Mitocondriale 

Una tecnologia che cresce

Venerdì 26 maggio 2023, La Ragione 

Tutte le cellule all’interno del nucleo possiedono un lunghissimo doppio filamento di Dna dove sono scritte le informazioni necessarie per far sviluppare e far funzionare l’organismo. Ma questo non è l’unico Dna che possediamo. La cellula possiede degli organelli – i mitocondri, adibiti alla produzione di energia – dove troviamo altro Dna, diverso da quello nucleare. II Dna mitocondriale è un doppio filamento relativamente corto, proviene esclusivamente dalla madre e se difettoso è responsabile di molte malattie ereditarie.

Sono decenni che la scienza ha puntato sul mitocondrio i suoi obiettivi terapeutici. Dal 2015 si sta sperimentando con buon successo l’autotrapianto mitocondriale nel ripristino delle funzioni cellulari dopo grave ipossia di alcuni organi. Il trattamento con trapianto mitocondriale da donatore esterno si chiama invece terapia sostitutiva mitocondriale (Mdt). Ha come obiettivo quello di risolvere i problemi di persone nate con malattie ereditarie a trasmissione materna.

Nel 2017 in Israele è stato trattato il primo ragazzo affetto dalla sindrome di Pearson: una malattia ultra rara in cui non viene prodotto abbastanza sangue per la sopravvivenza. I mitocondri di un donatore sono stati introdotti all’interno delle cellule staminali del midollo osseo, migliorando così la produzione dei globuli rossi. Nel 2019, sempre in Israele, con la stessa tecnica è stato quindi avviato uno studio clinico su sette pazienti affetti da malattie mitocondriali. Gli ottimi risultati sono stati pubblicati lo scorso dicembre sulla rivista biomedica “Science Translational Medicine”.
Nel 2016 la Mdt era però stata già sperimentata in Messico nella fecondazione in vitro. L’intento era quello di far nascere un bambino sano da una madre giordana portatrice della sindrome di Leigh, una malattia mitocondriale che porta a un’encefalomielopatia necrotizzante fatale. Il trapianto mitocondriale con questa tecnologia prevede che gli spermatozoi del padre vengano usati per fertilizzare le cellule uovo sia della madre sia di una donatrice sana. Poi i due ovociti fecondati vengono fusi insieme prendendo il nucleo di una cellula e il citoplasma dell’altra. L’embrione verrà quindi impiantato e le sue cellule avranno il nucleo dei genitori e i mitocondri della donatrice. Alla nascita il bambino possiede quindi il Dna del padre e della madre (il 99,9% del Dna complessivo) ma anche Dna mitocondriale (circa 37 geni) della donatrice. Una sorta di tre genitori biologici: un padre, una mamma principale e una mamma secondaria soltanto per una minima parte (circa lo 0,1%). Negli ultimi anni questa tecnologia è stata sviluppata prevalentemente in Inghilterra grazie a una legislazione favorevole. Questo mese l’Human Fertilization and Embryology Authority (Hfea) del Regno Unito ha infatti confermato che alcuni bambini sono nati dopo Mdt all’atto di fecondazione in vitro e che esiste l’approvazione per altri 30 casi.

Le malattie mitocondriali sono malattie rare ereditarie – la stima è di un caso ogni 5mila nati – e sono spesso gravemente invalidanti. Se i risultati confermeranno le aspettative, il trapianto di mitocondri potrebbe diventare una nuova arma terapeutica sia per i malati affetti da patologie rare sia nella prevenzione delle stesse, agendo sulla fecondazione in vitro. Potrebbe infine essere impiegato per smorzare la gravità di altre malattie quali ictus cerebrale, Alzheimer e infarto miocardico.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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