L’Italia accusa un enorme debito pubblico, il 133% di quello che produce. Sono circa 2.290 miliardi di euro. Ma chi possiede questo debito? Chi sono i creditori? Il 32% sono investitori esteri, il 27% banche, il 20% fondi e assicurazioni, il 15% la Banca d’Italia e solo il 6% è in mano a famiglie e imprese italiane. E’ ovvio che quell’80% di creditori tra estero e mondo della finanza si faccia sentire, e sono questi i “poteri forti” che allarmano la popolazione italiana. Provate a pensare di prestare dei soldi a uno che dice di averne bisogno, salvo vederlo il giorno dopo al volante di una fuoriserie: pensereste di essere presi in giro e avreste fondate preoccupazioni di non rivedere quanto prestato. Il nostro compito è quindi quello di convincere estero e finanza che le nostre politiche economiche onoreranno questo debito e che in 10 anni l’Italia riuscirà a pagare stipendi, ospedali, servizi, l’esercito. Tuttavia, loro restano creditori e noi debitori.
Purtroppo dobbiamo renderci conto che le forze che governano il mondo attuale sono finanziarie, tecnologiche e migratorie. Quindi non abbiamo molta scelta o ci rimpiccioliamo per renderci invisibili, sperando di non affogare nel mare della finanza e dei mercati mondiali o manteniamo un galleggiamento su una nave competitiva negoziando il nostro posto in plancia.
Rimanendo nell’Unione Europea abbiamo voce in capitolo: possiamo dialogare con la Banca Centrale che ci finanzia, possiamo influire su tutte le politiche, possiamo, addirittura, imporre, come abbiamo fatto, fondi speciali per salvare gli Stati in difficoltà.
Se uscissimo dalla UE dovremmo svalutare la nostra moneta, probabilmente del 20-30%, se non di più ed affronteremmo difficoltà sempre crescenti nell’acquisto di materie prime e semilavorati, senza considerare i tassi d’interesse che farebbero decollare i mutui.La Francia e, soprattutto, la Germania sarebbero pronte a farsi la loro Europa a tutta velocità. Con una moneta debole, l’Italia sarebbe assalita dalle imprese estere, pronte ad acquistare le nostre industrie migliori.
Ma non solo, il crollo dell’Italia e della UE farebbe gola ai vicini potenti e competitivi. Usa, certo, ma, in primis, Russia e Cina. Putin vuole sgretolare l’Unione Europea da sempre. Le sue ingerenze strategiche, tecnologiche e finanziarie per sostenere i partiti euroscettici non sono un mistero. La Brexit è stata anche opera sua e il tentativo di manipolare le masse verso un risultato elettorale a suo favore è continuo e presente in ogni Paese dell’Unione. Semplicemente, non vuole un vicino forte alle porte. Per “aiutarci” ad uscire dall’Europa sarebbe felicissimo di finanziare molto del nostro debito, magari proponendo energia a basso costo, la questione dei gasdotti è sempre stata una sua merce di scambio. Ma chiunque dei colossi internazionali, dalle multinazionali agli amministratori di USA e Cina, farebbe carte false per parlare solo con noi faccia a faccia, infinitamente piccoli rispetto a loro, senza Tedeschi e Francesi, senza 250 milioni di persone a spalleggiarci.
L’integrazione nell’Unione Europea e l’adozione dell’Euro è una scelta quindi fondamentale per l’Italia che va confermata, con un ruolo sempre crescente per determinare politiche economiche espansive, politiche sociali improntate ad uno stato sociale sempre più inclusivo e solidale, a responsabilità condivise più accentuate sulle politiche migratorie.
Si, non abbiamo ancora considerato il cavallo di battaglia della campagna elettorale di partiti come la Lega: l’invasione dell’Italia da parte di orde di migranti. Uscendo dall’Unione Europea, i migranti continuerebbero ad arrivare, ma non potrebbero proseguire nei vari stati dell’Unione Europea che adesso scelgono prevalentemente, si fermerebbero in Italia e non potremmo intavolare trattative per risolvere il problema. Già ora Austria e Francia chiudono le frontiere. Figuriamoci se non sedessimo neppure allo stesso tavolo.
Forse per tutto questo il Presidente Mattarella ha posto il veto a Paolo Savona, “il professore anti-euro”, quale Ministro delle Finanze. E’ nota la sua posizione nei confronti della moneta unica e, in generale, dell’Unione Europea. Tra i critici più radicali dell’architettura delle attuali regole europee aveva esposto il cosiddetto “piano B” che riguardava la pianificazione dell’uscita del nostro Paese dall’eurozona, con abbandono in segretezza e in pochi giorni della moneta unica.
Forse il Presidente Mattarella ha potuto farlo grazie al mandato che la Costituzione italiana gli concede. Ma visto che tutti sui Social-Network parlano di Costituzione, sarebbe bene sottolineare alcuni passi che sfuggono ai molti. La “sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione” (art.1). La stessa prevede che i Governi non siano eletti dal popolo ma in seno a maggioranze create in Parlamento sulla base all’incarico di costruire una squadra di Governo su cui il Presidente della Repubblica ha l’ultima parola.
Il Presidente Mattarella ha inoltre esercitato l’art. 92 della Costituzione, che definisce i ruoli del Presidente del Consiglio dei Ministri (che propone la lista dei Ministri) e del Presidente della Repubblica (che li nomina), delineando un concorso fra le due figure istituzionali in cui nessuno è il notaio dell’altro: nella distinzione dei ruoli, due volontà libere e autonome concorrono a costituire il Governo.
Questo sistema è stato realizzato dai padri costituenti per impedire derive dittatoriali, come avvenuto con il fascismo. Tutte le istituzioni hanno il dovere di garantire l’applicazione della legge costituente. Partiti, sindacati, associazioni, cittadini dovrebbero prendere posizione a favore della nostra Costituzione uscendo da un mortificante silenzio. La Costituzione deve essere salvaguardata. Sempre.
Mattarella ha detto no a Savona. Prima di lui, Pertini disse no a Cossiga su Darida alla Difesa (1979), Scalfaro a Berlusconi su Previti alla Giustizia (1994), Ciampi a Berlusconi su Maroni alla Giustizia (2001), Napolitano a Renzi su Gratteri alla Giustizia (2014).
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