Editing epigenetico

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Le ricerche scientifiche si stanno sempre più concentrando sulla possibilità di modificare il nostro DNA. In questi ultimi anni si è parlato molto della tecnica CRISPR/Cas9 (crisper). Questa utilizza una “forbice” molecolare in grado di tagliare e sostituire pezzi di DNA difettosi che sono alla base di patologie genetiche.

La tecnica è stata da poco approvata sull’uomo per il trattamento dell’anemia falciforme e della beta-talassemia e recentemente è stata sperimentata in un’altra malattia genetica: l’angioedema ereditario. Lo studio è stato pubblicato i primi di febbraio sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine ed ha evidenziato i risultati ottenuti su 10 pazienti: un singolo trattamento ha permesso a quasi tutti i soggetti di tornare a una vita normale.

Ma questa tecnologia non è l’unica arma che abbiamo per modificare l’espressione del nostro DNA. Un’altra ricerca, appena pubblicata, evidenzia come anche l’editing epigenetico possa modulare il livello di attivazione di un gene senza però modificarne la struttura molecolare come fa l’editing genetico crisper.

L’epigenetica è quella scienza che studia l’espressione o meno dei geni del nostro DNA. Questi infatti non sono tutti espressi, alcuni di essi, in determinate circostanze, vengono “chiusi” per renderli illeggibili o “aperti” per renderli leggibili. A fare questo sono alcuni enzimi chiamati DNA-metil-transferasi che appongono o tolgono gruppi metile sopra le basi azotate del DNA. Il codice genetico dove c’è apposto un gruppo metile non può essere letto e quindi non viene espresso. È questa la maniera con cui le cellule si specializzano in una particolare funzione d’organo o aggiustano le proprie capacità a seconda dell’ambiente in cui l’organismo si trova.

La ricerca in questione è stata condotta al San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (TIGET) di Milano, è stata pubblicata il 28 febbraio scorso sulla rivista Nature e presenta la prima prova dell’efficacia dello spegnimento di un gene in vivo senza modificarlo. 

I ricercatori hanno sviluppato alcune proteine denominate “dito di zinco” in grado di legarsi a sequenze di DNA e quindi capaci di impedirne la lettura. In particolare con questa tecnica è stato spento in cavie il gene PCSK9, responsabile dell’ipercolesterolemia. Nell’uomo questa condizione porta ad un elevato rischio di contrarre gravi malattie cardio e cerebro-vascolari anche in giovane età. 

Successivamente è stata realizzata una formulazione “farmaceutica” adatta alla somministrazione: la proteina è stata inserita in nanoparticelle lipidiche, analoghe a quelle utilizzate per i vaccini anti-Covid a base di mRNA. Quindi il prodotto è stato iniettato in cavie murine. I risultati hanno confermato che grazie a questa tecnologia il gene PCSK9 viene spento in modo stabile e a lungo termine.

Questo risultato apre molte prospettive. Potrebbero essere sviluppati farmaci basati sul silenziamento epigenetico per l’ipercolesterolemia umana, sia familiare che acquisita. Ma non solo, molte altre patologie potrebbero essere trattate senza dover intervenire con la tecnologia Crisper che porta a mutazioni genetiche permanenti potenzialmente trasmissibili. L’editing epigenetico a differenza di quello genetico è infatti sicuramente meno invasivo e volendo anche reversibile.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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