Trump decide di lanciare 59 missili Tomahawk da due portaerei statunitensi al largo del Mediterraneo per colpire la base militare siriana di Al Shayrat. Il motivo è una reazione per la strage di Khan Sheikhoun ad Idlib in Siria in cui martedì scorso sono morte più di 80 persone, fra cui 28 bambini intossicate da armi chimiche ancora da decifrare esattamente. Le intelligence e varie organizzazioni non governative addebitano la responsabilità del massacro al presidente siriano Bashar Al-Assad e le informazioni in possesso specificano che gli aerei che hanno sganciato le armi chimiche sono partiti dalla base di di Al Shayrat.
Nella base militare siriana erano presenti anche forze russe che sembra siano state informate in anticipo dell’attacco. E’ avvenuto quindi regolarmente lo scambio di informazioni secondo le regole di ingaggio che vengono chiamate “deconfliction notice”, avvisi tra forze impegnate su fronti attigui, per evitare incidenti. Ma il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, ha dichiarato che Washington ha “violato la legge internazionale, ha compiuto un atto di aggressione contro uno Stato sovrano”.
L’azione di Trump però sembra sostenuta sia dal popolo americano e anche dalla maggior parte delle forze politiche. Il premier israeliano Netanyahu ha dichiarato: “Messaggio Usa forte e chiaro, siamo con loro”. La premier inglese Theresa May parla di “risposta appropriata”. L’Arabia Saudita con il Ministero degli esteri dichiara che dà il suo “pieno appoggio” all’attacco statunitense. Il vice Primo Ministro turco, Numan Kurtulmus, dichiara che ritiene giusto l’attacco Usa contro la base militare aerea siriana.
Di certo è inaccettabile quello che è successo negli scorsi giorni ad Idlib, come però è inaccettabile quello che sta succedendo in Siria da anni, ma i bambini morti sotto le bombe convenzionali sembrano interessare meno di quelli uccisi dai gas. E’ vero che ad un certo punto di rottura, dopo il superamento della “linea rossa”, per porre fine ai massacri sono invitabili le azioni militari. E’ anche vero che una posizione debole degli USA ha permesso alla Russia di diventare il maggiore attore nel medio oriente. Ma è il caso di capire perchè e cosa stia veramente succedendo in questo momento storico.
Prima di tutto dobbiamo domandarci perchè Assad avrebbe deciso di effettuare un bombardamento chimico violando gli accordi presi nel 2013 e nel giorno in cui a Bruxelles si apriva la Conferenza Internazionale sul futuro della Siria e dopo aver il sostegno incondizionato della Russia e aver incassato dall’Amministrazione Trump la conferma che la sua rimozione non era più priorità degli USA. Il vescovo caldeo Antoine Audo di Aleppo ha dichiarato: “in base alle nostre esperienze, non riesco proprio a immaginare che il governo siriano sia così sprovveduto e ignorante da poter fare degli errori così madornali”.
Una lettura potrebbe essere quella in cui Assad fosse stimolato all’utilizzo del gas Sarin sulla popolazione civile per una motivazione geopolitica: difendere l’egemonia della coalizione sciita Iran, Damasco, Russia. Lo sdegno della popolazione occidentale, legata ad alleanze sunnite, ad un intervento che violava le convenzioni internazionali avrebbe allontanato in primis la Turchia. Si quello di escludere la Turchia sunnita dalla coalizione sciita era sicuro una sua priorità. Un’alleanza Turchia-Russia avrebbe permesso di rivendicare il controllo sui territori curdi siriani da parte dei turchi. Ma non solo, fra dieci giorni in Turchia c’è il referendum che permetterebbe un cambiamento costituzionale rilevante. Aumenterebbe la forza del presidente Erdogan trasformando la Turchia in un governo presidenziale e toglierebbe la laicità costituzionale portando la religione islamica sunnita al potere.
Ma torniamo all’azione militare americana e su i motivi che hanno portato a questo. Trump è intervenuto senza aspettare i risultati della commissione d’inchiesa che accerti la natura e l’origine dell’utilizzo delle armi chimiche a Idlib. Ha dato l’ordine di lanciare i missili dalle portaerei americane senza chiedere l’autorizzazione del Congresso, come le leggi approvate dopo l’11 settembre indicano di fare. Per fare un esempio recente Barack Obama nel 2013 fermò all’ultimo minuto un attacco militare contro la Siria – come rappresaglia all’utilizzo di armi chimiche contro la popolazione civile – perchè il Congresso espresse parere negativo.
Ma allora perchè questa azione repentina. Di certo il carattere del presidente americano, poco incline alla riflessione, facilita questi impulsi. Ma il bombardamento in Siria ha alcuni risvolti interessanti per gli USA. Potrebbe essere un’utile occasione per intimorire Iran e Corea del Nord, due competitor nucleari che recentemente hanno provocato la Casa Bianca con loro test missilistici. Un risvolto è anche quello di tentare di ricompattare il partito dei repubblicani di cui Trump aveva perso il sostegno. L’utilizzo dell’esercito americano è poi un incentivo all’economia statunitense. C’è una costante nella storia economica degli Stati Uniti da più di un secolo a questa parte: è la stretta correlazione tra interventi militari e ripresa dell’economia ( si vedano le tabelle dell’ istituto governativo National Bureau of Economic Research). E per ultimo, ma non ultimo, Donald Trump è nell’occhio del ciclone per il Russian Gate, ed è sempre più concreto il rischio di impeachment dopo le autorevoli testimonianze di coinvolgimenti della sua amministrazione in rapporti illeciti con Putin e l’entourage russo che sconfinano in sospetti di tradimento. Chissà, forse bisognava cambiare rotta urgentemente.
Di certo con l’azione militare americana si sono ristabilite le coalizioni internazionali in una guerra strategica mondiale che erano già in atto prima dell’elezione di Donald Trump: la mezzaluna sunnita composta da Qatar, Turchia e Arabia Saudita sostenuta da Stati Uniti e Israele e la mezzaluna sciita composta da Iran, Iraq, Siria di Bashar al-Assad e dal partito libanese Hezbollah sostenuta dalla Russia.
Mentre Trump inizialmente sembrava scardinare l’attuale sistema geopolitico mondiale avvicinandosi alla mezzaluna sciita ora sembra aver cambiato improvvisamente idea. Si, in tutto questo l’elemento destabilizzatore e preoccupante è proprio Donal Trump e il suo veloce, repentino, non ragionato cambio d’idea.
In una diplomazia internazionale, dove il mondo è diviso in due fronti militari contrapposti, che già stanno combattendo una guerra mondiale nella piccola massacrata Siria, è molto rischioso agire esclusivamente secondo improvvisi colpi di testa. Venerdì scorso, i funzionari dell’amministrazione Trump avevano ufficializzato che l’attuale politica americana non considera più una priorità spodestare Assad. Poi la Casa Bianca ha diffuso un comunicato in cui condanna il bombardamento scaricando la responsabilità su Obama colpevole di essere stato debole nel conflitto siriano. Peccato che fu proprio Trump, in campagna elettorale, a invitare ufficialmente l’allora presidente Obama a non attaccare la Siria. Infine ieri Nikki Haley, ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, ha detto: “Quando l’Onu non riesce a portare avanti il dovere di agire collettivamente, ci sono momenti in cui gli Stati sono costretti ad agire per proprio conto” e stamattina è partito l’attacco militare alla Siria. Penso sia difficile che tutto questo, avvenuto in nemmeno di una settimana, sia un percorso strategico e ragionato come invece l’utilizzo di armi, anche nucleari, dovrebbe prevvedere.
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