La forza oscura del branco

Tra i fattori che spiegano perché i soggetti tendenzialmente miti e non aggressivi tendono a partecipare ad azioni violente c’ è la diminuzione del senso di responsabilità individuale. Ci sono meccanismi di disimpegno morale e tecniche di razionalizzazione dell’azione deviante e la diffusione di responsabilità all’interno del gruppo è un meccanismo che rende più facile l’azione aggressiva, poiché il senso di responsabilità personale nei confronti dell’azione negativa diminuisce se si partecipa in tanti

Anche l’ultima tendenza del bullismo, riprendere le violenze con il cellulare e metterle su Internet va in questa direzione. Gli insulti, le botte, gli stupri sembrano meno gravi perché diventano un film. I protagonisti si sentono attori e anche le vittime vengono considerate tali. La violenza, il senso di colpa sono vissute a distanza, dietro il velo della finzione. E i bulli agiscono senza remore Quasi ogni giorno, a scuola o in contesti ad essa collegati, si registrano episodi di violenza e di aggressività tra i preadolescenti o gli adolescenti.

Sono recenti anche le informazioni notizie sulla dilagante diffusione in rete di video con sfondo di violenze, risse e goliardate di vario tipo. Infatti molti ragazzi possiedono telefoni cellulari muniti di microtelecamere digitali: basta un click e il filmato passa dal proprio computer al web, dove esistono motori di ricerca che permettono la condivisione di questo tipo di riprese, senza la possibilità di alcun controllo a priori.
In alcuni casi le notizie fanno riferimento a situazioni di derisione e insulto, in altri a forme di minaccia ed estorsione, in altri ancora a vere e proprie forme di aggressione o di persecuzione sia fisica che psicologica : episodi che rimandano al sempre più diffuso fenomeno del bullismo.

Un fenomeno non recente, ma fino a qualche anno fa sottovalutato, perché confuso con la normale aggressività del vivere sociale in giovane età.
In realtà il bullismo è diverso dalla normale conflittualità fra coetanei, diverso anche dagli sporadici episodi di violenza che possono accadere in una comunità.
Il bullismo non fa parte dei normali processi di crescita, né fa parte del cosiddetto “processo di maturazione” che un bambino o adolescente deve attraversare
In una situazione di normale conflitto tra coetanei, questi sono infatti in grado di spiegare i motivi del proprio disaccordo, manifestando le proprie ragioni, cercando soluzioni, negoziando per soddisfare i propri bisogni,ma soprattutto non insistendo per imporre la propria volontà .

Le competenze sociali acquisite durante il normale percorso di crescita consentono una sana risoluzione del conflitto.
Affinché si possa parlare di bullismo ed evitare di etichettare come tali altri tipi di comportamento, è necessario che l’azione di prevaricazione sia stabile e continuata nel tempo e che vi sia una relazione asimmetrica tra le due parti.
Non si può parlare di bullismo quando due studenti con la stessa forza ,fisica e psicologica, litigano o si azzuffano. E’ necessario che vi sia uno squilibrio tra forze: lo studente esposto alle azioni negative ha difficoltà a difendersi o è impotente di fronte agli attacchi.

Le azioni aggressive possono realizzarsi attraverso attacchi verbali, ad esempio minacce, beffe, prese in giro, insulti, oppure attraverso attacchi fisici, ad esempio colpire, tirare calci, spingere, rubare. E’ possibile però che azioni negative si concretizzino senza l’uso di parole o il contatto fisico ma con smorfie, gestacci, esclusione intenzionale di qualcuno da un gruppo.
Generalmente i comportamenti dei bulli vengono suddivisi in aggressività fisica diretta, più frequente nei soggetti di sesso maschile, aggressività fisica indiretta o relazionale, più frequente nei soggetti di sesso femminile, ed in aggressività verbale diretta.

Si è registrato di recente un aumento del bullismo femminile, denunciato come “nuovo allarme sociale”, in tutte le scuole. Si ipotizza che nei prossimi anni il cosiddetto sesso debole colmerà un altro divario e il livello di violenza raggiungerà quello solitamente espresso dai maschi.
Se fino a ieri c’era la violenza soft che consisteva nell’ emarginazione delle compagne più timide e deboli, nella calunnia e nel ricatto, la “femminilizzazione” del bullismo porta oggi le ragazze ad aggre­dirsi, picchiarsi, assumere ruoli maschili e ricalcare quelli femminili dei reality show.
Mentre i maschi hanno acquisito l’aggressi­vità psicologica (maldicenza bugia tradimento confidenza) le ragazze hanno aggiunto alla rivalità l’e­spressione corporea.

Dal punto di vista della composizione sociale i bulli si trovano ovunque, nelle scuole private «bene» come in quelle pubbliche di estrema peri feria.
I figli dei ricchi diventano bulli per sfida. Quelli dei poveri per ottenere oggetti materiali. Ma la base è sempre la stessa, fondata sulla forza, sull’idea del potere personale individuale e all’interno del gruppo.
Tutto questo è sintomo di un forte senso di inadeguatezza di tipo relazionale, sociale, personale e comportamentale da parte dell’aggressore, che è in grado di portare a termine la sua azione devastatrice grazie alla complicità omertosa dell’ambiente circostante.

Negli ultimi anni sono state realizzate numerose ricerche per comprendere le dinamiche psicologiche, individuali e di gruppo, alla base del manifestarsi del bullismo fra ragazzi.
Il fenomeno è complesso e le cause che lo determinano sono molteplici:occorre inquadrare il fenomeno in un’ottica interazionista, che non privilegi risposte parziali, basate cioè sulle sole differenze di personalità o sulle sole circostanze ambientali.
La personalità, i modelli familiari, gli stereotipi imposti dai massa media, un’istituzione scolastica spesso disattenta alle relazioni fra ragazzi, dinamiche di gruppo che trascendono il singolo individuo, sono tutti fattori concomitanti che, in maggiore o minore misura, contribuiscono al determinarsi del fenomeno
Fra le caratteristiche individuali e di personalità, è stato rilevato che i bulli tendono ad avere un’immagine idealizzata di se stessi come dominanti, coraggiosi, capaci e tendono ad avere un’alta autostima.

Vantano la loro superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione. Manifestano grosse difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare le contrarietà; tentano, a volte, di trarre vantaggio anche utilizzando l’inganno, hanno generalmente un atteggiamento positivo verso l’utilizzo di mezzi violenti per ottenere i propri scopi.
Probabilmente i soggetti che prevaricano i propri compagni difettano fortemente di capacità empatiche dal momento che sembrano non rendersi conto delle sofferenze che inducono in quei ragazzi che subiscono le loro vessazioni. Nell’età adulta risultano a rischio di criminalità molto al di sotto della media.
Alcune ricerche hanno messo in evidenza il fatto che i bulli possano avere un vero e proprio deficit cognitivo inteso come difetto di percezione: alcuni ragazzi particolarmente aggressivi hanno difficoltà a riconoscere il pericolo che hanno davanti. Sovrastimano cioè la pericolosità della situazione in cui sono coinvolti e quindi reagiscono in maniera più aggressiva di quanto dovrebbero. Non presentano né ansia né insicurezza.

Nella vittima passiva invece sono presenti una forte ansia e sentimenti di insicurezza Sono persone timide, sensibili, con una negativa opinione di sè e della propria situazione, tanto da considerarsi dei falliti , con un alto rischio di depressione.
Nella relazione con gli altri tendono ad isolarsi vivendo condizioni di solitudine,di abbandono e conseguente difficoltà ad interagire nel gruppo di coetanei.
L’insieme di queste caratteristiche personologiche se da un lato sono indice di incapacità di difendersi , di reagire a possibili attacchi e polarizzano in tal modo l’attenzione dei bulli, dall’altra sono accresciute dalle continue provocazioni di questi ultimi.
Non trascurabile è il ruolo della vittima provocatrice caratterizzata da una combinazione di due modelli reattivi, quello ansioso proprio della vittima passiva e quello aggressivo proprio del bullo. Sono soggetti con problemi di instabilità emotiva, iperattività, spesso fautori di irritazioni e tensioni in chi li circonda. Il risultato è una condotta ostile ma inefficace.

Proprio la capacità di agire un comportamento aggressivo bene organizzato e funzionale ad acquisire l’obiettivo designato (mortificare l’altro, conquistare una posizione di supremazia, ottenere beni materiali) costituisce lo spartiacque che differenzia le vittime provocatrici dai bulli.
Determinante è l’influenza dell’aiutante del bullo. Questo risulta rafforzato dall’attenzione dei sostenitori e non indebolito dalla mancanza di opposizione della maggioranza silenziosa. Sono individui aggressivi e ansiosi, che partecipano all’azione di gruppo senza prendere l’iniziativa.
La collusione con il bullo o l’isolamento della vittima dovute ad “un altro” presente sulla scena di questo dramma permettono la cristallizzazione della relazione di prepotenza.

E’ proprio di questo gran numero di soggetti, non coinvolto direttamente nel fenomeno, che si deve tenere conto per poter intervenire.
Il bullismo è generalmente un fenomeno di gruppo ed è utile per comprenderlo appieno fare riferimento ai meccanismi che caratterizzano coloro i quali prendono parte all’azione aggressiva.
Innanzitutto alcuni studi hanno dimostrato che l’individuo agisce aggressivamente se ha osservato qualcun altro agire in tal modo, soprattutto se quest’altro, che funge da “modello”, gode della stima dell’osservatore, ed è riconosciuto come forte e coraggioso. Il prevaricatore che di fronte ai compagni di classe si mostra prepotente verso il bersaglio, costituisce un modello di condotta aggressiva che può essere facilmente appreso ed imitato.

Per la sua baldanza e forza fisica, inoltre, il bullo può divenire per i compagni, soprattutto per i più insicuri, non solo un esempio di comportamento, ma anche un modello desiderabile e questa percezione positiva del prevaricatore può facilitare la messa in atto di prepotenze da parte di ragazzi normalmente non aggressivi. È il meccanismo di contagio sociale .
Il comportamento prepotente del bullo può anche favorire in coloro che assistono l’abbassamento dei freni inibitori che normalmente limitano l’agire violento. La facile vittoria riportata sulla vittima offre un’immediata ricompensa al ragazzo prepotente, almeno nei termini di un incremento di autostima, tanto più che raramente viene punita o condannata da parte dei pari o degli adulti.
Come conseguenza lo spettatore che assiste a questo modello di condotta gratificante e poco rischiosa diviene meno restio a partecipare alle prepotenze, soprattutto contro quella stessa vittima che si è già evidenziata come un facile e passivo bersaglio.

Vi è un altro fattore che concorre a spiegare perché i soggetti tendenzialmente miti e non aggressivi tendono a partecipare ad azioni violente ed è la diminuzione del senso di responsabilità individuale. I meccanismi di disimpegno morale sono ad esempio strategie di evitamento del senso di colpa e tecniche di razionalizzazione dell’azione deviante. Ad esempio la diffusione di responsabilità all’interno del gruppo è un meccanismo che rende più facile l’azione aggressiva poiché il senso di responsabilità personale nei confronti dell’azione negativa diminuisce se si partecipa in tanti.
Anche l’ultima tendenza del bullismo, riprendere le violenze con il cellulare e metterle su Internet va in questa direzione. Gli insulti, le botte, gli stupri sembrano meno gravi perché diventano un film. I protagonisti si sentono attori e anche le vittime vengono considerate tali. La violenza, il senso di colpa sono vissute a distanza, dietro il velo della finzione. E i bulli agiscono senza remore.
Quando gli attacchi si ripetono nel tempo la vittima viene percepita sempre più come indegna e meritevole dell’azione subita. Tale meccanismo, definito come meccanismo di deumanizzazione della vittima, implica proprio una svalutazione della persona e ciò rende meno grave l’atto compiuto.

La scuola è il luogo privilegiato del bullismo. Sovente gli insegnanti non sanno come affrontare il problema. Si stenta a capire che il bullismo non ha a che fare con questo o quello studente ma con la vita del gruppo. Si può fare poco per correggere un ragazzo vivace, ma molto per cambiare l’atteggiamento della classe.
Manca comunque una adeguata gestione della componente emotiva, una opportuna pratica relazionale,una corretta educazione internazionale.
Spesso la famiglia, del tutto inconsapevolmente, non è disposta ad assumersi la responsabilità dell’educazione, mancano così degli adulto significativi in grado di contribuire alla formazione ed alla educazione emotiva/cognitiva delle giovani generazioni
Quando si manifestano comportamenti oggettivamente deprecabili, siamo in presenza di un chiaro sintomo di disagio esistenziale che si rivela sempre con un disturbo comportamentale.
Sta agli adulti individuarne le motivazioni, specificarne le cause e rimuoverne i processi che lo hanno determinato.

Lucia La Torre
Psicologa ,psicoterapeuta
Docente di “Psicologia dalla relazione d’aiuto”
Università Cattolica -Brescia

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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