Addestrare i killer 

Una via italiana contro le leucemie

Sabato 28 ottobre 2023, La Ragione 

I malati di patologie oncoematologiche – quali leucemie, linfomi e mieloma – possono da tempo beneficiare di cure efficaci grazie alla chemioterapia e al trapianto di midollo (infusione di cellule staminali ematopoietiche da donatore). A queste cure si sono aggiunte nel tempo terapie come l’utilizzo delle Car-T, che hanno permesso una seconda opportunità in pazienti con linfomi o con leucemie linfoblastiche che sono ricaduti dopo una o più terapie convenzionali. Questa tecnologia prevede il prelievo, dal paziente malato, di alcune cellule del sistema immunitario per modificarle in laboratorio tramite ingegneria genetica. I linfociti T, specifici per il controllo dei tumori, vengono quindi prelevati e selezionati tramite l’aferesi, una tecnica di separazione delle varie componenti del sangue. Successivamente questi vengono ‘ingegnerizzati’ introducendo, tramite un vettore virale, il recettore Car (Chimeric Antigen Receptor) capace di riconoscere meglio le cellule tumorali. Le cellule Car-T cosi ottenute vengono reinfuse nel paziente per aggredire l’antigene Cd19 presente nelle cellule neoplastiche linfoidi.

Questa particolare terapia è stata recentemente perfezionata in uno studio realizzato dalla Fondazione Tettamanti di Monza e dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. I risultati sono consistenti: c’è stata una remissione completa della leucemia linfoblastica acuta B nel 60% dei casi su 27 pazienti (23 adulti e 4 bambini). Lo studio ha utilizzato però cellule denominate Car-Cik che rappresentano un’evoluzione delle cellule Car-T. A differenza di quanto accade nella terapia Car-T standard, le Car-Cik sono linfociti Natural Killer (l’acronimo Cik sta per Cytokine-Induced Killer) ricavati dal sangue di un donatore anche parzialmente compatibile, per esempio da un familiare. L’utilizzo dei linfociti Nk e non dei linfociti T generici è rilevante perché questi hanno una migliore propensione ad attaccare le cellule tumorali, in particolare quelle leucemiche.
Il processo di produzione delle Car-Cik è inoltre più semplice e meno costoso delle Car-T perché non richiede la selezione del linfociti sani con l’aferesi (visto che questi provengono da un donatore esterno) e non vengono utilizzati vettori virali. La modifica genetica necessaria a introdurre il recettore Car – e quindi a rendere le cellule più aggressive verso i tumori – avviene tramite i trasposoni, sequenze di Dna che vengono inserite nelle cellule Nk e che hanno la capacità innata di integrarsi nel Dna nucleare grazie a un enzima specifico chiamato trasposasi.

I risultati di quest’ultima ricerca sono stati presentati il 23 ottobre scorso a Milano al convegno “Bioskills, terapie avanzate: ricerca, innovazione e risultati clinici”. A differenza delle Car-T, la sperimentazione delle Car-Cik è stata caratterizzata da un bassa tossicità sia neurologica sia in termini di “sindrome da rilascio di citochine” (Crs). Ma soprattutto nessun paziente ha presentato segni di rigetto contro l’ospite (Graft Ver-sus Host Disease), evento che spesso avviene nei trapianti di cellule staminali da donatore. Per questo motivo sembra possibile usare in sicurezza alte dosi di Nk modificati per un maggiore effetto terapeutico. Nella sperimentazione in oggetto chi ha ricevuto dosi di Car-Cik più elevate ha ottenuto una maggiore percentuale di remissione. Inoltre le cellule infuse sono rimaste misurabili nel sangue periferico per molti mesi, indicando che queste possono esercitare un controllo della malattia prolungato nel tempo.
Questo risultato è un ulteriore dimostrazione dell’efficacia dell’ immunoterapia nel trattamento delle malattie oncologiche. Che sia con l’utilizzo di specifici anticorpi monoclonali o, come in questo caso, con l’ingegnerizzazione di cellule immunitarie sembra che questa sia la strada giusta per sconfiggere il cancro. 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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