Illuminando il bersaglio

Contrastare il cancro sapendo cosa e dove colpire

Sabato 21 ottobre 2023, La Ragione

Negli ultimi anni la terapia contro il cancro ha fatto passi da gigante garantendo nuove e concrete speranze. Grazie all’immunoterapia pazienti con melanoma o neoplasie polmonari e intestinali hanno aspettative di vita molto ampie. Il 50% risponde al farmaco e raddoppia la sopravvivenza, superando spesso i cinque anni dalla diagnosi. Una situazione impensabile sino al 2015, quando queste neoplasie non lasciavano scampo.
L’immunoterapia consiste nel potenziare la risposta del sistema immunitario contro il cancro. I Natural Killer (Nk), particolari globuli bianchi, vengono indirizzati con precisione verso le cellule neoplastiche da distruggere. Per ottenere questo risultato vengono infusi nel paziente anticorpi monoclonali realizzati appositamente in laboratorio per aggredire le cellule malate. Gli anticorpi si legano all’antigene di superficie cellulare e segnalano alle cellule Nk che quello è un obiettivo da distruggere. Possiamo paragonare questa tecnologia a quella dei missili a guida laser utilizzati nei conflitti moderi. Ora si sta cercando di potenziare l’immunoterapia rendendo le cellule neoplastiche maggiormente visibili, in modo da essere raggiunte più facilmente dagli anticorpi monoclonali. Un team internazionale di scienziati coordinati dall’Università svedese di Lund è riuscito in questo intento. La ricerca in questione è stata pubblicata un paio di mesi fa su “Science Immunology”.

Le cellule tumorali sono meno visibili di quelle sane perché riescono a ridurre gli antigeni di superficie, quelle “bandierine” che permettono agli anticorpi e ai globuli bianchi di individuarle. Per fare in modo che queste esprimano maggiormente gli antigeni, nello studio in questione sono state obbligate a diventare simili alle Apc (Antigen-Presenting Cell). Le Apc sono globuli bianchi particolari che amplificano gli antigeni di superficie delle cellule malate. Quando le trovano ne assimilano gli antigeni, li fanno propri e li esprimono sulla loro superficie cellulare.Viaggiando poi nell’organismo, li presentano a più possibili Nk o linfociti T e B
che così vengono attivati contro di essi e quindi contro la cellula cancerosa da cui questi antigeni derivano.
Le cellule tumorali trasformate, che hanno assunto la capacità di presentare l’antigene al sistema immunitario (come fanno le Ape), sono state chiamate Tumor Apes. Queste cellule sono quindi diventate più visibili, ma oltre ad acquisire una migliore presentazione dell’antigene le Apes tumorali hanno ridotto la loro aggressività, sia in vitro sia in vivo. In sintesi la procedura eseguita è stata questa: sono state prelevate le cellule di melanoma da topi malati, tramite procedure di ingegneria genetica sono state riprogrammate in laboratorio per diventare Apes e poi sono state reinserite nell’organismo. Quando i ricercatori hanno eseguito tutta la procedura si sono osservati una consistente riduzione della massa neoplastica e un aumento della sopravvivenza, anche grazie alla migliore efficacia dell’immunoterapia somministrata.

Questa tecnologia sembra molto promettente e potrebbe essere un’arma ulteriore, soprattutto quando saremo in grado di riprogrammare le cellule neoplastiche non soltanto in vitro ma in sito, cioè non in laboratorio ma direttamente nell’organismo vivente. Per raggiungere questo risultato serviranno però molte altre ricerche, per capire sia l’effettiva efficacia e tossicità sull’essere umano ma soprattutto se questa tecnologia sia realizzabile su larga scala.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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