Cibi processati

burger skewered with knife near black textile

Sempre più studi scientifici si concentrano nell’analizzare le correlazioni tra neoplasie e cibo ingerito. Negli ultimi 5 anni varie ricerche hanno messo in correlazione il consumo di carne rossa con il cancro del colon-retto, il tumore del pancreas e della prostata. 

La carne rossa è stata classificata dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) come cancerogeno di tipo 2A. Questa categoria identifica una bassa evidenza di cancerogenicità nell’uomo ma una sufficiente evidenza nell’animale da esperimento. La carne lavorata come quella nei salumi e nelle salsicce è stata invece classificata come cancerogeno di tipo 1, la categoria dei cancerogeni certi. In questo caso sembra siano i nitriti e i nitrati – usati come conservanti – ad essere dannosi perché nell’organismo questi si trasformano in nitrosammine, molecole ad attività cancerogena.

Da notare che nel gruppo 1, insieme alle carni lavorate, ci sono il fumo di tabacco e l’amianto.

Dobbiamo aggiungere che anche la cottura ha una sua responsabilità nel rischio di cancerogenicità. Cuocere ad elevate temperature genera dei composti chimici che possono contribuire a questo rischio. Inoltre mettere la carne a diretto contatto con la fiamma o con superfici roventi favorisce la produzione di idrocarburi policiclici aromatici o ammine eterocicliche, composti potenzialmente cancerogeni.

Per le carni bianche e per il pesce non si sono trovate le stesse correlazioni ma bisogna considerare che tutti i cibi di origine animale contengono, oltre alle utili proteine, anche grassi saturi che se assunti in dosi eccessive aumentano il rischio di ipercolesterolemia, diabete e infiammazione del tratto intestinale.

La questione sui danni provocati dal cibo lavorato si è ampliata con un nuovo studio internazionale uscito recentemente. La ricerca è stata realizzata dall’Università di Bristol e dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) e svela come i cibi ultra-processati (UPF) potrebbero essere agenti cancerogeni e proinfiammatori. Gli UPF rappresentano oltre il 50% delle calorie assunte nei paesi industrializzati. Sono i cibi inscatolati e confezionati o pronti per essere riscaldati o consumati direttamente, ma anche alimenti raffinati come oli vegetali, farine, proteine ​​del siero di latte e zuccheri, in ogni caso ottenuti con ripetute lavorazioni industriali.

La ricerca in questione è stata pubblicata nell’European Journal of Nutrition. Ha analizzato i dati dietetici e lo stile di vita di oltre 450.000 adulti per circa 14 anni. I risultati sono allarmanti: inserire nella dieta il 10% di cibi ultra-processati è associato a un rischio maggiore del 23% di contrarre tumori al cavo orale e dell’esofago, ma espone anche a malattie infiammatorie come il morbo di Crohn, malattie metaboliche come il diabete di tipo 2.

Le motivazioni di questa tossicità sono presumibilmente correlate alla presenza di additivi alimentari, emulsionanti e dolcificanti artificiali, ma anche a contaminanti chimici derivanti dall’imballaggio e dal processo di produzione. Bisogna inoltre considerare che gli UPF tendono ad avere un contenuto calorico più elevato, un valore nutritivo inferiore e un costo inferiore rispetto agli ingredienti lavorati o grezzi. Di conseguenza, le persone più povere ne mangiano di più, rendendo le conseguenze dell’UPF una questione di classe e discriminazione.

In ogni caso per combattere le patologie tipiche della società industriale dobbiamo agire nell’incentivare la prevenzione. È necessario promuovere una dieta ricca di cereali integrali, verdure, frutta e legumi e comunque di alimenti grezzi poco processati.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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