Il linguaggio per raccontare la situazione a Gaza

Secondo l’Articolo II della Convenzione per la Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio del 1948 adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per genocidio (‘geno’, dal greco razza o tribù, e ‘cidio’, dal latino uccidere) “si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

(a) uccisione di membri del gruppo;
(b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;
(c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale;
(d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;
(e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro”. 

Dall’8 ottobre, giorno successivo all’attacco sferrato da Hamas nella Striscia di Gaza, si sta perpetrando un vero e proprio genocidio da parte dell’esercito israeliano (IDF). Sì, genocidio. Una parola che solo il rapper italiano Ghali è riuscito a pronunciare apertamente al Festival di Sanremo, subendo poi diverse critiche e trasformando quello <<Stop al genocidio!>> in un caso politico. Ma una parola del genere da parte delle testate giornalistiche occidentali e anche del governo italiano è totalmente censurata, e una chiara e netta posizione su chi veramente è il criminale in questa situazione è quasi del tutto inesistente. 

È così difficile parlare di sterminio, di strage, di massacro, di annientamento, di carneficina, di tragedia umanitaria, di catastrofe, di orrore, di genocidio di palestinesi innocenti da parte di israeliani? Di uccisioni e non semplicemente di ‘morti’? Parlare di ‘guerra’ è improprio. Per definizione, la guerra è un “conflitto aperto e dichiarato fra due o più stati, o in genere fra gruppi organizzati, etnici, sociali, religiosi, ecc., nella sua forma estrema e cruenta, quando cioè si sia fatto ricorso alle armi” (Vocabolario Treccani). Quindi la guerra si fa in due, in questo caso si tratta più di massacro. 

È dunque così difficile ammettere che è l’esercito israeliano che sgancia bombe dal cielo, colpisce edifici (case, scuole e università), ospedali e strutture sanitarie-umanitarie ed ammazza civili, di cui tantissimi bambini, donne e anziani? Le bombe non si auto-lanciano, i missili e i razzi non si auto-sganciano, i proiettili non si auto-sparano… i palestinesi non si auto-ammazzano. Evidentemente è difficile ammettere che è Israele il responsabile di una delle più gravi tragedie e disastri della storia! Hamas ha massacrato 1.139 israeliani il 7 ottobre 2023. Dall’8 ottobre, più di 35 mila palestinesi sono stati sterminati, di cui poco meno della metà sono bambini. Le testate libere ed indipendenti, grazie anche agli inviati sul campo, trasmettono quotidianamente, anche in diretta, sui social i fatti che avvengono nella Striscia di Gaza. C’è palese oggettività di ciò che sta accendo e chiunque può immediatamente informarsi, eppure manca una reale e neutrale proprietà di linguaggio da parte del giornalismo e del governo italiani e una sincera presa di posizione da parte dell’Occidente, miope e non sufficientemente curante degli ultimi sette mesi e mezzo trascorsi nella Striscia. C’è ancora troppo silenzio, assordante, da parte degli organi di informazione e dei governi occidentali, italiano in primis, che perde di credibilità ed onestà intellettuale. Per fortuna oltre ai giornali, ai telegiornali, alle radio e alle posizioni del governo, il mondo del web spiaccica tutti i giorni la cruda e nuda verità, che riscuote una forte risonanza mediatica. 

Un approccio comunicativo più veritiero e deciso, quindi pro Palestina, da parte dell’Italia e dell’Occidente nel suo insieme, giocherebbe sicuramente un ruolo importante sull’andamento dell’eccidio. Si tratta di una vera e propria pulizia etnica, da parte di colonizzatori che occupano illegalmente un territorio, compiendo crimini di guerra e contro l’umanità, come di recente ha accusato la Corte Penale Internazionale dell’Aia. Se non prendiamo una netta posizione e non dialoghiamo ed informiamo il pubblico con le terminologie più appropriate, dobbiamo sentirci anche noi in parte responsabili dell’assassinio di migliaia di palestinesi indifesi ed innocenti. 

Lucia Valentini

Lucia Valentini è neolaureata in Comunicazione giornalistica, pubblica e d’impresa (laurea magistrale, Università di Bologna), Comunicazione e Giornalismo (master, Università Pegaso) e Scienze Internazionali e Diplomatiche (laurea triennale, Università di Bologna). Interessata alle questioni geo-sociali e politiche dei PVS e del Medio Oriente, ha partecipato all’International Summer School “Social-Political Conflicts of Modern Society” presso la Saint Petersburg Mining University (08/2019). Incuriosita dalle religioni e dalle criticità dei paesi in guerra, ha frequentato i corsi “Hinduism Through its Scriptures” (HarvardX, 04/2020) e “Terrorism and Counterterrorism” (GeorgetownX, 02/2022). Inoltre, grande passione per la lingua inglese e con qualche conoscenza della lingua russa e hindi. 

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