducono ad una riflessione spirituale sul rapporto con l’altro e sulla necessità di collaborazione e apertura da parte di tutti i Paesi, non solo quelli europei

Il diritto d’asilo e il suo riconoscimento sono legati alla capacità di farsi carico della situazione personale di tante persone. Queste vivono drammi e sofferenze enormi, dovuti alla situazioni di guerra nei loro Paesi, ed esprimono il legittimo desiderio di una vita dignitosa ed umana.
C’è un disegno di Dio con le persone, che occorre saper interpretare al di là dei dati e dei cavilli legislativi: l’accoglienza. Di questo ha parlato Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa, nel luglio del 2013, portando alla luce una grave distorsione della cosiddetta “civiltà”. Una distorsione che ha impedito di comprendere la sua visita in tutto il suo valore simbolico.
Dietro il tema dell’accoglienza c’è un aspetto spirituale: la Bibbia ne parla spesso. Ad esempio, il peccato di Sodoma non era solamente la licenziosità sessuale. I rabbini d’Israele affermano che il peccato più grande di Sodoma e Gomorra era la non accettazione degli stranieri, la non accoglienza. Alcuni midrashim1 raccontano che, se un forestiero voleva dormire ed era più lungo del letto, gli tagliavano le gambe: un odio vero e proprio verso gli stranieri.
Affrontare l’argomento del diritto d’asilo senza partire da questo presupposto di carattere spirituale significa perdere i punti di riferimento: questo diritto è inscindibilmente legato al rapporto con l’altro ed alla capacità di accogliere.
La ripresa massiccia degli sbarchi in Sicilia degli ultimi giorni, e l’intervento di Papa Francesco nella visita a Lampedusa, ripreso dal Santo Padre nel discorso pronunciato in occasione della visita al Centro Astalli di Roma il 10 settembre 2013, hanno attirato sempre più l’attenzione sulla questione del riconoscimento del diritto d’asilo e sulla necessità che tutti i Paesi, non solo quelli europei, compiano una scelta decisiva di apertura ed accoglienza.
Nel 2013, le domande d’asilo in Europa sono aumentate del 32%. Tra i Paesi richiedenti asilo nell’Unione Europea, la Siria ha avanzato il maggior numero di richieste2. Sempre nel 2013, in Italia il tasso di crescita è risultato ancora maggiore: le domande sono state 27.830, con un aumento del 60% rispetto agli anni precedenti, mentre le persone sbarcate sulle nostre coste sono state 42.9253.
Anche un altro dato merita una riflessione: il numero dei richiedenti asilo in Italia è molto più esiguo (appena 695) rispetto a quello registrato in altri Paesi del Nord Europa, Svezia e Germania in testa con, rispettivamente, 16.317 e 11.851 richieste.
Al Centro Astalli, il Papa ha usato termini come “servire, accompagnare e difendere”. Un programma di lavoro per i Gesuiti, ma queste tre parole dovrebbero essere programmatiche anche per qualunque Stato democratico. Papa Francesco aggiunge: la “solidarietà è una parola che fa paura al mondo più sviluppato. Cercano di non dirla. È quasi una parolaccia per loro”.
Perché la questione del diritto d’asilo è così contrastata nel nostro Paese? La risposta è racchiusa nel discorso pronunciato in settembre dal Papa: la fragilità e la semplicità di queste persone “smascherano i nostri egoismi, le nostre false sicurezze, le nostre pretese di autosufficienza.”
Sono necessari un cambio di mentalità da parte di tutti ed una maggiore apertura delle Istituzioni attraverso una programmazione seria che eviti emergenze poi ingestibili. L’Italia non ha mai potuto contare su un sistema nazionale per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati unitario, integrato e commisurato ai flussi di arrivo.
In Italia, nel corso dell’anno, sono state deliberate 19.420 decisioni sulle domande d’asilo (il dato include le decisioni assunte su casi pendenti degli anni precedenti): 12.645 persone hanno beneficiato di una forma di protezione (2.225 lo status di rifugiato, 4.120 la protezione sussidiaria e 6.270 un permesso per motivi umanitari); 6.775 richiedenti asilo hanno ottenuto il diniego.
La Corte di Strasburgo ha condannato all’unanimità l’Italia per la vergognosa pratica dei respingimenti verso la Libia propria degli anni scorsi ribadendo la garanzia dell’accesso al territorio a favore delle persone bisognose di protezione.
Gli accordi stipulati dagli Stati europei, compresa l’Italia, con i Paesi terzi, inclusa la Libia, mirano esclusivamente a contrastare i flussi migratori. I viaggi si fanno più lunghi, più costosi, più pericolosi, ma restano inevitabili per coloro i quali non ha alternative. Troppe, poi, sono ancora le persone che perdono la vita durante le traversate del Mediterraneo.
Lo ha dimostrato in modo clamoroso il tragico naufragio del 3 ottobre 2013, in cui 366 persone eritree hanno perso la vita.
Alla fine del 2012, in Italia i rifugiati erano 64.779. Questa cifra colloca l’Italia al 6° posto tra i Paesi europei, dopo Germania (589.737), Francia (217.865), Regno Unito (149.765), Svezia (92.872) e Olanda (74.598). Nonostante le dimensioni ridotte del fenomeno, i posti oggi a disposizione, pure re-
centemente aumentati a 13.020 ed ampliabili fino a 20.000 in caso di necessità, continuano ad essere largamente insufficienti. Le stesse misure mancano ancora di uniformità e coordinamento.
A questo punto, un dato deve far riflettere: la gestione emergenziale degli arrivi a cui si continua a far ricorso non è giustificabile. I numeri, anche quando aumentano, restano assolutamente nella media europea. Mancano la pianificazione ed il controllo nell’uso delle risorse economiche, che pure vengono investite.
In seguito alla tragedia di Lampedusa, la Commissione ha stanziato un sostegno speciale a favore dell’Italia per aiutarla a gestire i flussi migratori ed a migliorare le operazioni Frontex: stanziamenti del FER (Fondo europeo per i rifugiati), del FFE (Fondo per le frontiere esterne) e del Fondo per i rimpatri.
In un periodo di crisi economica come quello che stiamo vivendo in tutto il mondo, i rifugiati si trovano in una posizione di ancor maggiore bisogno: i Governi tagliano e riducono al minimo i servizi di assistenza, che divengono, così, sempre più inadeguati. I tagli ai servizi sociali e sanitari anche per i cittadini di uno Stato producono la chiusura verso gli altri, identificati come una minaccia ad una situazione di sicurezza sociale ormai compromessa.
Di contro, la legislazione europea ha compiuto notevoli passi in avanti verso il riconoscimento del diritto d’asilo. Accenniamo brevemente alle novità più significative del nuovo Regolamento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 29 giugno 2013. il nuovo testo, Regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Dublino III, stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente ad esaminare le domande di protezione internazionale presentate da cittadini di un Paese terzo o da un apolide.
Il nuovo Regolamento abroga il Regolamento (CE) 343/2003, detto Dublino II, e modifica alcune disposizioni previste per la determinazione dello Stato membro UE competente all’esame della domanda di protezione internazionale e le modalità e le tempistiche ad esso correlate. La nuova disciplina è applicata dal 1° gennaio 2014 da tutti gli Stati membri dell’Unione Europea ad eccezione della Danimarca.
Il nuovo Regolamento contiene una novità significativa: impedisce che uno Stato si dichiari incompetente all’esame della domanda di protezione internazionale, privando, in tal modo, il rifugiato del fondamentale diritto di accedere alla procedura amministrativa prevista per il riconoscimento di
tale status.
Il ruolo centrale per il diritto d’asilo viene svolto dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), che ha come finalità propria quella di contribuire allo sviluppo tra gli Stati membri dell’Unione della cooperazione e dell’assistenza nelle procedure tese a riconoscere l’asilo.
Tra le altre novità, nel nuovo accordo si trova la definizione di “familiari” (il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio con cui abbia una relazione stabile, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimilino la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della normativa sui cittadini di Paesi terzi) e del rappresentante del minore non accompagnato.
Viene, inoltre, riconosciuta la possibilità di presentare ricorso contro una decisione di trasferimento, anche se l’impugnazione non è automaticamente dotata di efficacia sospensiva, mentre termini più stringenti sono indicati per la procedura di presa in carico e per la richiesta di ripresa in carico.
È stata dedicata particolare attenzione all’aspetto della tutela sanitaria (art.32), introducendo il diritto di ricevere informazioni in ordine alla propria posizione nell’ambito della procedura di protezione.
Il nucleo fondamentale del nuovo Regolamento è comunque costituito dai “criteri per determinare lo Stato membro competente”, secondo una rigorosa gerarchia che tiene conto della diversa posizione dei destinatari, con particolare attenzione per i minori non accompagnati e per le donne in stato di gravidanza.
Anche la Chiesa sta svolgendo una preziosa opera di incoraggiamento verso il riconoscimento di un diritto di carattere umanitario di grande valore (in prima linea i ricordati interventi di Papa Francesco) e mostra da sempre, nel suo ambito proprio, quello spirituale, una cura particolare per la condizione dei rifugiati e dei migranti.
A questo scopo, nel 1970, fu istituita da Papa Paolo VI la Pontificia Commissione per la pastorale del Turismo e delle Migrazioni, che si occupa tuttora di dirigere e coordinare la pastorale dei migranti, di competenza della Santa Sede.
Negli Stati Uniti è stata da anni sperimentata con successo – a questo scopo – l’istituzione di Parrocchie personali (o nazionali), attuando quanto prevede il Codice canonico al canone 518. Sempre più frequente anche la “missione con cura d’anime”, simile alla parrocchia personale, ma più flessibile, adatta ai luoghi nei quali i migranti non sono ancora stabili.
Infine, anche a livello più generale, il canone 529 § 1 del Codice di diritto canonico del 1983 enumera tra i doveri del parroco quello di essere “vicino ai poveri, agli esuli e a tutti coloro che attraversano particolari difficoltà”. Forme di assistenza e di cura spirituale che si affiancano al fondamentale intervento di aiuto materiale svolto dagli Stati4.
Tutte iniziative volte a porre l’attenzione spirituale e materiale verso persone che richiedono una cura speciale a causa della situazione di bisogno, supportando e sostenendo la comunità civile e gli Stati nell’atto dell’adozione di interventi basati su una mentalità di accoglienza dell’altro. Il Diritto di Asilo è, di fatto, “diritto umano”. Aspettiamo, quindi, che una legislazione di tutela e riconoscimento metta in pratica “L’Umanità del Diritto”.

1 Midrash (ebr. ‫ ;שרדמ‬plurale Midrashim) metodo ebraico di interpretazione e commento della Bibbia.

2 Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, quinta relazione annuale sull’immigrazione e l’asilo, Bruxelles, 22 maggio 2014.

3 Dati forniti dal rapporto del Centro Astalli del 2014.

4 A livello Italiano, il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, nel 1987, ha deliberato la costituzione della Fondazione Migrantes. Questa si occupa della cura dei migranti e coordina cinque uffici a ciò adibiti. In ogni regione ecclesiastica e in ogni diocesi, inoltre, è presente un delegato regionale o diocesano che coordina l’attività nel suo territorio.

Don Antonio Interguglielmi
Cappellano di Sua Santità, canonista e cappellano presso la Rai e Delegato del Cardinal Vicario presso la consulta diocesana delle aggregazioni laicali e delle confraternite

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