Convegno “guarire il femminile”, cammino spirituale come guarigione del corpo e dello spirito. Intervista a Monsignor Antonio Interguglielmi

di Tiziana Mazzaglia  @TMazzaglia

 

Il cammino spirituale può guarire molti aspetti della nostra vita, questi temi sono trattati a Roma, nella Casa di Santa Francesca Romana, sotto la direzione di Monsignor Antonio Interguglielmi, qui intervistato.

 

Immagine tratta dalla locandina del Convegno.

Immagine tratta dalla locandina del Convegno.

Quali possono essere le figure femminili bibliche da cui attingere la forza per guardare con misericordia la propria vita. Ad esempio Sara che ha vissuto anni di sterilità prima di realizzare il suo sogno di maternità e la vedova che grida insistentemente giustizia.

 

«Si è sentito recentemente il bisogno di dedicare una giornata alla vittime di questo fenomeno esecrabile  racchiuso nel termine “femminicidio”.

Dopo che, mezzo secolo di pessimo marketing mediatico ha spinto la donna al limite estremo delle deformazione della propria identità, gli stessi media .

Un nuovo fenomeno. Mai nella storia si era assistito ad  una simile violenza corporale, al di fuori degli schemi conosciuti agli antichi: guerre, calamità, malattie. Un morire che si declina al femminile. Eppure le vittime, che spesso pur avendo avuto i segnali si sono prestate al gioco del loro  carnefice, se non si sono  ritirate dal confine di guerra, lo hanno fatto loro  anima.

Perché guarire il femminile? Perché le donne possano riscoprire le risorse di ribellione, di guarigione.

E’ sempre la Storia che da sempre  ci mostra figure femminili, che hanno saputo  declinare parole e azioni, al servizio della comunità  a cui appartenevano.  

Nel tredicesimo secolo, a Salerno tremila persone parteciparono al funerale di una nobile dama, benché non fosse né santa né  regina, era Trotula de Ruggiero, primo medico donna della scuola medica salernitana i cui trattati di ginecologia  vennero applicati nelle  corti e nelle accademie di tutta l’Europa. Di lei parleremo l’8 dicembre.

 Ildegarda di Bingen, che intratteneva epistolari memorabili con sovrane, imperatori e papi, divenne la più autorevole donna di medicina dell’Europa centrale. Ildegarda ci ha lasciato manoscritti meticolosi sulle cause e le cure delle malattie, ben duemila rimedi, e trattati di musica, astronomia e diagnostica. Ma insieme a Trotula ha anticipato, il senso della psicoterapia, di quell’incedere con fede e grazia in un percorso di consapevolezza, perché alla donna si apra l’unico destino che essa sembrerebbe meritare. Un destino volto alla felicità. Per Ildegarda e Trotula la donna è portatrice “sana” di quella bellezza e quella potenza, che lungi dall’essere la cattiva predisposizione  luciferina, cara ai padri della chiesa, ma impronta divina che di grazia eccede. Sono donne che danzano e amano, come la sulamite biblica conoscono lo spreco dell’anima che nulla trattiene. Donne  incluse nella complementarità di una relazione. E se si ammalano, provocando catastrofi come Sara, verranno salvate da colui che avrà la volontà di salvarle».

 

Sull’esempio dell’episodio evangelico di San Raffaele quali possono essere le occasioni per risanare la propria vita? Quali i punti di partenza per intraprendere questo cammino, difficile, ma liberatorio?

 

«Perché avvenga il processo di guarigione, c’è bisogno di un intermediario, di un tramite, qualcuno che viva nei pressi di una donna. Chi se non  l’angelo sa appostarsi, accanto a coloro che intrattengono con l’Invisibile, dialoghi  e preghiere? Sarà Raffaele, “colui che guarisce”, un angelo che sotto le mentite spoglie giovane nobile,   consiglierà a Tobia futuro sposo di Sara di conservare il fegato, il cuore e la bile del pesce per compiere gli esorcismi che avrebbero liberato Sara dalla sua maledizione, di veder morire tutti i possibili mariti a lei promessi e ridare la vista al proprio omonimo padre ormai cieco. Ma cuore e fegato non sono altro che gli organi  preposti alla guarigione, simbolo del perdono il primo e della trasformazione  il secondo.

Ildegarda  ci aiuta in questa spiegazione. Lei dirà che ogni  ricerca intellettuale, ogni percorso spirituale, sarà vano, senza l’opus cordis, opera divina per eccellenza, grazia per grazia come direbbe Simone Weil. E anche la bile usata per ridare la vista quando la rabbia ci rende folli e ciechi sembrerebbe essere rimedio omepatico ante litteram. Sara sembrerebbe dunque essersi arresa al suo destino, di serial killer sentimentale, diremmo oggi, finché un Dio pieno misericordioso, non decida di mandare, un angelo a guarirla, e l’angelo invia Tobia, e Tobia è inviato dal padre. Sembrerebbe in questa storia che tutti si spingano verso una direzione, quella della guarigione. Come in un mandala divino,  tutti i punti del cerchio sono l’incipit e la fine l’uno per l’altro di una grande storia circolare. Una storia d’amore dove – per assurdo – potremmo dire che forse anche Dio cerca di guarire se stesso attraverso la creazione, continua della vita e dell’uomo».   

 

Viviamo in una società multietnica in cui ognuno pratica la sua religione. Come si fa a parlare di misericordia a chi non è Cristiano?

 

«La Misericordia come guarigione, al di là anche della religione professata. E questo anche uno specifico aiuto che ci viene dal mondo femminile, quando illuminato dalla Grazia.

La debolezza, apparente, che diviene la forza, come dice San Paolo: la donna spesso può essere , nel senso psichico del termine, dia – botolomizzata, ovvero separata da se stessa, disintegrata.

 Cosa disintegra una donna? La mancanza di un vero sguardo compatto che l’abbia definita fin da neonata e poi da bambina e da giovane donna, la mancanza di uno sguardo d’amore.

Sappiamo dalle moderne scienze psicologiche che l’imprinting madre figlio è il processo primario di fiducia, e di fede.

Se quello sguardo diventa malevolo e assente  non basterà un intera vita per ritrovarlo, se non negli occhi di un Dio invisibile e misericordioso. Questo al di là anche di una fede professata. Questa guarigione è per tutti, uomini e donne, ma la donna dispone di un di più.

I sensi spirituali che partecipano alla loro quotidianità di madri, di mogli, di amanti, di monache che pregano, o lavorano i colori per decorare una icona.

Il tatto resta la vera vocazione alla salvezza.

Gesù non guarì forse l’emoraissa quando lei riuscì a toccare il Suo mantello?

Lui si voltò e in mezzo alla folla aveva sentito la leggerezza di quel tocco, perché se la grazia è leggera la fede è ancora più impalpabile, ha il peso specifico di ogni anima che si ridesti».

 

 

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