Ottomilaottocento maiali per volare
Venerdì 16 giugno 2023, La Ragione
I biocarburanti sono combustibili ottenuti da fonti rinnovabili, quindi da materiali organici di esseri viventi. In genere vengono utilizzati oli vegetali e grassi animali, ma la fonte vegetale non può sostenere da sola la richiesta. Il nostro pianeta non ha tutto questo spazio coltivabile a disposizione e se si procedesse in questa direzione i danni ambientali sarebbero notevoli: monocoltivazioni, erosione del suolo, deforestazione, scarsità della produzione alimentare. Gia oggi in Europa il 58% dell’olio di colza, il 50% di quello di palma, il 32% dell’olio di soia e il 9% di quello di girasole vengono utilizzati per ottenere biocarburante. Per questo motivo le Nazioni Unite esprimono seria preoccupazione e prevedono che la richiesta energetica porterà 200 milioni di persone ad affrontare una grave crisi alimentare a causa dei prezzi che schizzeranno alle stelle.
Un ulteriore fonte potrebbero essere gli oli che sono stati usati nel settore della ristorazione, chiamati in gergo oli esausti. Lo scorso anno i ricercatori del Cnr di Catania hanno messo a punto un procedimento per trasformare questi residui in carburanti privi di scorie. Soltanto in Italia la produzione di oli esausti è di 340mila tonnellate all’anno: potrebbero quindi essere una fonte non indifferente di biodiesel. Inoltre il riciclo degli oli esausti consentirebbe anche di ridurre l’inquinamento provocato da questo prodotto. L’Italia è all’avanguardia nel processo di recupero, che però risulta ancora complesso e richiede il rispetto di una normativa dettagliata.
Le fonti da cui ottenere biocarburanti possono essere anche animali: lo chiarisce il nuovo report appena pubblicato dalla European Federation for Transport and Environment (T&E), un’organizzazione indipendente no-profit con sede a Bruxelles. L’uso di biodiesel a base di grassi animali è raddoppiato negli ultimi dieci anni ed è aumentato di 40 volte rispetto al 2006. Vengono utilizzati grassi, carcasse e tessuti non adatti al consumo umano. Per la produzione di biocarburante la legislazione prevede l’impiego di scarti animali di categoria 1 (animali abbattuti perché infetti) o di categoria 2 (morti per cause diverse dalla macellazione). I sottoprodotti di categoria 3 (scarto della lavorazione di animali sani) sono invece destinati all’industria dei mangimi per animali, alla cosmetica e alla produzione di fertilizzanti. Sempre secondo questo report c’è il rischio concreto che la richiesta di carburante faccia incrementare l’industria della carne e quindi gli allevamenti intensivi, che a loro volta sono considerati produttori dei gas serra responsabili della crisi climatica. Ma potrebbe anche avvenire che tutte le categorie dei grassi animali vengano parificate a “fonte energetica rinnovabile”. Questo metterebbe in crisi tutte le altre industrie che utilizzano come materia prima i grassi di categoria 3.
E vero che, se paragonato al gasolio petrolifero, il biodiesel presenta alcuni vantaggi: assenza di zolfo, meno polveri sottili, monossido di carbonio e idrocarburi aromatici. Ma non potrà mai essere veramente sostenibile se dovrà soddisfare la richiesta di tutti i motori a combustione. Oggi per fare un volo da Parigi a New York grazie ai soli biocarburanti servirebbero 8.800 maiali o il raccolto annuale di 1.400 ettari di terreno coltivato a soia.