In circa la metà dei Paesi del mondo e in circa due terzi della popolazione mondiale il tasso di fecondità totale è sceso al di sotto di 2,1 figli per donna. Eccezioni a questa tendenza si trovano in Africa sub-sahariana, e in alcune aree dell’Asia meridionale, centrale e occidentale dove la percentuale è ancora molto superiore. Nei paesi industrializzati si registrarono tassi di fecondità al di sotto del livello di sostituzione, cioè due figli ogni due genitori ( 2.0 ).
Per la prima volta si registra un saldo negativo anche nella Unione Europea. Il migliore tasso di natalità è dell’Irlanda, seguita da Francia e Gran Bretagna. In fondo alla graduatoria l’Italia. Secondo i dati dell’Istat e con solo 509 mila nuovi nati nel 2014, l’Italia ha raggiunto il livello più basso di natalità della sua storia. Nel 2015 la nostra popolazione è cresciuta passando da 508,3 a 510,1 milioni, ma solo grazie agli immigrati. Nei residenti le nascite (5,1 milioni) sono state inferiori alle morti (5,2 milioni).
l’Italia è il primo Paese al mondo a segnare il cosiddetto punto di non ritorno con una percentuale di 1.2. Tasso di riproduzione al di sotto del quale avviene il crollo di una società per incapacità produttiva. Più la popolazione invecchia più si perde competitività economica e quindi ricchezza. Uno scenario evocato anche dal demografo italiano Antonio Golini, docente all’Università Sapienza di Roma, il quale ha affermato che «l’estinzione degli italiani nei prossimi centocinquant’anni è uno scenario ipotetico, basato su dati reali».
La campagna di comunicazione del Fertility Day lanciata dal Ministero della Salute ha quindi degli fondamenti ben precisi ed importanti. Purtroppo quello che in Italia manca non sono le campagne promozionali, ne abbiamo fin troppe tanto da sembrare un “reality show!. Quello che in Italia manca sono i servizi a sostegno del progresso italiano, come i finanziamenti alla ricerca e la tutela dei meriti, ma anche i prerequisiti alla genitorialità. La difficoltà di ottenere un impiego adeguatamente remunerato, i costi degli asili nido, la tutela lavorativa delle donne in gravidanza, le difficoltà ad accedere a mutui per le case sono solo alcuni degli impedimenti alla procreazione in Italia.
La spirale in cui ci troviamo comprende quindi tutti. Lo studio commissionato dall’Ue alla Rand Corporation rende evidente come la riduzione del capitale umano aumenti la pressione sul sistema pensionistico e di previdenza sociale a carico dei lavoratori attivi. Gli anziani avranno sempre meno soldi e meno assistenza. La conseguenza sarà una sempre maggiore pressione fiscale da parte dello Stato per sostenere la popolazione anziana e gli enti pubblici improduttivi. Le tasse graveranno su imprese e giovani che ancor meno potranno pensare alla loro fertilità. Una spirale irrefrenabile che porterà all’implosione dell’Italia e probabilmente anche di un Europa che mai è riuscita a “nascere”.
Per uscire da questo circolo suicida è necessario investire sui talenti e merito producendo maggiori servizi. Ma nel frattempo, sperando che politici illuminati vengano eletti e che questo accada, solo una consistente giovane immigrazione può sostenere per le prossime due generazioni il costo della nostra vecchia società.
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