L’omosessualità e la cultura orientale

Da un po’ di tempo, è diventato sempre più evidente un certo atteggiamento discriminatorio da parte delle religioni monoteiste nei confronti dell’omosessualità. Ad esempio, la Chiesa Cattolica ritiene l’atto omosessuale abominio, perché contrario alla “legge naturale”. Le culture di India, Tibet, Cina, Asia Sud-orientale e Giappone, aree dove il Buddhismo era ed è tuttora una delle religioni principali, storicamente non si sono mai preoccupate del tipo di attività sessuale o dell’oggetto del desiderio dei loro credenti. Il Buddhismo, anche se annoverato tra le religioni mondiali, non può essere considerato una religione nel senso stretto della parola, per la sua peculiarità di non porre al centro della sua dottrina una fede in un dio trascendente. Il Buddhismo può essere considerato un modo di vivere, un sistema per il pieno sviluppo interiore dell’individuo, che include etica, psicologia, filosofia e pratiche di meditazione. Nel Buddhismo non si parla mai di una posizione unica riguardo ad un soggetto, ugualmente condivisa da tutti, ma esistono molteplici idee ed atteggiamenti. In genere, il Buddhismo critica l’attaccamento al sesso, senza fare particolare distinzione tra quello eterosessuale e quello omosessuale. Presso alcune scuole si considera qualsiasi attività sessuale, per quanto legittima, fonte di attaccamento, illusione e sorgente di sofferenza, per cui si esorta ad una vita moderata o all’astinenza, a prescindere dalle proprie inclinazioni. Nel terzo dei 5 precetti osservati dai praticanti, si parla di condotta sessuale irresponsabile intendendo con questa il mero abuso sessuale, il forzare qualcuno ad avere rapporti sessuali o di avere comportamenti irrispettosi, come le molestie sul lavoro. Il Dalai Lama, massima autorità del Buddhismo tibetano, ha censurato i pregiudizi contro gli omosessuali, ma, contemporaneamente, ha adottato una visione della religione contraria al sesso senza finalità procreativa. In Cina, dove sono numerosi i credenti del Confucianesimo, si scoraggiava l’essere esclusivamente omosessuali, perché ciò avrebbe impedito ad un credente di adempiere al suo dovere morale di confuciano, quello della riproduzione. Secondo le tradizioni giapponesi, l’omosessualità fu inventata dal Bodhisattva Manjusri della saggezza e da Kukai, il fondatore del Buddhismo in Giappone. Jodo Shinshu, la forma prevalente di Buddhismo in Giappone, dice che non c’è una differenza di base tra eterosessualità ed omosessualità. Questa tradizione di accettazione delle relazioni omosessuali risale al Giappone antico, interrompendosi brevemente solo all’inizio del 900, quando le nazioni occidentali suggerirono un divieto. Nei paesi di tradizione buddhista, quali Corea, Giappone, Thailandia, Cambogia, Taiwan, Vietnam, Hong Kong, non esistono, ancora oggi, leggi specifiche contro l’omosessualità. In Sri Lanka e in Myanmar, invece, la legge contro gli atti omosessuali è stata introdotta durante il periodo coloniale inglese, portata dai missionari cristiani. In Cina, dove fino al 1740 l’omosessualità era stata tollerata, cominciarono le persecuzioni dopo l’introduzione della cultura occidentale.

Sara Crisnaro

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