Salute mentale, ospedali psichiatrici giudiziari e sicurezza

La piena assunzione della responsabilità di cura del paziente psichiatrico autore di reato da parte del Servizio sanitario nazionale è uno degli aspetti più controversi e socialmente sensibili di tutta la questione psichiatrica

Nel trentennale della legge 180 sono state approvate alcune disposizioni di legge che rendono possibile sanare uno degli aspetti incompiuti della riforma psichiatrica del 1978, vale a dire la piena assunzione della responsabilità di cura del paziente psichiatrico autore di reato da parte del Servizio sanitario nazionale (SSN). Si tratta di uno degli aspetti più controversi e socialmente sensibili di tutta la questione psichiatrica.

Fino ad oggi, infatti, le istituzioni deputate alla misura di sicurezza successiva al proscioglimento per infermità mentale, gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), erano strutture interamente gestite dall’Amministrazione penitenziaria, sia per gli aspetti di sicurezza, sia per gli aspetti di cura. Si tratta di un universo a parte, con scarsissimi collegamenti esterni. L’ingresso in queste istituzioni ha sempre segnato una profonda cesura tra il prima ed il dopo del malato di mente, con due diversi e contrapposti modi di curare e gestire la sua malattia.

Le innovazioni di cui parliamo consentono oggi al SSN di riappropriarsi della dimensione di cura all’interno dell’OPG attraverso il trasferimento delle competenze e delle risorse sanitarie dall’Amministrazione penitenziaria ai Servizi sanitari regionali (SSR). Fondamentali sono state al riguardo le seguenti disposizioni normative o giurisprudenziali

il DLgs 230/99, che sancì il principio della competenza del SSN nel garantire la salute nelle carceri (ma non negli OPG), trasferì immediatamente la competenza riguardo alle dipendenze patologiche e stabilì delle sperimentazioni regionali negli altri settori di intervento;

·                     la sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2003, che ha spezzato l’automatismo tra misura di sicurezza ed OPG, consentendo l’effettuazione della stessa in luoghi alternativi e secondo progettualità da definirsi caso per caso;

·                     le disposizioni della legge 244/07 (Finanziaria 2008), che hanno stabilito il trasferimento delle funzioni e delle risorse della sanità penitenziaria al SSN;

·                     il DPCM 1 Aprile 2008, che stabilisce modalità e termini del trasferimento stesso. Il DPCM contiene anche in allegato due linee guida rispettivamente sull’intervento sanitario  nelle carceri e sull’intervento finalizzato al superamento dell’OPG.

Tutte queste novità delineano uno scenario fortemente innovativo, con molte potenzialità positive, sia per l’assistenza sanitaria e psichiatrica nelle carceri, sia per le attività dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM). Oggi, il sistema sanitario e quello penitenziario collaborano a 360° in ogni contesto istituzionale di propria pertinenza per garantire le rispettive funzioni.

Sarà così più facile garantire una reale continuità assistenziale anche alle persone con disturbi mentali che hanno commesso reati. Ciò è al tempo stesso eticamente dovuto e costituisce una migliore garanzia di prevenzione di ulteriori reati rispetto ad un intervento puramente repressivo o custodiale.

In secondo luogo, i contesti di esecuzione della misura di sicurezza (al tempo stesso contesti di cura e riabilitazione) saranno molto più vari ed articolati: carcere, OPG, strutture residenziali ed anche territorio secondo programmi precisi e verificabili. I servizi territoriali dovranno predisporre un’ampia offerta di servizi (strutture e/o programmi) che diano all’interlocutore giudiziario (GIP, giudice di merito, magistrato di sorveglianza) la possibilità di decidere, per ogni cittadino prosciolto, il luogo idoneo ai fini della cura per l’applicazione della misura di sicurezza, tenuto conto delle ragionevoli esigenze di sicurezza e tutela della collettività.

Non meno importanti saranno gli sviluppi richiesti al personale del DSM. Molti professionisti vedono con timore questi cambiamenti, immaginando di doversi fare carico anche degli aspetti di sicurezza e controllo comportamentale dei pazienti autori di reato. Ciò è effettivamente un rischio che si può correre se non si lavora assieme alla Giustizia nel definire i contesti di cura e di pena. Così come nelle carceri vi sarà una corresponsabilizzazione delle due amministrazioni nel decidere aspetti di cura e di sicurezza, anche all’esterno sanità e giustizia dovranno identificare le soluzioni praticabili per l’effettuazione di programmi alternativi al carcere e all’OPG.

Per quanto attiene specificamente all’istituto dell’OPG, le azioni richieste dal DPCM prevedono il trasferimento delle funzioni, delle risorse e del personale, ma al tempo stesso contengono una progettualità diversa da quella attuale in termini organizzativi e tecnico-professionali, in collegamento con i DSM nazionali.

Il punto di arrivo finale di questo processo deve essere una completa ristrutturazione della offerta dei servizi da parte dei DSM che metta la Magistratura in condizione di effettuare la misura di sicurezza in contesti sanitari ordinari con garanzie di equità di trattamento rispetto alla popolazione psichiatrica generale. Vengono previste a tal fine tre tappe che potremmo definire sinteticamente:

1.                    subentro-preparazione, che prevede quattro azioni di una certa complessità da parte delle Regioni e dei Ministeri interessati:

a.                    L’istituzione di un programma nazionale e di un comitato paritetico per il monitoraggio della sua realizzazione.

b.                    Il subentro delle regioni nella gestione sanitaria degli OPG.

c.                    Il subentro delle regioni nella gestione dell’intervento psichiatrico nelle carceri con specifico riferimento all’attività di consulenza e cura, avvio di sezioni a custodia attenuata, reparti di osservazione.

d.                    Un programma attivo di dimissioni dall’OPG di concerto con le regioni ed i DSM dei territori di residenza.

2.                    regionalizzazione dell’OPG che prevede tre azioni di rilevante importanza:

a.                    l’utilizzo dell’OPG per macro-regioni, cosa che richiede soprattutto un accordo tra le regioni stesse;

b.                    Condivisione con la magistratura giudicante della regolazione dei flussi di ingresso tra OPG, carceri e misure alternative esterne. Ciò presuppone un accordo tra Regioni, DAP e Magistratura sugli invii;

c.                    Programmazione regionale e sovra regionale di strutture alternative, compito soprattutto delle regioni e delle aziende, che richiede un notevole sforzo progettuale e di formazione.

3.                    regionalizzazione del sistema di cura alternativo, con superamento degli attuali OPG.

Come si vede, si tratta di un programma denso ed impegnativo. Se condotto con successo, potrebbe portare ad uno scenario profondamente rinnovato, simile a quello di altri paesi europei, in particolare il Regno Unito, che hanno intrapreso venti anni fa il cammino di affidamento al SSN dell’intervento nelle carceri e negli OPG. L’ingrediente fondamentale per realizzare questa improrogabile riforma è la volontà delle istituzioni di collaborare.

Angelo Fioritti [1]
Responsabile Servizio Salute Mentale, Dipendenze patologiche e salute nelle Carceri, Regione Emilia-Romagna

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi