Riflessioni per nuovi percorsi educativi

Marica Iorio

Alcuni dei ragazzi che hanno partecipato al progetto si trovavano in Italia solo da pochi mesi e hanno avuto bisogno, settimana dopo settimana, di imparare l’Italiano. Anche gli educatori hanno dovuto perfezionare le lingue parlate dai giovani partecipanti.

Nato nel 2009, il progetto Daphne prevedeva, essenzialmente, un’azione di interscambio delle migliori prassi a contrasto della violenza sui giovani appartenenti alla popolazione migrante o a minoranze etniche quali Rom, Sinti, Camminanti, ecc.

Maestri di Strada ha partecipato a questo progetto per la sua esperienza in materia di giovani in posizione di emarginazione e perché, attraverso questo progetto, poteva costituirsi e mantenersi in vita un gruppo di lavoro e di riflessione sulle modalità educative e di sviluppo umano locale.

Il progetto contemplava l’attivazione di un gruppo di giovani di età compresa tra i 13 ed i 16-17 anni. Questi hanno dimostrato attitudine ad affrontare i problemi della comunità di appartenenza con metodologie partecipate, responsabilità e con disponibilità a sviluppare un’attività riflessiva di gruppo.

Per scegliere i giovani che avrebbero partecipato al percorso è stato costituito un gruppo di riflessione misto composto da giovani ed educatori addetti. Tale formazione ha ricevuto l’investitura da un gruppo più largo. Con quest’ultimo si è realizzato un focus-group finalizzato ad individuare un messaggio articolato da inviare ai partner europei a proposito dell’esclusione sociale e della potenziale violenza sui giovani rom o neo italiani.

In seguito a questa “delega”, il gruppo ha lavorato liberamente sulle seguenti aree:

1 – Rabbia, violenza, gestione dei conflitti.

2 – Procedure di partecipazione e decisione.

3 – Pensiero e comunicazione inclusivi, di cittadinanza.

Su queste aree si è lavorato con i seguenti strumenti: focus group, circle time, teatro forum, simulazioni, cineforum, letture partecipate di immagini ed osservazioni, visite guidate per lavorare sul percorso di cittadinanza attiva. I lavori si sono svolti con il patto che ogni attività doveva produrre una restituzione di quanto elaborato durante il percorso. Rispetto a come erano state pensate inizialmente, le attività proposte sono state modificate al fine di entrare in sintonia con la mission del centro MaTeMù, all’interno del quale si sono svolte.
MaTeMù è un Centro di Aggregazione Giovanile del CIES, un luogo in cui i ragazzi di tutte le culture e provenienze (migranti, minori non accompagnati e Rom) possono esprimere la propria creatività, vivere in modo diverso il tempo libero, trovare ascolto e sostegno. È un posto nel quale le differenze sono interpretate come valori e stimoli per esplorare nuove possibilità. Un laboratorio di idee ed iniziative, offre spazi liberi per stare insieme e dar vita ad attività espressive, creative, ludiche, di sostegno scolastico, aiuto ed orientamento nei momenti di difficoltà. MaTeMù organizza attività rivolte ad adolescenti e giovani, ma è anche uno spazio nel quale associazioni e singoli abitanti che vivono il quartiere da “cittadini attivi” possono trovare un punto di riferimento per lavorare con e per i ragazzi.

Uno dei problemi riscontrati nell’utilizzo delle attività suddette è stato quello linguistico, che rendeva la restituzione estremamente complicata poiché alcuni ragazzi, oltre a non parlare bene l’Italiano, non parlavano benissimo neanche il Francese o l’Inglese. Lo stesso valeva anche per gli operatori. Così, per affrontare i temi proposti, abbiamo applicato delle strategie comunicative lavorando molto sulla comunicazione non verbale. Nel frattempo, abbiamo preso il tempo che ci occorreva per potenziare la relazione in modo da poter poi, a fine percorso, sperimentare i temi che richiedevano maggiore fiducia e conoscenza tra giovani e operatori. Alcuni dei ragazzi che partecipavano al progetto, infatti, si trovavano in Italia solo da pochi mesi e hanno avuto bisogno, settimana dopo settimana, di imparare l’Italiano. Anche gli educatori hanno dovuto perfezionare le lingue parlate dai giovani partecipanti. Ecco, qui di seguito, gli appunti di questo interessante viaggio:

WORK IN PROG.
La prima “sperimentazione della sperimentazione” è la Reciprocità, quella di fare esercizio linguistico reciprocamente. Durante le attività, gli educatori insegnano l’Italiano ai ragazzi e i ragazzi insegnano la loro lingua agli educatori. Ad esempio, il primo tra i due che comprende di cosa si stia parlando, esprime il concetto all’altro nella sua lingua. Si tratta di una buona prassi educativa che facilita anche l’Incontro Antropologico.

CITTADINANZA
La seconda strategia è stata quella di uscire per strada ed effettuare la sessione richiesta visitando il percorso dal Colosseo al Circo Massimo, mangiando un gelato tutti insieme, chiedendo ai turisti di farci le foto, stando seduti sul prato, compilando la scheda di valutazione delle attività in giro in un bel pomeriggio primaverile. È stata la prima volta in cui coloro i quali non avevano mai parlato in Italiano nelle stanze chiuse del centro durante i precedenti incontri l’hanno fatto, per strada. Ci hanno raccontato delle scuole che frequentano, del torneo di calcio che stanno disputando, quanto tempo impiegano tutti i giorni per arrivare a MaTeMù dalle loro case famiglia: circa un’ora e mezza. È successo che un giovane si sia improvvisato guida turistica a favore di tutti noi perché aveva appena studiato a scuola la storia del Colosseo. Alla fine del pomeriggio ha anche superato l’imbarazzo di chiedere ai passanti nel parco di scattarci le foto. Nel corso dell’incontro successivo, coloro i quali non parlavano l’Italiano negli incontri precedenti si sono trasformati in mediatori a beneficio di altri due ragazzi assenti agli ultimi due appuntamenti.

Anche nell’ultimo incontro siamo usciti per una semplice paseggiata, godendo di questa città e di questo Paese. Il nostro sogno si avverava: girare per la città come turisti o, semplicemente, cittadini che si godono il paesaggio con un gruppo di persone con le quali hanno condiviso un’esperienza significativa. Un gruppo con il quale hanno potuto parlare, con persone che, a volte, restano tutto il giorno in strada senza interagire con nessuno, aspettando che arrivi l’ora per rientrare nel dormitorio.

WEB SERIE
Terza strategia: invece di assistere ai film proposti dal Daphne, abbiamo proposto ai nostri giovani una web serie a cartoni realizzata da teenegers europei (Boys and Girls Lab) nella quale i protagonisti non parlano. Abbiamo, quindi, superato il limite linguistico affrontando temi quali la droga, la violenza di genere, l’alcol.

MARE CHIUSO”
Quarta strategia: ci siamo recati al Centro Studi del CIES (del quale MaTeMù fa parte) per assistere ad un documentario. Tratta di una condanna comminata all’Italia dal Tribunale Europeo per non aver prestato soccorso in mare alle persone che intendevano raggiungere il nostro Paese perché in fuga dai loro Paesi d’origine. Racconta, inoltre, della sofferenza del viaggio e di tante famiglie costrette a vivere separate dai loro cari. Con la visione del film-documentario, abbiamo assunto la nostra posizione contro l’ex Governo Berlusconi, che non volle prestare soccorso a coloro i quali lo richiedevano, ed abbiamo posto le basi della fiducia nella relazione educativa in costruzione con questi ragazzi. Abbiamo chiarito loro che siamo pronti ad accoglierli. Abbiamo, inoltre, tratto spunto dalla discussione del film per affrontare il tema “viaggio”, il loro viaggio, una parentesi così dolorosa che ancora in pochi riescono a parlarne.

LEZIONI DI ITALIANO
Quinta strategia: l’aggancio è stato la ripetizione delle lezioni d’Italiano, un lavoro cooperativo con l’insegnante d’Italiano di MaTeMù. Per riprendere la discussione sulle emozioni, le ho chiesto di ripetere tutto ciò (parole, frasi, ecc.) che riguarda l’argomento. Abbiamo poi messo in scena le emozioni per essere sicure che avessero capito a quali parole corrispondessero. Per la prima volta ci hanno raccontato della paura, dell’amore, della rabbia.
La paura emersa in modo forte e comune a tutti: compiere 18 anni e diventare clandestini. Quando abbiamo sperimentato che, grazie alle lezioni di Italiano, potevamo lavorare su diversi aspetti, come quello linguistico, espressivo, educativo, abbiamo proseguito su questa linea. Grazie alla determinazione all’apprendimento linguistico dei giovani di MaTeMù, il resto degli incontri è risultato armonioso e divertente, caratterizzato da differenti esercitazioni teatrali. Si è trattato di un lavoro difficile poiché carico di emozioni e di difficoltà linguistiche. Avevamo, però, scelto di lavorare con questo tipo di giovani per creare un aggancio e stimolare un senso di appartenenza al centro, così chè potessero frequentarlo quotidianamente ed usufruire di tutti i laboratori curati da esperti ed educatori.

SESTA STRATEGIA EDUCATIVA
Continuare. Nonostante il progetto si sia concluso, stiamo continuando. La continuità ci serve a farli uscire dallo stato di assistenzialismo. Li stiamo accompagnando agli sportelli di assistenza legale e di orientamento professionale. Educare significa trasmettere mezzi e strumenti per lasciar andare.

Marica Iorio
Educatrice presso il Centro MaTeMù di Roma

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