Umanità calpestata

Valentina Brinis

L’Unione Europea ha avviato la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, rea di aver violato le disposizioni in materia di diritto di asilo. Tra le motivazioni riportate c’è la burocrazia elefantiaca e lenta, ritardi e soprattutto la limitazione dei diritti fondamentali

L’Italia il 24 ottobre 2012 è stata richiamata dalla Commissione Europea (procedura di infrazione n.2012/2189) per aver violato gli obblighi imposti dal diritto dell’Unione e dalle direttive europee, in tema di procedure, accoglienza e qualifiche del diritto di asilo.
Tra le violazioni contestate assumono particolare rilievo la scarsa capacità dei centri per richiedenti asilo e la difficoltà di accesso alle condizioni di accoglienza. In più, viene sottolineata la macchinosità dell’accesso alle procedure per la presentazione della domanda di asilo. Secondo la Commissione, per questi motivi e per questi passaggi, l’accesso ai diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale e ai richiedenti asilo (si pensi, ad esempio, alla sanità pubblica, all’assistenza sociale e all’occupazione) risulterebbe fortemente compromesso.
Questione dirimente appare la tempistica relativa alla procedura di accettazione della domanda di asilo da parte della Questura. La discrezionalità e la macchinosità burocratica impediscono, spesso, anche soltanto di portare a termine la presentazione della domanda. La stessa Questura accetta soltanto un numero stabilito di richieste giornaliere, causando lunghissime file e notevolissimi tempi di attesa nei pochi casi che ottengono un esito positivo.
Le domande, poi, accusano difficoltà dovute all’assenza di un domicilio, considerato erroneamente uno dei requisiti fondamentali per la richiesta e per la formalizzazione della domanda. L’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, recita (a proposito della fase istruttoria della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato): “1.
L’ufficio di polizia di frontiera che riceve la domanda d’asilo prende nota delle generalità fornite dal richiedente asilo, lo invita ad eleggere domicilio e, purché non sussistano motivi ostativi, lo autorizza a recarsi presso la Questura competente per territorio, alla quale trasmette, anche in via informatica, la domanda redatta su moduli prestampati. Ove l’ufficio di polizia di frontiera non sia presente nel luogo di ingresso sul territorio nazionale, si intende per tale l’ufficio la Questura territorialmente competente. Alle operazioni prende parte, ove possibile, un interprete della lingua del richiedente. Nei casi in cui il richiedente è una donna, alle operazioni partecipa personale femminile”. Il domicilio eletto, dunque, non dovrebbe diventare indispensabile ai fini della presentazione della richiesta. Inoltre, non è sufficiente per la Questura che ci sia una dichiarazione di domicilio, ma vengono richiesti anche altri requisiti, quali ad esempio un contratto di affitto o una dichiarazione di ospitalità. A Firenze, qualche mese fa, un richiedente di nazionalità siriana ha presentato la richiesta di protezione internazionale, che non è stata immediatamente formalizzata, ma la persona è stata invitata a ripresentarsi a distanza di un mese con la documentazione che attestava non solo l’alloggio (la cessione di fabbricato) ma anche il reddito. In quel caso si era trattato di un vero e proprio abuso da parte dell’ufficio competente in quella Questura che ha dichiarato di aver confuso la procedura dei richiedenti asilo con quella dei rilasci di altri tipi di permessi di soggiorno. Un errore che non sarà rimasto isolato ma avrà condizionato negativamente anche le richieste di quanti in quel periodo hanno tentato di formalizzare le domande.
Non è questa l’unica difficoltà che i richiedenti asilo riscontranoin Questura. Sempre ai fini di una corretta formalizzazione della domanda, sarebbe opportuno che negli uffici dove si svolge tale procedura fossero sempre presenti mediatori culturali.
Capita spesso che la compilazione del modulo C3 (nel quale vengono inseriti i dati anagrafici e le motivazioni del richiedente asilo) venga ritardata o fortemente condizionata dall’assenza di un interprete. E così in molti casi il richiedente è costretto a chiedere assistenza per la compilazione a qualche associazione od organizzazione esterna.
La Questura dovrebbe, sulla base dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 25/08 indirizzare gli interessati verso il CARA (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) presente in quel territorio affinché sia accertata la loro identità. L’accoglienza è prevista fino all’ottenimento della risposta da parte della Commissione Territoriale competente alla valutazione della domanda. Ma tale eventualità si verifica raramente a causa dell’assenza di posti disponibili nel centro. E quando riescono ad avere accesso a quelle strutture, superano lungamente i tempi di permanenza previsti e consentiti, a causa della lentezza del lavoro delle Commissioni Territoriali.
Per riparare alle criticità qui elencate, e a molte altre, ci vorrebbe una radicale riforma del diritto di asilo.

Valentina Brinis
Ricercatrice presso l’associazione A Buon Diritto e scrittrice

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