Il filo che lega vittime e persecutori

Nel nostro studio abbiamo trovato ulteriore conferma che i bambini vittima hanno una cattiva immagine di sé nella scala del rapporto con i pari, dimostrando cioè scarsa capacità di farsi degli amici, rifiuto sociale, bassa popolarità. Ma anche gli aggresori hanno lo stesso problema

Il fenomeno del bullismo sta interessando in misura sempre maggiore scuole, famiglie ed opinione pubblica, viste le conseguenze devastanti che procura ai bambini che ne sono vittime, ma anche ai bambini prepotenti e a quelli che assistono a tali episodi. L’obiettivo del presente contributo è di soffermarci su cosa pensano i bambini di se stessi, su quale immagine hanno di sè, riferendoci sia a dati ricavati dalla letteratura internazionale sia a nostre ricerche in territorio italiano (Di Michele e Camodeca, 2006).

Consideriamo il concetto di sé (o immagine di sé) come la percezione e la cognizione delle proprie caratteristiche, le credenze riguardo se stessi, la rappresentazione mentale che ognuno ha di se stesso. Sulla base di una struttura multidimensionale, ormai condivisa da molti studiosi, il concetto di sé si compone di diversi aspetti, che coprono aree importanti nella vita di ciascuno. Nei bambini consideriamo i seguenti aspetti: apparenza fisica, rendimento scolastico, competenza in italiano e in matematica, capacità atletiche, rapporto con i genitori e con i pari, e immagine di sé globale.

Sebbene ci siano stati studi che hanno indagato il concetto di sé dei bambini bulli e vittima, questi non hanno tuttavia preso in esame anche gli altri attori coinvolti nel bullismo. Pensiamo infatti che il bullismo sia un fenomeno di gruppo al quale prendono parte tutti i compagni di classe, assumendo diversi ruoli che possono sia aumentare la frequenza degli atti di prepotenza (sostenitori del bullo), sia limitare le conseguenze negative (difensori della vittima), sia anche contribuire ad uno status quo costituendo il “necessario pubblico” (esterni).

Gli studi presenti in letteratura concordano nell’affermare che le vittime hanno un basso concetto di sé. Ma in quali aree? Alcuni autori (Marsh et al., 2001) hanno trovato un basso concetto di sé delle vittime specialmente in un’area generale che potremmo considerare come il valore globale di sé. Secondo Egan e Perry (1998), invece, è nelle relazioni interpersonali che le vittime mostrano un basso concetto di sé. Nel nostro studio abbiamo trovato ulteriore conferma che i bambini vittima hanno una cattiva immagine di sé nella scala del rapporto con i pari, dimostrando cioè scarsa capacità di farsi degli amici, rifiuto sociale, bassa popolarità. Non è ancora chiara la direzione di causalità, cioè, se la vittimizzazione porti i bambini a sviluppare un basso concetto di sé nelle relazioni con gli altri, o se invece la convinzione di non essere capaci di instaurare rapporti interpersonali determini successivi comportamenti inadeguati e sia quindi predittiva di molestie. Tuttavia, non sembra che le vittime abbiano un’immagine negativa di sé in altre aree importanti.

Per quanto riguarda i bulli, sembra che questi bambini non abbiano una buona immagine di sé. Il basso concetto di sè dei bulli potrebbe essere la causa del loro comportamento prepotente: questi bambini utilizzerebbero cioè strategie aggressive per dare un’immagine migliore di se stessi e per attirare su di sé la considerazione dei compagni. Il fatto che spesso abbiano successo e che questo si traduca in un maggiore potere sociale, in una posizione di dominanza e in ammirazione da parte dei loro sostenitori sembra confermare tale spiegazione (Marsh et al., 2001). Secondo altri autori (Salmivalli et al., 1999), nonostante i bulli mostrino un alto concetto di sé, questo rifletterebbe però una tendenza narcisistica ed egocentrica.

Nel nostro studio, abbiamo trovato che i bulli e i loro sostenitori hanno una bassa considerazione di sé nelle aree della competenza scolastica in generale, e in italiano in particolare, e che hanno un’immagine globale di sé negativa. Al contrario, sembra che si considerino competenti in campo atletico, che è quello che più mette in risalto la loro forza. I sostenitori hanno i punteggi più bassi degli altri bambini nell’immagine globale di sé, cosa che sottolinea una particolare situazione di rischio. I sostenitori, infatti, si troverebbero al bivio tra una carriera deviante con il possibile passaggio all’azione vera e propria, ed una carriera da vittima, in quanto più deboli rispetto ai bulli.

Inoltre, il nostro studio ha preso in esame anche i ruoli del difensore della vittima e dell’esterno. I difensori, bambini socialmente competenti e popolari, hanno dimostrato una buona immagine di sé nel campo dei risultati scolastici e del rapporto con i genitori, probabilmente fattori alla base delle loro azioni prosociali in difesa delle vittime. Gli esterni invece sono coloro che preferiscono non vedere e non essere presenti per non dover poi intervenire. Nel nostro caso, questo gruppo ha ottenuto punteggi bassi nella scala della capacità atletica, ma alti nel rendimento scolastico. In generale, questi bambini presentano, in varie aree, punteggi positivi, ma non elevati, che consentono loro di avere un buon concetto di sé, ma non tale da mettersi in gioco per difendere le vittime.

Ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio i complessi processi che sottendono i pensieri e le credenze dei bambini in riferimento a se stessi e alle diverse aree importanti nella loro vita. Pensiamo che il modo in cui i bambini vedono se stessi possa essere alla base di situazioni di rischio, come il bullismo e la vittimizzazione. Maggiore attenzione deve essere rivolta ai bambini sostenitori dei bulli ed esterni, perché possono rivestire un ruolo molto importante nel mantenimento del bullismo.

Marina Camodeca
Dipartimento di Scienze Biomediche
Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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