Computer umani

closeup photo of turned-on blue and white laptop computer

La vita sulla terra “ha scelto” di utilizzare il carbonio come elemento principale per la sua evoluzione. Questo è capace di creare lunghe catene di atomi indispensabili per la vita, gli amminoacidi ne sono l’esempio principe. Esiste però un altro atomo simile: il silicio. Tanto che gli scienziati ipotizzano la possibilità di una vita extraterrestre basata su questo composto. Il silicio possiede proprietà chimiche simili a quelle del carbonio ma con alcuni svantaggi: gli atomi hanno più difficoltà a legarsi con altri elementi rendendo più instabili eventuali molecole complesse.

L’uomo però per la sua tecnologia ha scelto il silicio per costruire il suo analogo digitale. Dai primi computer ai sistemi evoluti di intelligenza artificiale il flusso di informazioni passa attraverso le molecole di silicio dei microchip. Questo perché a differenza del carbonio il silicio è in grado di condurre meglio l’elettricità.

Qualcuno però adesso sta ipotizzando che per rendere più performante l’intelligenza artificiale potrebbero essere utili anche le catene di carbonio. In fondo se la natura ha scelto il carbonio e non il silicio il motivo c’è.

Questo pensiero se lo sono fatti anche un gruppo di scienziati della Johns Hopkins University (USA). L’idea è stata quella di realizzare in laboratorio piccoli cervelli organici come base per nuove tipologie di computer. Il progetto si chiama Organoid intelligence ed è ben illustrata in un articolo pubblicato su Frontiers in Science.

Colture tridimensionali di cellule neurali umane ottenute in laboratorio a partire da cellule staminali sono state ingegnerizzate per diventare l’hardware di biocomputer con capacità di calcolo e ragionamento più vicine a quelle dell’intelligenza umana.

I processori a base di silicio elaborano dati e numeri molto più velocemente dell’uomo, ma quelli a base di carbonio potrebbero prendere decisioni migliori grazie ad un’analisi logica permessa dalle strutture reticolari delle connessioni nervose.

La strada per sostituire o almeno affiancare i microprocessori a base di silicio è intrapresa da molti istituti di ricerca. I chip hanno infatti raggiunto il limite fisico di miniaturizzazione e non potranno avere ulteriore evoluzione.  La ricerca si sta quindi concentrando su quale sia la strada per sviluppare nuove tecnologie che possano migliorare l’intelligenza artificiale. Le più fattibili sono i computer quantistici o i biocomputer.

Per la realizzazione effettiva di questi ultimi bisognerà però far crescere gli organoidi in sperimentazione portandoli dalle 50.000 cellule attuali (l’equivalente del sistema nervoso di un moscerino ) a 10 milioni. Bisognerà poi sviluppare un’interfaccia che possa far comunicare le strutture a base di silicio con quelle a base di carbonio e realizzare nuovi modelli di algoritmi e quindi di software che possano gestire quella che già oggi viene chiamata “Intelligenza organoide” (OI). 

I risultati ipotizzati sono molto interessanti ed anche per certi versi preoccupanti. Il calcolo biologico (o biocomputing) potrebbe essere più efficiente del calcolo basato sul silicio ed inoltre richiederebbe meno energia. Ma queste “macchine” avendo una componente biologica umana pongono già ora dubbi etici e morali di non poco conto, risvolti che saranno ancor più evidenti quando diventeranno senzienti.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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