Il procedimento amministrativo o giurisdizionale per chiedere asilo

Angela Caporale

Secondo l’articolo 10 della Costituzione italiana, “lo straniero […] ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”. L’Italia, quindi, ha recepito nella sua fonte di diritto di maggior livello questo diritto fondamentale riconosciuto a livello internazionale. Il diritto d’asilo nasce in maniera contingente agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, è stato regolamentato con la Convenzione di Ginevra del 1951 ed integrato con un Protocollo aggiuntivo nel 1967. A partire dalla definizione di rifugiato, ovvero il beneficiario del diritto d’asilo, sono state promosse normative a livello sovranazionale e nazionale per assicurarne la tutela. In questo contesto, sono particolarmente rilevanti due direttive dell’Unione Europea: la “direttiva qualifiche” (n. 83/2004) e la “direttiva procedure” (n. 85/2005) recepite nella legislazione italiana e che, di conseguenza, regolano il procedimento da seguire in Italia per ottenere lo status di rifugiato o altra protezione internazionale.
In Italia, infatti, sono previste tre forme distinte di protezione internazionale che hanno requisiti di accesso ed effetti diversi: asilo, protezione sussidiaria e protezione umanitaria. Nonostante la tripartizione del tipo di tutela, è prevista una procedura unica che si compone di una prima parte amministrativa e una seconda parte, non obbligatoria, giurisdizionale.
Durante la prima fase, il richiedente protezione internazionale deve rivolgersi alle Questure o alle forze di polizia di frontiera che si occupano dell’avviamento della procedura.
Le forze di polizia registrano la domanda utilizzando un modello, detto C3, che contiene principalmente i dati anagrafici dell’individuo. Questo processo, accompagnato dalla verifica dell’identità della persona e dall’obbligo di informare l’individuo sul proseguimento della procedura tramite un apposito opuscolo, conduce il richiedente, dotato di un verbale che attesti l’avvio della sua domanda, presso la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, secondo attore fondamentale nella fase amministrativa della procedura di richiesta di asilo. La Commissione Territoriale decide sul caso dopo aver effettuato un colloquio con il richiedente. L’esito della decisione può essere di assegnazione o diniego dello status. In caso di rifiuto, si può presentare ricorso oppure acconsentire all’espulsione. La Questura e il personale della CT sono tenuti, in questa fase, a fornire al richiedente tutte le informazioni di cui ha bisogno, indicando mezzi e tempistiche necessarie per una corretta presentazione della domanda; al contempo il richiedente ha l’obbligo di collaborare con le autorità, fornendo tutta la documentazione richiesta e presentandosi ai colloqui previsti. Il richiedente può, a sue spese, avvalersi della collaborazione di un legale per meglio districarsi nell’intero processo burocratico. La procedura prevede un colloquio individuale con la Commissione Territoriale, la quale dà la precedenza alle persone più vulnerabili (minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone che hanno subito torture o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale). Durante il colloquio è previsto un supporto psicologico e, talvolta, anche la presenza di un mediatore culturale al fine di garantire un’analisi approfondita del caso singolo. Esiste anche una Commissione Nazionale per il Diritto d’Asilo che ha un ruolo di indirizzo, coordinamento, formazione ed aggiornamento della rete delle Commissioni
Territoriali.
Nel caso di diniego della protezione e di ricorso, è possibile accedere alla fase giurisdizionale del riconoscimento della protezione internazionale. L’ordinamento italiano prevede tre gradi di giudizio, in cui il tribunale di primo grado e la Corte di Appello possono decidere nel merito, mentre la Corte di Cassazione può decidere solo su questioni di legittimità/diritto. In questo caso, il richiedente asilo si avvale di un supporto legale, a sue spese oppure attraverso il patrocinio gratuito (se ammesso).
L’asilo, nato come forma di accoglienza e ospitalità, ha l’obiettivo di proteggere la vita e la libertà di individui che nelle loro terre di origine non potrebbero esercitare in sicurezza. Pur essendo nato come risposta agli orrori dei conflitti della prima metà del Novecento, ha oggi assunto un valore internazionale ampio e forte, tanto che una parte della Convezione di Ginevra è stata inserita in quel nucleo inderogabile di diritti denominato “jus cogens”. Comparato con altri stati europei, il sistema italiano si presenta come completo e rispondente a tutti i vincoli internazionali e sovranazionali. L’Italia, infatti, ha sempre integrato ed accolto tempestivamente le direttive e i valori indicati nelle convenzioni. Tuttavia il sistema risulta fortemente burocratizzato e complicato da comprendere autonomamente, soprattutto da parte di richiedenti asilo che si trovano sul territorio italiano in seguito a viaggi lunghi e spesso non sicuri, senza saper nè leggere nè parlare la lingua del luogo.

Angela Caporale
Collaboratrice di SocialNews

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