Intelligenza organoide

L’interazione fra biologia e computer genera ibridi

Martedì 2 gennaio 2024, La Ragione 

A marzo scorso avevamo scritto su un progetto della Johns Hopkins University (Usa). Gli scienziati avevano pubblicato sulla rivista “Frontiers in Science” una ricerca su piccoli cervelli umani realizzati in laboratorio. In effetti erano state utilizzate colture di cellule staminali umane per produrre reti neurali che potessero far da hardware in una sorta di bio-computer con capacità di calcolo più ‘ragionata’ rispetto a quella elaborata da chip al silicio. L’idea di fondo sarebbe quella per cui i processori a base di carbonio sarebbero migliori per prendere decisioni grazie a un’analisi logica’ permessa dalle strutture reticolari delle connessioni nervose biologiche.
Perché il progetto potesse essere reso realizzabile bisognava però sviluppare un’interfaccia elettronica e un software per far comunicare le strutture a base di silicio con quelle a base di carbonio. Questo ipotetico sistema venne chiamato “Intelligenza organoide”. La sperimentazione è quindi proseguita e i ricercatori dell’Università Bloomington, nell’Indiana (Usa), hanno oggi sviluppato una prima prova di interconnessione fra rete biologica ed elettronica. I loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Nature Electronics” e dimostrano il potenziale di tali innovativi strumenti bio-informatici.

Questo computer ibrido è stato chiamato Brainoware ed e capace di elaborare dati in modo molto efficiente, sia come velocità di calcolo (paragonabile ai computer tradizionali) sia in termini di consumi energetici (nettamente inferiori). La struttura organoide è stata sviluppata con una parte a silicio e una a carbonio, creando quindi un ponte fra il mondo elettronico e quello biologico. La componente elettronica, che riceve l’input, è nota come reservoir computing: una rete neurale artificiale denominata ricorrente o Rnn (Recurrent Neural Network). Mentre quella biologica, che gestisce l’output, è realizzata partendo da cellule staminali umane che sono state indirizzate a diventare una rete neurale con strutture simili a quelle di un cervello in via di sviluppo. La sua efficacia è stata sperimentata nell’interpretazione di otto diverse voci maschili giapponesi utilizzando 240 clip audio. Dopo un periodo di addestramento, il sistema ha raggiunto un’accuratezza di circa il 78%. Successivamente lo stesso organoide è stato utilizzato con buon successo anche nell’ambito delle mappe di Hénon, un sistema dinamico non lineare che studia le previsioni delle intersezioni delle orbite caotiche di corpi celesti ad alta energia.


È evidente che la ricerca si sta concentrando su nuove strade per aumentare le performance dei computer visto che i chip al silicio hanno raggiunto il limite fisico di miniaturizzazione. I sistemi neuromorfici, simili al funzionamento del nostro cervello, sembrerebbero degli ottimi candidati per far fronte alle esigenze attuali e soprattutto ai nuovi sistemi di intelligenza artificiale. Ma gli ostacoli da superare non sono pochi. Bisogna far crescere maggiormente gli organoidi aumentando il numero di neuroni, che attualmente corrispondono al cervello di un moscerino, ma anche migliorare software e hardware che connettono le reti al carbonio con quelle al silicio.
Inoltre, come tutte le tecnologie che utilizzano una o più componenti biologiche umane, anche questa non è scevra di disquisizioni etiche, in questo caso ancor più evidenti. Parliamo infatti dello sviluppo di cervelli artificiali – metà umani e metà elettronici – che potrebbero in futuro anche diventare senzienti. 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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