Il turismo riproduttivo

Luca Gianaroli

La principale conseguenza delle diversità normative in materia di PMA nei Paesi europei è il cosiddetto “cross-border”, che in Italiano viene frequentemente tradotto con l’espressione “turismo riproduttivo”.

L’infertilità è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una patologia complessa e multifattoriale, che può causare depressione, isolamento sociale ed influire negativamente sulla qualità della vita di chi ne è affetto.
Attualmente, si stima che l’infertilità interessi il 12-15% delle coppie a livello globale.

Le cause di questa patologia includono, tra le altre, disfunzioni dell’apparato riproduttore, disfunzioni endocrine, fattori genetici e congeniti, terapie anti-tumorali, ma anche fattori ambientali o abitudini voluttuarie, come, ad esempio, il fumo.
Oltre ai fattori di natura medica ed ambientale elencati sopra, occorre considerare che l’aumento dell’età alla prima gravidanza, iniziato a partire dagli anni ’60, ha svolto, e tuttora svolge, un ruolo fondamentale nell’aumento dei casi di infertilità registrati a livello mondiale.

Per le coppie affette da infertilità, l’unica speranza di avere un figlio è costituita dai trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), tant’è che, tra il 1997 ed il 2008, in Europa, la richiesta per questo tipo di tecniche è aumentata del 158%. La raccolta dati più recente, curata dalla Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE), mostra che, nel 2008, sono stati eseguiti 525.640 cicli, con un incremento del 6,5% rispetto all’anno precedente.
La classifica dei Paesi in base al numero di cicli iniziati nel 2008 vede ai primi posti la Francia (68.446 cicli), la Germania (65.880 cicli) ed il Regno Unito (50.555). L’Italia, con 48.329 cicli, si posiziona al 4° posto.

Effetti demografici dell’infertilità

Influendo in modo importante sulle dinamiche demografiche, l’infertilità non può e non deve essere considerata un problema circoscritto agli individui e/o alle coppie affette. Infatti, il generalizzato calo della fertilità registrato a partire dagli anni ’60, in combinazione con il costante aumento della speranza di vita, fa si che, nei Paesi Occidentali, i nuovi nati non siano sufficienti per rimpiazzare le generazioni più anziane, rendendo le attuali dinamiche demografiche sempre più difficilmente sostenibili.

Al fine di poter contrastare efficacemente questo trend, i governi dovrebbero elaborare politiche volte a mettere i propri cittadini in condizione di formare una famiglia. Tali politiche devono contenere misure sociali in grado di permettere ai cittadini di conciliare carriera e famiglia e di garantire supporto ai redditi (soprattutto delle coppie in età riproduttiva), ma anche provvedimenti volti a facilitare l’accesso ai trattamenti di PMA per tutte quelle coppie che, per motivi diversi, allo stato attuale non hanno altre possibilità di avere figli.

In Italia, solo il 4,7% del PIL è destinato a queste politiche, a fronte di una media europea dell’8,6%.

La situazione europea

Vista l’entità di questo fenomeno, il Parlamento Europeo, nella risoluzione del 21 Febbraio 2008 sul futuro demografico dell’Europa, “rileva che l’infertilità è una patologia riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità, suscettibile di avere gravi conseguenze, come la depressione; sottolinea che la sterilità è in aumento e colpisce attualmente circa il 15% delle coppie; invita pertanto gli Stati membri a garantire il diritto delle coppie all’accesso universale al trattamento contro l’infertilità”.
Malgrado questa raccomandazione, le legislazioni in materia di PMA, i criteri di accesso a queste tecniche e le modalità di rimborso dei trattamenti variano in modo significativo tra i diversi Paesi dell’Unione Europea.
Gli effetti di tali differenze si ripercuotono in maniera negativa principalmente sui cittadini, sottoposti a normative diverse che ampliano o riducono le loro possibilità di trattamento in base al Paese di residenza, dando origine, di fatto, ad una vera e propria discriminazione degli individui provenienti dagli Stati in cui le leggi sono più restrittive.

La principale conseguenza delle diversità normative in materia di PMA nei Paesi europei è il cosiddetto “cross-border”, che in Italiano viene frequentemente tradotto con l’espressione “turismo riproduttivo”.
Il cross-border implica lo spostamento di cittadini in Paesi diversi da quelli di provenienza al fine di poter accedere a trattamenti di PMA.
Nonostante attualmente non esistano dati precisi ed ufficiali, uno studio condotto dalla Task Force ESHRE, appositamente istituita con lo scopo di monitorare questo fenomeno, ha permesso di stimare che esso origini 24.000-30.000 cicli di trattamento per anno, coinvolgendo, quindi, un numero di coppie elevatissimo.
Questo fenomeno, che ha raggiunto dimensioni allarmanti, presenta numerosi effetti negativi in quanto priva i cittadini del diritto di ricevere le migliori cure nel loro Paese e li costringe ad affrontare notevoli spese esponendoli al rischio di rivolgersi a strutture che non garantiscono elevati standards di sicurezza e qualità.
Nella maggior parte dei casi, inoltre, i costi legati ad eventuali complicanze derivanti da questi cicli ricadono sui Servizi Sanitari dei Paesi di origine delle coppie, con un conseguente danno economico.
Come si evince dai dati raccolti da ESHRE, a causa delle restrizioni imposte dalla Legge 40/2004, i cittadini italiani sono quelli più frequentemente costretti a trasferirsi all’estero per sottoporsi a trattamenti di PMA. E’ importante sottolineare che, a causa di un’informazione non sempre trasparente e corretta, molti cittadini italiani si recano all’estero per eseguire trattamenti che potrebbero tranquillamente effettuare nel nostro Paese.

La crescente consapevolezza dei cittadini riguardo queste tematiche ha fatto si che i ricorsi presso la Corte Europea ed i tribunali nazionali si siano moltiplicati nel corso degli anni, portando, in alcuni casi, a modificazioni significative.

In Italia, ad esempio, la Sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale ha apportato modifiche sostanziali alla Legge 40/2004. Recentemente, inoltre, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità del divieto di donazione di gameti, rinviando gli atti ai tribunali che avevano promosso i ricorsi con l’indicazione di rivalutare la questione alla luce della sentenza del 3 Novembre 2011 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Pur non avendo espresso un parere positivo sulla questione, la Corte Costituzionale ha lasciato così aperta la possibilità di futuri ricorsi.

In Germania, invece, il Parlamento ha approvato, seppure con alcune restrizioni, la legalizzazione della Diagnosi Preimpianto, che permetterà alle coppie portatrici di patologie genetiche di sottoporsi a tecniche di PMA (previo adeguato percorso di counselling ed approvazione di un’apposita commissione) per selezionare gli embrioni in grado di generare un feto non affetto dalla malattia.

La situazione Italiana

Attualmente, in Italia, la PMA è regolata dalla Legge 40/2004, la quale prevede che l’accesso a questo tipo di trattamenti sia permesso esclusivamente alle “coppie formate da maggiorenni eterosessuali, coniugate o conviventi, in cui entrambi siano viventi ed in età potenzialmente fertile”.

Le modalità di erogazione dei trattamenti di PMA nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale sono stabilite dalle singole Regioni, le quali definiscono eventuali limiti di età, politiche di rimborso, tipologia dei trattamenti disponibili, costo dei trattamenti nelle strutture pubbliche, ecc.

L’accesso alle tecniche di PMA è consentito solo nel caso in cui l’infertilità non sia risolvibile altrimenti e le tecniche devono essere eseguite secondo un principio di gradualità. Sono tuttora vietati l’utilizzo di gameti esterni alla coppia (fecondazione eterologa) e la maternità surrogata.
Nell’ambito dell’acceso dibattito su questa tematica, occorre sottolineare che, per specifiche categorie di individui, la fecondazione eterologa rimane l’unica possibilità per concepire un figlio.
Un esempio significativo è costituito dai giovani in età riproduttiva sottoposti a terapie aggressive per curare patologie oncologiche.
Grazie ai progressi compiuti dalla medicina, un numero sempre maggiore di pazienti di questo tipo sopravvive alla malattia riacquisendo un elevato livello di qualità della vita. Tuttavia, a seguito di questo tipo di trattamenti, la fertilità risulta irrimediabilmente compromessa nella stragrande maggioranza dei casi.
Per questi pazienti, pertanto, la donazione di gameti e/o embrioni rimane l’unica opzione terapeutica disponibile per perseguire il sogno di divenire genitori.

Luca Gianaroli
Past Chairman della Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE)

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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