Balene e cancro

white and black shark in water

Ogni specie animale ha un suo corredo genetico che stabilisce la durata della vita, ma i parametri da prendere in considerazione sono molti e diversificati.

Prima di tutto dobbiamo valutare la velocità del metabolismo. Più questo è veloce meno lunga è la vita. Possiamo fare un paragone con il motore di un’automobile, se la usiamo spingendola sempre fuori giri il motore si deteriora prima.

Più grandi sono gli animali di una specie più il metabolismo è lento. Questo aspetto lo si rileva subito con l’analisi del battito cardiaco. Un elefante ha una frequenza cardiaca di 40 battiti al minuto, un cane di 120 e un coniglio di 200, il cuore della balena batte 8 volte al minuto.

Avere un metabolismo lento produce meno elementi di scarto che in genere sono tossici. Permette un ridotto consumo di ossigeno, determinante per la vita ma dannoso per il DNA a causa dello stress ossidativo. Anche se negli animali giganti il numero di cellule è maggiore rispetto agli altri il numero di replicazioni cellulari è minore e quindi anche la probabilità di trasformazione neoplastica si riduce. La lentezza metabolica infatti permette di avere maggior tempo per riparare gli eventuali danni genetici ricevuti.

Il secondo parametro da prendere in considerazione è il genoma. Innanzitutto dobbiamo contare il numero dei telomeri presenti nelle specie. Queste sono piccole porzioni di Dna che si trovano alla fine di ogni cromosoma e determinano la durata della vita di ciascuna cellula.  Servono principalmente alla correzione del DNA e si riducono progressivamente nell’invecchiamento. Più telomeri ha una cellula più è in grado di replicarsi sana e quindi far vivere meglio l’individuo che la possiede.

Poi ci sono i geni che predispongono al tumore ed altri che bloccano le cellule che stanno per diventare cancerose. L’equilibrio fra questi determina lo stato di salute. Mammiferi piccoli come topi o ratti, hanno una probabilità di sviluppare un tumore da 3 a 10 volte maggiore rispetto agli uomini e ai grossi mammiferi perché hanno meno geni oncosoppressori e più oncogeni.

I ricercatori hanno scoperto che gli elefanti possiedono un gene oncosopressore chiamato tp53 che codifica per la proteina p53 che a sua volta protegge l’organismo dal cancro. Questa funziona 20 volte meglio nei grandi animali rispetto all’uomo e 200 volte meglio rispetto ai topi.

Anche i cetacei hanno sviluppato un numero di oncosoppressori molto  maggiore rispetto agli altri mammiferi. Un nuovo studio sulla longevità della balena artica pubblicato su “bioRxiv” identifica una forte espressione in questi cetacei del gene CDKN2C, un regolatore della crescita cellulare che agisce  riducendo contemporaneamente spermatogenesi e tumorgenesi. Grazie a questo alcune specie superano i 200 anni di vita senza ammalarsi mai di cancro. Ma il prezzo da pagare per tale protezione è la riduzione della fertilità.

Molti geni che predispongono ad una maggiore prole sono infatti anche gli stessi che predispongono ad ammalarsi di cancro. Viceversa i geni che ci proteggono da questa malattia sono anche responsabili di una ridotta fertilità. Il processo evolutivo ha creato un sistema perfettamente bilanciato fra proliferazione e durata della vita in modo da preservare un corretto equilibrio nel numero dei singoli individui all’interno delle specie.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi