Il fascino del cattivo

I bulli agiscono spesso per elevare il proprio status agli occhi dei compagni e sono influenzati dalle norme sociali del gruppo di appartenenza. Il gruppo stesso, infine, può servire da rinforzo al comportamento prepotente: i compagni, infatti, possono accettare, tacitamente o in modo esplicito, il comportamento del bullo e possono persino ammirare il bullo e considerarlo un modello positivo da seguire

Il bullismo può essere considerato a tutti gli effetti un fenomeno sociale o di gruppo, nel senso che, oltre alle caratteristiche personali di chi è direttamente coinvolto come attore delle prepotenze, la comprensione del significato dei comportamenti di prepotenza non può prescindere dall’analisi del gruppo dei coetanei in cui il bullismo avviene. Il bullismo, infatti, è influenzato dal significato sociale che assume all’interno di un determinato gruppo e dalle credenze che gli studenti stessi hanno riguardo ad esso, ad esempio le credenze circa l’efficacia dei comportamenti aggressivi o gli atteggiamenti verso chi subisce ed è considerato più debole. Inoltre, i bulli agiscono spesso per elevare il proprio status agli occhi dei compagni e sono influenzati dalle norme sociali del gruppo di appartenenza. Il gruppo stesso, infine, può servire da rinforzo al comportamento prepotente: i compagni, infatti, possono accettare, tacitamente o in modo esplicito, il comportamento del bullo e possono persino ammirare il bullo e considerarlo un modello positivo da seguire.

In particolare, due caratteristiche del bullismo ci aiutano a distinguerlo da forme di aggressività di tipo più individuale: il suo carattere collettivo e il fatto di essere basato sulle relazioni sociali nel gruppo. Le ricerche osservative, d’altro lato, hanno più volte dimostrato come circa l’85% degli episodi di bullismo avvengono in presenza di coetanei, soprattutto negli ambienti scolastici in cui la supervisione degli adulti è meno forte, come il cortile, atri e corridoi, palestre, bagni. I compagni all’interno del gruppo possono assumere ruoli diversi, ponendosi dalla parte del bullo, intervenendo a sostegno della vittima o rimanendo semplici spettatori.

L’importanza del gruppo dei coetanei nel modellare il comportamento dei suoi membri è stata da tempo riconosciuta. La natura di questi gruppi è tale per cui i suoi membri condividono spesso caratteristiche demografiche (ad esempio sesso, età, etnia) e comportamentali. In particolare, qui ci interessa il fatto che i membri del gruppo solitamente condividono tra loro dimensioni comportamentali, sia positive che negative, quali l’uso di sostanze, l’uso della violenza e la violazione delle regole. Questa alta somiglianza tra i membri del gruppo è conosciuta come homophyly hypothesis e la sua importanza è stata riconosciuta anche per quanto riguarda il fenomeno del bullismo.

In altre parole, il gruppo soddisfa l’esigenza che tutti noi abbiamo di essere accettati, a patto di condividerne ideali, modi di pensare, comportamenti e norme sociali. Soprattutto durante l’età della scuola è piuttosto comune costruire e distruggere nuove amicizie in poco tempo, alla ricerca di un gruppo di compagni in cui si venga accettati. Secondo questa idea, quindi, i bulli hanno più probabilità di fare amicizia e di entrare in gruppi formati da altri bulli, perché condividono non solo il comportamento aggressivo ma anche gli stessi atteggiamenti positivi nei confronti della violenza. Questo gruppo, d’altra parte, una volta formatosi contribuisce a rinforzare questi comportamenti aggressivi, richiedendo a ciascun individuo di dimostrarsi membro degno del gruppo stesso proprio mediante l’adozione di tali comportamenti. Nel momento in cui un bambino o una bambina si trovano a far parte di un gruppo di coetanei che adottano come regola il comportamento prepotente, non sarà facile per loro uscirne, anche se non approvano del tutto il comportamento degli altri membri, perché hanno paura di essere considerati “codardi” e di essere conseguentemente rifiutati ed espulsi dal gruppo. In definitiva, l’appartenenza ad un gruppo sociale fornisce ai membri del gruppo stesso un senso di identità sociale che non solo li descrive, ma che “prescrive” una serie di comportamenti considerati appropriati o addirittura necessari per il mantenimento di tale identità.

In conclusione, gli studi che hanno messo in evidenza il ruolo del gruppo e del contesto sociale nella costruzione delle dinamiche alla base del fenomeno del bullismo dimostrano la necessità di implementare programmi di prevenzione ed intervento nelle scuole che coinvolgano, a livello sistemico, le diverse componenti della scuola stessa (dirigente, insegnanti, personale non docente) e, in particolar modo, tutti gli alunni. Coloro che osservano passivamente le prepotenze subite da altri compagni, infatti, possono esitare ad intervenire per diversi motivi: possono essere insicuri sul da farsi, possono aver paura delle ritorsioni del bullo o possono temere di creare danni ancora maggiori intervenendo in modo sbagliato. Tali interventi dovrebbero fornire a bambini e ragazzi le competenze comunicative e sociali e le abilità di mediazione dei conflitti che costituiscono le strategie più appropriate per intervenire in maniera efficace e sicura a sostegno dei compagni vittimizzati.

Gianluca Gini,
ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della
Socializzazione dell’Università degli Studi di Padova

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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