Embrioni sintetici 

La frontiera scientifica e quella etica

Venerdì 30 giugno 2023, La Ragione 

Dopo circa 36 ore dall’arrivo dello spermatozoo (e quindi dalla fecondazione) l’ovulo umano si divide in due cellule, dopo 60 ore in quattro, dopo tre giorni in otto e così via, formando pian piano i tessuti dell’embrione che diventerà feto e poi, a termine della gravidanza, neonato. Queste cellule primordiali che realizzano “l’abbozzo della vita” si chiamano staminali embrionali totipotenti. Sono cellule non specializzate, diverse da tutti i tipi di cellule esistenti. Hanno un alto potenziale proliferativo e di differenziazione, sono le uniche capaci di formare la placenta e un organismo completo. Una volta formati i differenti tessuti fetali scompaiono.

È di pochi giorni fa la notizia che gli scienziati dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology hanno ottenuto embrioni umani a partire da cellule staminali, ma non quelle embrionali. Il lavoro è stato presentato al meeting annuale dell’International Society for Stem Cell Research a Boston. I ricercatori hanno generato una ‘vita’ senza usare cellule uovo fecondate, ma nemmeno staminali totipotenti derivate da un embrione appena fecondato. Nella sperimentazione è stato utilizzato un altro tipo di staminali. L’organismo contiene infatti questa tipologia di cellule anche nella fase adulta. Queste si chiamano cellule staminali multipotenti. Sono meno capaci di trasformazione rispetto alle staminali embrionali. non possono generare un organismo completo ma permettono la produzione dei globuli rossi e dei globuli bianchi o la rigenerazione dell’epidermide e degli altri tessuti nel processo di riparazione. In particolare, nella sperimentazione in questione, sono state utilizzate cellule staminali pluripotenti indotte (iPsc). Queste vengono ottenute attraverso la riprogrammazione genetica delle cellule staminali multipotenti adulte per farle diventare simili alle staminali embrionali totipotenti. Gli embrioni umani cosi generati originano quindi da cellule non fecondate e vengono chiamati “sintetici”. Sembra però che questi non riescano a svilupparsi in feti sani. Una volta impiantati nell’utero, quelli ottenuti con la stessa tecnica da cellule di topo e da quelle di scimmia non hanno infatti dato origine ad animali vivi al termine della gravidanza.

Queste sperimentazioni potrebbero però essere molto utili per lo sviluppo della ricerca scientifica. Le iPsc e gli embrioni ‘sintetici’ possono infatti essere prodotti in grandi quantità. Cosa non possibile con gli embrioni residui (non impiantati in utero) nei percorsi delle fecondazioni in vitro. Sono considerati “eticamente neutri” perché la loro estrazione non comporta la distruzione di un embrione che origina da una cellula uovo umana fecondata. Non sono ancora regolamentati da una comice legislativa: per il momento è quindi possibile farli sviluppare anche oltre i 14 giorni, limite imposto dalla legislazione vigente per le sperimentazioni sugli embrioni umani. Inoltre alcuni Stati, come quello italiano, prevedono numerose limitazioni nell’utilizzo degli embrioni umani per la ricerca scientifica. Questo comporta un limite negli studi verso le malattie rare ereditarie e per comprendere la fisiologia di molte malattie tumorali nelle quali il comportamento delle cellule è molto simile alle staminali embrionali.

Queste sperimentazioni potrebbero essere quindi molto utili per gli scienziati ma è importante sottolineare che difficilmente tutto questo non sarà oggetto di dibattito etico. Dobbiamo quindi aspettarci ulteriori studi e regolamentazioni per l’utilizzo delle iPsc e degli embrioni sintetici.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi