Un ritardo da recuperare

romaniIl rilancio economico del Paese passa anche attraverso la modernizzazione della propria tecnologia. Questo vuol dire aumentare le opportunità, creare posti di lavoro, incentivare le possibilità di business, avvicinare cittadini e Pubblica Amministrazione, permettere all’Italia di rimanere al centro del mondo, attrarre investimenti.

Per la sua crescita economica, in tutti i settori, l’Italia ha bisogno di un’infrastruttura di rete elettronica a banda larga. Le misure di policy adottate ed il loro coordinamento nazionale sono fondamentali in questi anni così decisivi per la definizione degli assetti futuri dei mercati di riferimento. Nel primo anno di Governo, abbiamo costruito le basi per stilare un progetto capace di rispondere alle articolate esigenze del Paese, sviluppando una strategia di intervento che definisca la sintesi tra ciò che il processo di digitalizzazione può offrire in termini di alternative al sistema Paese e ciò che, grazie al nostro progetto, può essere realizzato e messo a disposizione della società civile. Cosa abbiamo fatto, quindi? Abbiamo analizzato lo stato dell’infrastruttura di rete di comunicazione elettronica del Paese, approfondendone i vantaggi ed i limiti; abbiamo definito lo scenario che si delineerebbe se avessimo una rete migliore. Ci siamo quindi posti degli obiettivi a breve e a medio termine; abbiamo stimolato l’interesse degli operatori pubblici e privati per coinvolgerli direttamente nel progetto; abbiamo calcolato e cercato di reperire le risorse necessarie alla realizzazione del nostro progetto. Partendo dallo studio sullo stato dell’arte della rete italiana, balza agli occhi un dato allarmante: il 13 per cento della popolazione, pari a 7,8 milioni di Italiani, non ha una connessione a internet o ha una banda insufficiente (con velocità massima di 640 kilobit al secondo).Ciò significa che quasi 8 milioni di persone poco meno di 1 italiano su 8 – non può usufruire dei servizi della società dell’informazione. Questo dato renderebbe vani gli sforzi che gli altri Ministeri – quello della funzione pubblica in primis, ma anche quello della Sanità, dell’istruzione e altri – stanno facendo per portare la Pubblica Amministrazione on-line. Si tratta di un ritardo preoccupante perché siamo diciassettesimi nella più recente classifica europea, pubblicata a gennaio 2009, nel quattordicesimo rapporto della Commissione. La media comunitaria della penetrazione della banda larga fissa sulla popolazione, infatti, è al 22,9%. In Italia, tale percentuale è al 19%. Il nostro Paese registra risultati migliori – siamo infatti settimi tra tutti gli Stati membri – se consideriamo la connettività mobile, coloro che si connettono a internet mediante le chiavette USB o le card per servizi dati. In questo caso, la media nazionale è addirittura superiore a quella europea (13,6% contro il 13%). Il nostro obiettivo a breve termine è cancellare questo digital divide ed eliminare questa tassa che grava su cittadini e imprese, limitandone le opportunità. Il rilancio economico del Paese passa, infatti, attraverso la modernizzazione della propria infrastruttura di telecomunicazione, ovvero una vera banda larga a disposizione di cittadini ed imprese. Questo vuol dire, in sostanza, aumentare le opportunità, creare posti di lavoro, aumentare le possibilità di business, avvicinare cittadini e Pubblica Amministrazione, permettere all’Italia di rimanere al centro del mondo, attrarre investimenti.

L’obiettivo a medio termine, invece, è implementare le reti di nuova generazione. Un investimento importante – stimato in circa 10 miliardi di euro – e complesso – perché interviene nel vivo della rete di accesso. Un traguardo a cui il Paese deve saper guardare e a cui deve dimostrare di essere pronto a fare, poiché rappresenta un’arma competitiva che fra qualche anno sarà decisiva, proprio come oggi lo è l’eliminazione del digital divide. È da sottolineare, inoltre, che quello che noi descriviamo come obiettivo a breve termine, di fatto, è un passo necessario e propedeutico allo sviluppo delle reti di nuova generazione, ovvero a portare la fibra nelle case degli italiani, offrendo così una connessione a internet a oltre 50 megabit al secondo. Voi sapete che i modelli giapponese e coreano hanno 50 megabit al secondo come parametro di riferimento per il sistema a banda larga. Il progetto dovrebbe quindi stimolare l’interesse di operatori pubblici e privati. Implementare e bonificare l’infrastruttura di rete italiana interessa tutta la collettività e quindi è, prima di tutto, un obiettivo politico. Per questa ragione, il nostro progetto si basa prioritariamente su fondi pubblici, che rappresenteranno però un forte incentivo per investimenti privati. Nel dettaglio: abbiamo richiesto ed ottenuto uno stanziamento di 800 milioni di euro, approvati lo scorso 26 maggio al Senato, con una norma contenuta nell’articolo 1 dell’atto Senato n. 1082-bis, attualmente all’esame del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Si tratta di risorse FAS, ad integrazione dei finanziamenti pubblici già stanziati.

Tali finanziamenti ammontano a circa 264 milioni di euro, già adibiti alla realizzazione del progetto banda larga, con lo scopo di intervenire nella rete di backhaul per collegare le aree ora non raggiunte da alcun servizio di connettività. Si tratta di un intervento coordinato dal nostro Dipartimento e attuato – mediante accordi di programma con le regioni – dalla società Infratel Italia. Il coordinamento statale permette di superare le problematiche che hanno impedito lo sviluppo della rete nel Paese, nonostante i fondi investiti dagli enti locali allo scopo fossero sufficienti per azzerare il digital divide. Adottare un progetto unico per tutta l’Italia è stata quindi un’esigenza condivisa da tutte le Regioni che vogliono superare il problema. Uno sviluppo riuscito della società dell’informazione è al centro del dibattito anche in ambito comunitario. Il Governo italiano si è battuto molto per veder riconosciuta quest’esigenza come prioritaria, ricordando la «strategia di Lisbona» e, in particolare, la comunicazione i2010, con la quale la Commissione europea pone al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni di fare dell’Europa «l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo» entro il prossimo anno.

Paolo Romani

Viceministro per lo Sviluppo Economico

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