L’origine della vita 

La lunga e affascinante ricerca nel passato prima della storia

Sabato 16 dicembre 2023, La Ragione 

Secondo la comunità scientifica la vita sulla Terra avrebbe avuto origine dai 3 ai 4 miliardi di anni fa. Gli studi degli astrobiologi della Nasa identificano come primo organismo vivente il Luca (Last Universal Common Ancestor), un estremofilo il cui metabolismo dipendeva da idrogeno, azoto, anidride carbonica e acqua presenti nell’ambiente primordiale. Due miliardi di anni dopo – grazie alla comparsa delle alghe azzurre, capaci di effettuare la fotosintesi clorofilliana – l’atmosfera terrestre cominciò ad arricchirsi di ossigeno. Questo ha dato il via allo sviluppo di organismi sempre più grandi e complessi. Ma per comprendere l’abiogenesi (il meccanismo biologico e molecolare che ha dato origine alla vita sulla Terra) dobbiamo individuare l’origine degli acidi nucleici, cioè i flamenti di Rna e Dna, le strutture che hanno permesso di sigillare e trasmettere le informazioni necessarie al proprio sviluppo e replicazione. Questo è stato un processo lento e graduale conosciuto come “chimica prebiotica”.


Nel 1861 Alexander Boutlerov scopri in Russia la “reazione della formosa”: un’attività chimica che, partendo da formaldeide e glicolaldeide, potrebbe aver dato origine ai composti che predispongono alla vita, in particolare il ribosio necessario all’Rna. Questa è una reazione autocatalitica, che si autoalimenta e porta a un accumulo esponenziale dei prodotti stessi della reazione. Dopo quasi un secolo, nel 1953 Stanley Miller e Harold Urey ripresero all’Università di Chicago le ricerche sull’origine chimica della vita ricreando in laboratorio le basi della Terra primordiale. Sottoposero a scariche elettriche una miscela di anidride carbonica, monossido di carbonio, acqua, metano, ammoniaca e assistettero alla formazione spontanea di aminoacidi, le basi delle proteine.
Fu quindi il momento di Julius Rebek che negli anni Settanta, allo Scripps Research Institute of California, riusci a creare una reazione autocatalitica con estere triacido ammino adenosina (Aate) creando basi azotate autoreplicanti.
Queste diedero origine ad acidi nucleici simili an Rna e Dna che mostravano caratteri di ereditarietà e competizione in una forma molto simile a una rudimentale selezione naturale. È possibile quindi che reazioni chimiche autocatalitiche abbiano generato molecole autoreplicanti sempre più performanti e che le migliori abbiano preso il sopravvento. Questo potrebbe essere avvenuto nell’ambito sia degli acidi nucleici che delle molecole lipidiche e quest’ultime potrebbero aver dato origine a rudimentali membrane cellulari.


Nel 2018 un team di chimici con sede a Monaco di Baviera ha dimostrato che l’alternanza di condizioni umide e secche, tipica dell’ambiente primordiale, sarebbe stata sufficiente per dare inizio alla sintesi prebiotica degli acidi nucleici. La ricerca condotta presso la Ludwig-Maximilians-Universitaet (Lmu) è stata pubblicata su “Nature”. Esponendo sostanze chimiche semplici a condizioni fisiche altalenanti, si sono originate – grazie a reazioni autocatalitiche – le formamidopirimidine che a loro volta hanno sviluppato adenosina e guanosina, le basi azotate componenti dell’Rna e del Dna. Lo scorso novembre un’altra ricerca ha aggiunto alcuni tasselli a questa caccia al tesoro. Gli scienziati dell’Università del Nuovo Galles del Sud (Australia) hanno pubblicato uno studio sulla rivista “Chemical Science” modificando la “reazione della formosa”: aggiungendo cianammide sono stati prodotti ribonucleotidi autoreplicanti molto più stabili che nelle reazioni autocatalitiche precedenti.
Molti passi in avanti sono stati fatti nella comprensione dell’origine della vita ma molti dettagli rimangono ancora sconosciuti e saranno ancora per lungo tempo oggetto di studio e dibattito.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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