Aborto: l’Irlanda fra legalizzazione e divieti

L’Irlanda è un paese cattolico per eccellenza con un’alta componente pro-life (sostenitori della vita che scoraggiano l’aborto). Nonostante la classificazione del Press Freedom Index (l’indice che calcola il grado di libertà giornalistica nel mondo) ai primi posti per libertà di stampa e libertà economica, non si può certo dire un Paese progressista per ciò che riguarda le leggi sull’interruzione di gravidanza.

La legge anti-abortista, introdotta con il referendum del 7 settembre 1983, rende in sostanza quasi impossibile l’interruzione della gravidanza in quanto riconosce uguali diritti alla vita del feto e della madre durante il periodo di gestazione, inoltre sottopone a rischio quest’ultima prevedendo fino a 14 anni di carcere in caso di aborto illegale.

Esistono tuttavia  casi in cui l’interruzione della gravidanza viene praticata a norma di legge: è ciò che accade nell’eventualità di pericolo reale e sostanziale per la vita della madre, un’eccezione ammessa solo nel 2013 con il ‘Protection of Life During Pregnancy Act’ ossia la legge sulla protezione della vita durante la gravidanza. Il voto del Parlamento è arrivato dopo il tragico caso nel 2012 di una donna indiana, Savita Halappanavar, cui era stata negata un’interruzione di gravidanza, morta in seguito per setticemia. Il Parlamento include, tra le fattispecie, anche la minaccia di suicidio. Nonostante questo primo spiraglio di riforma, l’iter per il consenso all’interruzione è laborioso e straziante. Nel caso di rischio reale e sostanziale, che deriva da condizioni di salute fisica della madre, due ginecologi dovranno concordare, dopo attente analisi, che la cessazione della gravidanza sia l’unica via da seguire per salvare la vita alla donna. Per i casi di minaccia di suicidio sono addirittura necessari tre dottori.

 

Come gestiscono le donne e le ragazze irlandesi questa restrizione normativa?

Nel 1992 vennero introdotti il tredicesimo e il quattordicesimo emendamento grazie ai quali venne stabilito che l’interdizione all’aborto non limitava le cittadine dell’Éire a viaggiare dentro e fuori dallo Stato per interrompere la gravidanza. Anche se non dispongono di dati ufficiali, le associazioni pro-choice (associazioni che chiedono l’organizzazione di un referendum per l’abrogazione dell’ottavo emendamento), calcolano, grazie all’analisi dei registri degli ospedali di altri Stati, che ogni giorno circa 12 irlandesi si rechino all’estero per interrompere la gravidanza; allo stesso modo il ministero della Salute irlandese afferma che dal 1980 quasi 170 mila cittadine si sono recate all’estero, soprattutto nella vicina Gran Bretagna, per il medesimo scopo.

Le spese per recarsi all’estero e abortire sono però molto elevate. Chi non può sostenerle sceglie anche l’opzione non chirurgica (per quanto riguarda le prime settimane di gravidanza), ordinando online pillole abortive illegali nel Paese e rischiando nondimeno di incorrere in sanzioni. La pillola Ru486 infatti, è una soluzione meno invasiva e dai tempi più brevi rispetto a quella chirurgica in quanto non richiede anestesia e nemmeno il ricovero.

L’aborto nell’isola è da sempre stato un tabù che oggi però, grazie alle varie organizzazioni pro-choice come la ‘Coalition to Repeal the Eighth Amendment’, coalizione per abrogare l’ottavo emendamento, si sta lentamente frantumando.

Una spinta aggiuntiva si è avuta anche grazie al referendum con il quale gli irlandesi hanno approvato i matrimoni omosessuali nel maggio 2015. Quest’ultimo referendum, che il popolo ha vissuto come grande momento di evoluzione sociale, ha dato modo di credere nella possibilità che un paese tradizionalista come l’Irlanda sia disposto a pervenire ad un ulteriore cambiamento della sua Costituzione.

Lo stesso Primo Ministro, Leo Varadkar, afferma che la legislazione irlandese in materia di aborto è ‘molto restrittiva’ e, a tal fine, lo scorso 8 marzo ha annunciato un referendum nel mese di maggio per legalizzare l’aborto.

Il fatidico giorno è alle porte. Venerdì 25 maggio l’Irlanda voterà. Ai cittadini viene chiesto se desiderano mantenere l’ottavo emendamento oppure permettere alla camera bassa del Parlamento (il Dáil Éireann) di creare una nuova legge la quale concederà ad ogni donna irlandese di abortire in qualsiasi ospedale dello Stato (scelta che potrà compiere entro le 12 settimane di gravidanza).

L’Irlanda dunque si prepara ad affrontare quello che ricorderemo come un importante momento storico. Non tutti però credono che la vita della donna valga più di quella dell’embrione. Gli attivisti che desiderano mantenere l’ottavo emendamento sono molti e in queste ultime ore i sondaggi potrebbero cambiare. Il fronte pro-life a sua volta, nell’ultimo mese, ha riguadagnato terreno. Momentaneamente il sì alla riforma è stimato al 57 %; l’abrogazione della norma è sostenuta soprattutto dai giovani e dagli abitanti dei centri urbani. Con ogni probabilità comunque assisteremo ad un testa a testa che potrebbe portare a maggiori libertà per tutte le donne irlandesi.

Alexandra Elena Bressan

Nata a Bucarest (RO) il 30 settembre 1995, residente a Padova, frequento l’università di Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani. Nonostante l’italiano non sia la mia lingua madre ho sempre amato scrivere e da bambina desideravo fare la giornalista o l’inviata speciale. Crescendo mi sono sempre più dedicata e interessata al volontariato e al campo dei diritti umani. Quando ho avuto la possibilità di svolgere uno stage per la testata giornalistica SocialNews ho pensato fosse l’occasione adeguata per creare un buon connubio tra i miei interessi passati e quelli attuali. Mi aspetto di imparare molto da questa esperienza, entrare a contatto direttamente con temi attuali e di grande valore, quali sono i diritti umani. 

Tags:

Rispondi