Di uso comune, ma inquinante
Venerdì 19 maggio 2023, La Ragione
I Pfas (acidi perfluoroalchilici) sono sostanze chimiche utilizzate per rendere impermeabili i tessuti ma anche come composti per detersivi, schiume antincendio, vernici e cere, rivestimenti per pentole. Marchi molto conosciuti come Teflon e Gore-Tex si basano su questo gruppo di molecole. Oggi queste sostanze sono sotto accusa perché considerate tossiche, non degradabili nemmeno con depuratori: rimangono nell’ambiente per centinaia se non migliaia di anni. Già nel 2010 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) segnalava la possibilità che dall’acqua i Pfas potessero passare al terreno e da questo alle verdure e agli animali di allevamento. Altissime concentrazioni di Pfas sono state infatti trovate nel fegato, nei muscoli e nelle uova degli animali cresciuti nelle zone contaminate. I rischi per la salute sono dovuti alla loro conformazione molecolare che interferisce con alcuni ormoni, come quelli tiroidei e sessuali (alterando quindi il metabolismo e la fertilità). Ci sono però anche segnalazioni sulla loro responsabilità in neoplasie e malattie infiammatorie intestinali. Viste le conferme scientifiche sulla tossicità di questi elementi, nel 2018 l’Efsa fece scendere drasticamente i limiti di tollerabilità: 1.750 volte in meno rispetto alla normativa precedente. Nel 2020 sempre l’Efsa dimezzò ulteriormente questo valore, portandolo a 4 nanogrammi per chilo di peso corporeo a settimana.
Si stima che in tutta Europa siano circa 17mila i siti contaminati da Pfas. I principali si trovano ad Anversa in Belgio, a Dordrecht nei Paesi Bassi, a Ronneby in Svezia e a Korsr in Danimarca. La prima segnalazione della presenza di questi composti in Italia venne fatta 16 anni fa: lo studio “Perforce” del 2007 stabilì infatti che la Pianura Padana era tra le più ‘avvelenate’ in Europa. Nel 2013 uno studio Isra-Cnr ha confermato il Veneto come regione a grave rischio di contaminazione. Il Po, fiume usato per l’irrigazione dei campi, è risultato avere una concentrazione fino a 200 nanogrammi per litro di Pfoa (acido perfluoroottanoico, uno dei Pfas più tossici). Mentre un’area di duecento chilometri quadrati nel Vicentino, abitata da 350mila persone è risultata essere la più inquinata al mondo. Secondo la Procura della Repubblica la responsabile di tutto questo è l’azienda Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza, che avrebbe inquinato le falde di tre province (Vicenza, Verona e Padova). In Italia ci sono comunque più di 1.600 siti ad alto rischio in varie regioni e con varie attività industriali coinvolte.
Parlando in termini economici, tutto questo ha provocato costi elevatissimi. Si stimano 170 miliardi di euro per la bonifica dei vari territori europei, mentre ogni anno sono necessari 84 miliardi di euro per gestire in Ue le patologie provocate alla popolazione. Qualcosa sta però cambiando. La paura di ingenti risarcimenti ha portato alcune aziende ad abbondare questi prodotti. Lo scorso febbraio l’Agenzia europea per le sostanze chimiche ha pubblicato il progetto di proposta di restrizione dell’utilizzo dei Pfas. Ma forse la soluzione più promettente è il Pfas Annihilator sperimentato recentemente con successo in Michigan: sfrutta il processo di ossidazione ad alta temperatura e pressione. Alla base di questo problema resta comunque il genere umano, in quanto gli interessi personali e lobbistici predominano sempre su quelli collettivi e ambientali.