Il terrorismo nel Sahel: l’ISGS

Il Sahel, cintura nordafricana estesa dal Mar Rosso all’Oceano Atlantico e confinante con il deserto del Sahara a nord e la savana sudanese a sud, racchiude (da ovest ad est) la Mauritania, il Senegal, la Gambia, il Mali, il Burkina Faso, l’Algeria, il Niger, la Nigeria, il Camerun, il Ciad, il Sudan e l’Eritrea. Nel nord del Mali è da 10 anni che si sta combattendo una guerra decisamente troppo silenziosa, fuori dal raggio degli interessi internazionali. Un conflitto che dal 2012 sta causando centinaia e centinaia di morti, sfollati, caos ed instabilità e mette in subbuglio tutto il Sahel centro-occidentale, soprattutto perché le insurrezioni jihadiste prendono sempre più piede. 

A contrapporsi al governo – rappresentato dall’esercito maliano e dall’ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) – sono coloro che vogliono l’indipendenza dell’Azawad 1, ovvero i ribelli capeggiati dal MLNA (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad) – separatista, etnicamente tuareg – e dagli islamisti, gruppi radicali-fondamentalisti islamici molti dei cui combattenti provengono dalla Libia, dove combatterono la guerra civile libica a fianco di Gheddafi fino al 2011. Sono rappresentati da MUJAO (Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa Occidentale), AQMI (Al-Qaeda nel Maghreb Islamico) e Ansar Dine (“Ausiliari della religione islamica”). Ma non solo: il Sahel – le zone del Mali, Niger e Burkina Faso in particolare – è soggiogato dall’ISGS. 

L’ISGS (Islamic State in the Greater Sahara) è lo Stato Islamico nel Grande Sahara, un’organizzazione sunnita, salafita-wahhabita 2, estremista-jihadista, ramo locale dello Stato Islamico 3, indipendente da un punto di vista operativo dall’ISWAP (Islamic State West Africa Province), che agisce per instaurare un califfato nel Sahel. È guidato da Adnan Abu Walid al-Sahrawi, che nel 2015 giurò fedeltà all’ISIS, riconosciutagliela nel 2016. Già prima apparteneva a due gruppi terroristici: nel 2012 a MUJAO e poi ad al-Mourabitoun (gruppo affiliato ad Al-Qaeda). Siccome il leader di quest’ultimo non approvò l’appartenenza di al-Sahrawi all’ISIS, al-Sahrawi abbandonò il gruppo al-Mourabitoun e creò l’ISGS. 

Il primo attacco terroristico dell’ISGS fu scagliato nel settembre 2016 in Burkina Faso; il mese successivo colpì inoltre un complesso carcerario nigeriano, per cercare di liberare i militanti di Boko Haram e di AQMI. L’ISGS venne riconosciuto formalmente dallo Stato Islamico solamente nell’aprile 2019, quando in un video al-Baghdadi lodò al-Sahrawi e garantì il supporto all’organizzazione. È da questo momento che l’ISGS inizierà ad espandere i suoi attacchi: le aree geografiche di conflitto vengono estese al Mali, Burkina Faso e Niger. Nel corso del 2017 e del 2019 4 vennero sferrati diversi attacchi in Niger, a causa dei quali parecchi soldati nigeriani e statunitensi vennero uccisi; durante il 2019-2020, ben 18 offensive e più di 400 militari annientati. In generale, si scagliano contro chi considerano kafir (nemico) 5, ovvero le istituzioni statali e religiose sahariane e i loro rappresentanti, le forze militari statali locali ed internazionali (soldati americani, nigeriani, maliani e burkinabé), altri gruppi armati (come il MSA (Movimento per la Salvezza dell’Azawad) e il GATIA (Gruppo di Autodifesa Tuareg Imghad e Alleati)), i civili e le comunità locali e, in forma più estesa, contro tutti coloro che li ostacolano nel raggiungimento del loro obiettivo. Nei loro confronti scagliano la peggior violenza, disumana ed incondizionata, fatta di stupri, torture, mutilazioni ed uccisioni. È quello che poi specifica l’ideologia dello Stato Islamico: aggressività illimitata per causare un numero indefinito di morti e diffusione di terrore psicologico, angoscia e stress, tramite il jihad – inteso come guerra santa armata e non come sforzo morale sulla via di Dio; interpretazione ed applicazione della Sharia (legge islamica) in modo estremamente rigido e conservatore; obbligo per le donne di indossare l’hijab (velo islamico) in pubblico; iconoclastia verso qualsiasi forma di culto non rivolta ad Allah (ad esempio, distruzione di tombe tradizionali Sufi, di scuole ed ospedali). 

L’ISGS ottiene supporto perché colma un vuoto di governance; interviene dove c’è un lack su cui fare presa. Difatti il governo maliano è debole, non in grado di governare e carente d servizi per il pubblico: non c’è un sistema di welfare state e la popolazione non ha accesso ai servizi di base; per questo è sfiduciata dallo Stato e ripone le sue ultime speranze in chi una speranza apparentemente cerca di offrire. L’ISGS rappresenta un’alternativa agli stati del Sahel, offrendo servizi di governance e di assistenza sociale: distribuisce cibo e medicine, protegge i civili dagli abusi delle forze dell’ordine statali, eroga terreni da coltivare ed offre denaro per chi combatte per l’ISGS 6. Così facendo, riesce a persuadere ed influenzare le idee, le decisioni e i comportamenti della popolazione, al fin di ampliare la rete e la forza del gruppo, reclutando nuovi membri, soprattutto nuove milizie locali nigeriane. Ha anche arruolato combattenti di Ansarul Islam (“Difensori dell’Islam”), il primo gruppo islamista terrorista del Burkina Faso, rafforzando perciò la propria presenza nel territorio. 

Lo Stato Islamico non ha più il grande potere che aveva nel 2014 e 2015 in Iraq e Siria (in ascesa nel 2014-2015 e in declino nel 2017-2019), ma continua ad essere presente con affiliati soprattutto in queste zone orientali e anche in quelle africane. Sebbene quindi sia da anni in crisi, ha un network globale di miliziani sparpagliato in tutto il mondo; esempio sono le province in Africa, soprattutto nel Sahel, che sono in continua espansione. Rappresentano tutt’oggi una grande minaccia perché sono ancora ben attive ed efficaci; sferrano attacchi in diverse parti del globo, causando morti, squilibri e tensioni geopolitiche. L’ISGS sta continuando a crescere, a controllare il territorio sahariano e a seminare terrore. Molti cercano di scappare da questo terrore. La via di fuga non è affatto facile sia in loco sia ai confini sia nei paesi ospitanti. I profughi che migrano in cerca di salvezza sono tantissimi e questo genera una forte instabilità locale ed internazionale, crisi umanitarie, politiche e di sicurezza davvero preoccupanti. In Sahel, “la situazione umanitaria è catastrofica, i rifugiati in Burkina Faso, Mali e Niger sono 410 mila e gli attacchi dei gruppi armati nel corso del 2021 sono stati ben 800 in tutta l’area” (Repubblica, 11/03/2022). Gli stati saheliani devono necessariamente riformare la propria governance per proteggere e venire incontro alle richieste dei civili se vogliono che questi li sostengano e sconfiggere il tumulto jihadista. Per limitare l’operato dell’ISGS e delle altre milizie terroristiche e lavorare per sconfiggerle, gli stati del Sahel e gli organi militari devono attuare valide strategie antiterrorismo ed intervenire e riformarsi per venire incontro alle richieste dei civili, se vogliono che questi li sostengano. 

NOTE

1 L’Azawad è un territorio del Mali, ricco di petrolio, indipendente dal 6/04/2012 al 14/02/2013 – quando intervenne la Francia di Francois Hollande con l’Operazione Serval – per aiuto militare e logistico alle forze del governo maliane. De facto è un territorio amministrato dal MLNA, ma rivendicato dal Mali come appartenente allo Stato. La presenza di idrocarburi e di ricchezze minerarie nel sottosuolo (ferro, rame, cromo, diamanti e giacimenti petroliferi) sono spesso fonte di dissapori tra chi se li vuole accaparrare prima, perché sinonimo di enorme ricchezza. 

2 L’Islàm è suddiviso in tre fazioni principali: Sunnismo, Sciismo e Kharigismo. L’estremismo radicale (salafita-wahhabita) è considerato una deriva del Sunnismo (categoria hanbalita); tuttavia, nel 2016 la Conferenza islamica mondiale a Groznyj (Cecenia) ha dichiarato il Salafismo e il Wahhabismo scuole di pensiero non hanbalite – e quindi non sunnite – ma correnti neo-kharigite. Il termine “wahhabismo” è utilizzato all’interno dell’Arabia Saudita. Uscendo, prende il nome di “salafismo”. Ad oggi, salafismo, wahhabismo, fondamentalismo islamico, islamismo estremista e radicalismo islamico sono termini equivalenti. Questa fazione radicale, ortodossa ed ultra conservatrice è sempre stata respinta dal mondo musulmano sin dalla sua nascita nel XVIII secolo. 

3 Lo Stato Islamico (Islamic State) è il nome adottato dall’ISIS nel 2014, quando nacque il Califfato con Abu Bakr al-Baghdadi. 

4 Il 2019 fu anche l’anno in cui i militari statunitensi, guidati dalla presidenza Trump, uccisero il leader dello Stato Islamico Abu Bakr al-Baghdadi.

5 Vige la dicotomia “Noi” (fedeli, sacri, leali, giusti e degni) VS “Loro” (apostati, eretici, empi, ingiusti ed ipocriti).

6 Anche lo Stato Islamico compie iniziative di welfare: offre posti di lavoro, stipendia i combattenti, rende l’educazione universale e distribuisce acqua, cibo, medicinali, elettricità e carburante.

Lucia Valentini

Lucia Valentini è neolaureata in Comunicazione giornalistica, pubblica e d’impresa (laurea magistrale, Università di Bologna), Comunicazione e Giornalismo (master, Università Pegaso) e Scienze Internazionali e Diplomatiche (laurea triennale, Università di Bologna). Interessata alle questioni geo-sociali e politiche dei PVS e del Medio Oriente, ha partecipato all’International Summer School “Social-Political Conflicts of Modern Society” presso la Saint Petersburg Mining University (08/2019). Incuriosita dalle religioni e dalle criticità dei paesi in guerra, ha frequentato i corsi “Hinduism Through its Scriptures” (HarvardX, 04/2020) e “Terrorism and Counterterrorism” (GeorgetownX, 02/2022). Inoltre, grande passione per la lingua inglese e con qualche conoscenza della lingua russa e hindi. 

Rispondi