L’Europa finanzia. Tu, lo sapevi?

di Matteo D’Amico

Se ne sente tanto parlare, ma pochi cittadini italiani sanno cosa sono e come funzionano i finanziamenti e i progetti europei. Sale, così, il numero delle persone che, senza ricevere o cercare un’adeguata informazione, vedono l’Europa come una realtà lontana, una spesa, un’inutile complicazione senza vantaggi.
È davvero così? Alla vigilia delle elezioni per i nuovi membri del Parlamento Europeo, è utile mettere in chiaro alcuni aspetti, spesso trascurati, ed acquisire maggiore consapevolezza sulle attività condotte dall’Europa e comprendere meglio l’importanza del voto.
Da piccoli, ad ogni compleanno o festività, i più fortunati hanno sicuramente avuto una nonna pronta a riempir loro le tasche: un euro – o mille lire – per il gelato o per il solo fatto di essere andati a trovarla. Capitava, così, che si andasse a farle visita due volte al giorno. Ed erano duemila lire. Nonna Europa, si potrebbe chiamarla così, nonostante sia più giovane di Mamma Italia, si comporta allo stesso modo: fornisce finanziamenti e sovvenzioni per un’ampia gamma di progetti e programmi. Bisogna, però, decidersi ad andare a trovarla e, ovviamente, conoscere la strada. I settori di intervento sono diversi tra loro: istruzione, salute, tutela dei consumatori, protezione dell’ambiente, aiuti umanitari. I fondi sono gestiti seguendo norme rigorose per assicurare che il loro utilizzo sia sottoposto ad uno stretto controllo e che siano spesi in modo trasparente e responsabile.
I finanziamenti della UE sono complessi: esistono, infatti, molti tipi di programmi curati da organi diversi. Le tipologie principali di finanziamenti sono due. Da un lato, le sovvenzioni, destinate a progetti specifici ed erogate, di solito, a seguito di un avviso pubblico noto come “invito a presentare proposte”. In questi casi, una parte dei finanziamenti proviene dalla UE, la restante da altre fonti; dall’altro, gli appalti pubblici, utilizzati per acquistare beni, servizi o altre prestazioni, con l’obiettivo di assicurare il funzionamento delle istituzioni o dei programmi della UE. Ma chi sono i principali beneficiari di tali finanziamenti? Innanzitutto, le piccole imprese, che possono ottenerli mediante sovvenzioni, prestiti e garanzie.
Le sovvenzioni forniscono un sostegno diretto, mentre gli altri finanziamenti sono disponibili attraverso programmi gestiti a livello nazionale. Diverso, poi, il caso delle Organizzazioni Non Governative, le quali ottengono finanziamenti a condizione che operino in settori senza fini di lucro.
Per i giovani, invece, sono due i tipi principali di finanziamento.
Il primo riguarda il programma di apprendimento permanente: opportunità di studio con il programma Erasmus, assistenza per gli allievi dell’ultimo anno delle superiori e formazione professionale in un altro Paese; il secondo riguarda il programma “Gioventù in azione”: un cofinanziamento di progetti per incoraggiare la partecipazione dei cittadini, il volontariato ed un clima maggiormente multiculturale. Un’altra categoria di beneficiari è rappresentata dai ricercatori: tra il 2007 ed il 2013 sono stati erogati oltre 53 miliardi di euro per la ricerca, principalmente sotto forma di cofinanziamento di attività di ricerca riguardanti la cooperazione, le idee, le persone, le capacità ed il settore nucleare. Ci sono, infine, gli agricoltori: hanno diritto di ricevere pagamenti diretti dalla UE ad integrazione del loro reddito a fronte del rispetto di norme riguardanti la protezione dell’ambiente, il benessere degli animali e la sicurezza alimentare. Di solito, il sostegno non è collegato alla produzione, ma, in determinate circostanze, i Paesi membri possono erogare una minore quantità di fondi, fornendo, però, sostegno per la produzione.
Questa è l’Europa che abbiamo sperimentato fino a oggi, ma, nel periodo 2014-2020, nell’ambito dei finanziamenti saranno introdotte alcune novità. L’obiettivo della Commissione per il prossimo bilancio UE è quello di spendere in modo diverso, con un maggiore orientamento ai risultati ed all’efficacia. Il filo conduttore della nuova programmazione è la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Le risorse verranno distribuite a settori prioritari, quali infrastrutture, ricerca ed innovazione, istruzione e cultura, sicurezza delle frontiere e rapporti con l’area mediterranea, ma anche a priorità strategiche trasversali, quali la protezione dell’ambiente e la lotta contro il cambiamento climatico. Tra tutte le proposte presentate, un posto di primo piano va al programma “Orizzonte 2020 (Horizon 2020): un quadro strategico comune per la ricerca, l’innovazione”. Con un budget di 80 miliardi di euro, punta ad eliminare la frammentazione e a garantire maggiore coesione, anche tramite programmi di ricerca nazionali. Una caratteristica della nuova strategia di finanziamento della ricerca sarà sicuramente il maggiore ricorso a strumenti finanziari innovativi e, c’è da augurarselo, a percorsi di informazione e coinvolgimento più conosciuti e partecipati.
Grande interesse l’Europa lo dimostra nei confronti dell’Università e dei suoi studenti, supportati in ogni stadio della loro formazione.
E in un periodo storico nel quale la “fuga dei cervelli” appare come un must sociale, impossibile non approfondire il noto programma Erasmus (European Region Action Scheme for the Mobility of University Students) che deve il suo nome al celebre umanista del primo ‘500 Erasmo da Rotterdam. Nato nel maggio del 1987 per opera della Comunità Europea, il suo principale scopo è quello di offrire la possibilità agli studenti universitari di affrontare un periodo di studio in un’Università straniera, rafforzando la qualità e la dimensione europea dell’istruzione superiore ed incoraggiando la mobilità di giovani studenti e docenti universitari. Al momento della sua ideazione, gli obiettivi erano particolarmente ambiziosi: rafforzare l’idea di Europa nei cittadini con la nascita ed il consolidamento di relazioni tra i cittadini dei diversi Stati membri; valorizzare il potenziale intellettuale delle Università della Comunità; promuovere un’intensa collaborazione tra le Università dei Paesi membri.
Gli ultimi dati statistici di Eurostat riguardo la mobilità Erasmus si riferiscono all’anno accademico 2010/2011, nel corso del quale sono arrivati in Italia 19.172 studenti stranieri e il nostro Paese ha vantato la quinta posizione per studenti ospitati dopo, rispettivamente, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito. Nei primi tre Paesi, a loro volta, si sono recati maggiormente gli studenti italiani, con la Spagna che ne ha ospitati ben 7.547. Nell’anno accademico successivo (2011/2012) le Università italiane che hanno ricevuto il maggiore numero di studenti Erasmus sono state quelle di Bologna (1.693 studenti), Roma La Sapienza (1.107) e Firenze (1.004).
“L’Erasmus è l’esperienza che più di ogni altra mi ha formato. La ricorderò sempre e ancora oggi ne vedo i frutti. Se non fossi stata a Parigi per quei 9 mesi, non avrei raggiunto la preparazione su cui so di poter contare oggi”. Arianna ora ha 28 anni e, qualche anno accademico fa, ha vissuto l’esperienza Erasmus. “Ho studiato Storia dell’Arte nel Paese che, più di ogni altro, poteva offrirmi tutta la conoscenza artistica di cui avevo bisogno. Però il mio lavoro di
critica oggi in Italia non mi basta per vivere, sono costretta a cimentarmi in altre esperienze, spesso non attinenti alla mia formazione.
Probabilmente serve maggiore consapevolezza del fatto che non in tutti i Paesi UE possono offrire un lavoro che, in qualche modo, possa garantire continuità con il percorso formativo intrapreso, al di là della validità di quest’ultimo”. Alle elezioni di maggio Arianna si recherà alle urne consapevole dell’importanza dell’appuntamento.
“Andrò a votare perché, per noi cittadini europei, questo è il modo principale per farci sentire. Solo partecipando al voto possiamo garantire la prosperità dei progetti che la UE finanzia”.
Nel corso degli anni, certo, le evoluzioni, ma anche le involuzioni, non sono mancate. Fino ad arrivare a questo 2014, che ha visto nascere l’ultimo progetto per studenti europei, Erasmus+. Si tratta di un nuovo programma che intende migliorare le competenze e le prospettive professionali e modernizzare l’istruzione, la formazione e l’animazione socioeducativa. Dispone di un bilancio di 14,7 miliardi di euro per sette anni, il 40% in più rispetto alla spesa attuale, riflettendo l’impegno della UE ad investire in questo settore. Il programma si propone di offrire ad oltre 4 milioni di Europei l’opportunità di studiare, formarsi, acquisire esperienza professionale e fare volontariato all’estero. Raggruppa sette programmi UE già esistenti nei settori di istruzione, formazione e gioventù. Per la prima volta, includerà anche lo sport. In quanto programma integrato, Erasmus+ offre maggiori opportunità di collaborazione fra istruzione, formazione, gioventù e sport e, grazie a regole di finanziamento semplificate, sarà più facile usufruirne.

di Matteo D’Amico
Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale
Università di Bologna – Laboratorio di giornalismo sociale

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