Adolescenti e ambiente di vita

Una ricerca tra ragazzi della seconda e quarta superiore dimostra che i “bulli” hanno sperimentato direttamente la violenza ambientale, sono più coinvolti in comportamenti trasgressivi, tendono a violare le regole sociali e morali e considerano queste azioni come normative

Spesso ci si interroga se il bullismo a scuola sia un fenomeno collegato alla realtà sociale o se ne è, in qualche misura, indipendente. Le ricerche sul bullismo hanno evidenziato che esso è diffuso in tutti i contesti sociali e in tutti i tipi di scuola anche in assenza di gravi condizioni di degrado sociale. Tuttavia, quando il bullismo si manifesta in un particolare contesto sociale esso sembra prenderne in qualche modo le forme, assimilarne le caratteristiche. È difficile pertanto immaginare che il modo in cui si manifesta il bullismo in una città come Napoli non sia influenzato dal carattere della città, pervasa da elevati livelli di violenza ambientale e da una diffusa mancanza di rispetto delle norme.

A partire da queste riflessioni è stata condotta una ricerca con adolescenti che frequentavano le scuole superiori nella città di Napoli. In generale non vi sono molti studi sistematici sul bullismo in adolescenza, forse perché la frequenza degli atti di bullismo nelle scuole secondarie tende a decrescere dal momento che i ragazzi a più alto rischio, anche a causa di ripetuti fallimenti sperimentati, raramente continuano a frequentare la scuola.
Negli ultimi periodi si è, però, assistito a fenomeni di bullismo particolarmente gravi proprio nelle scuole di istruzione secondaria, in seguito, evidentemente, a cambiamenti del sistema scolastico che hanno favorito la permanenza anche dei soggetti più difficili nella scuola. La relazione tra Bullismo e devianza era stata inoltre già ipotizzata da alcuni studiosi stranieri come Olweus e Rigby che avevano dimostrato che il bullismo a scuola può trasformarsi in comportamenti antisociali nel periodo dell’adolescenza (Rigby, 2003) e nell’età adulta (Olweus, 1992).

Abbiamo indagato il fenomeno del bullismo considerando la sua relazione specifica con il contesto urbano, ipotizzando che un ambiente a rischio influenzi significativamente le condotte aggressive in infanzia e adolescenza e che è proprio all’interno di quest’ultimo che i ragazzi apprendono modelli di comportamento che poi possono riprodurre all’interno del contesto più propriamente scolastico.
Lo studio è stato condotto con ragazzi che frequentavano le classi seconda e quarta di istruzione secondaria. Si è partiti dall’ipotesi che i bulli sono ad alto rischio di adottare comportamenti antisociali, che essi percepiscono l’ambiente nel quale vivono come più illegale e violento, che tendono a giudicare come meno gravi i comportamenti antisociali giustificandoli in vario modo.

Sulla base di strumenti di indagine ampiamente utilizzati dai ricercatori i partecipanti allo studio sono stati classificati in quattro sottogruppi: bulli, vittime, bulli-vittime, altri. È stata valutata la percezione dei ragazzi circa il grado di illegalità e violenza del loro quartiere (chiedendo ad es. se nel loro quartiere si spaccia droga, se è diffuso l’abusivismo edilizio, se capita di essere vittime di aggressioni ecc.).
Questa dimensione è stata chiamata “esposizione generale alla devianza”. Poi è stato chiesto se loro avessero personalmente subito aggressioni nel loro quartiere, o gli fosse stata offerta della droga ecc.. Questa dimensione è stata chiamata “esposizione personale alla devianza”.

Poi è stato chiesto loro di indicare con che frequenza avessero compiuto certi atti trasgressivi come ad es., rubare in un grande magazzino, acquistare Cd pirata, danneggiare beni pubblici. Questa dimensione è stata chiamata “comportamento trasgressivo”. I risultati riportati in tabella indicano chiare differenze tra i bulli, i bulli-vittima e gli altri soggetti.
I bulli sono più coinvolti in comportamenti trasgressivi. Inoltre, percepiscono il loro quartiere di appartenenza come più violento e hanno sperimentato direttamente la violenza ambientale. I bulli tendono a violare, pertanto, le regole sociali e morali e considerano queste azioni come normative.

L’esposizione alla violenza contribuisce, dunque, alla presenza di un comportamento aggressivo. La causa può essere ricondotta al fatto che l’osservazione prolungata della violenza nel contesto urbano serve sia a promuovere standard interni di comportamento che accettano la violenza sia a dirigere i propri comportamenti verso l’evitamento della vittimizzazione.
Infatti, l’esposizione ad un contesto di sopraffazione tende spesso a normalizzare e a legittimare i comportamenti violenti anche all’interno del contesto scolastico.
Il fenomeno del bullismo è, dunque, molto più complesso di quanto possa sembrare e qualsiasi tipo di intervento che miri, dunque, a riconoscerne la presenza e a ridurlo, non può avere esito positivo se non viene attuato a più livelli, considerandone la multicausalità e cioè scegliendo di intervenire a livello individuale, gruppale, familiare, tenendo in considerazione le influenze dell’ambiente circostante

Gaetana Affuso
Centro Interuniversitario per la Ricerca
sulla Genesi e sullo Sviluppo delle Motivazioni
Prosociali e Antisociali
Università di Roma “La Sapienza”

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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