Scuola mancata e scuola possibile

Enrico Davolio

Progetti come questi sono molto delicati. Non esiste un vero e proprio profilo professionale definito e condiviso, ma risultano necessarie la massima cura e la massima attenzione. L’obiettivo: tutelare il diritto allo studio degli studenti più deboli e più a rischio.

Sono Enrico Davolio, formatore ed educatore laureato in Scienze dell’Educazione, al momento iscritto alla Scuola Triennale di Formazione Maieutica del C.p.p.p. (Centro Psico Pedagogico per la Pace e la Risoluzione di conflitti) di Piacenza. Da circa un anno e mezzo sono membro del consiglio direttivo e vicepresidente di Icaro I Care, a.p.s. nata un anno e mezzo fa a seguito di 14 anni di esperienza del progetto “Icaro ma non troppo”, scuola di II occasione in Emilia Romagna. Tale progetto nasce nel 2000, dopo alcune progettazioni pedagogiche che hanno preso spunto direttamente dal libro bianco dell’Unione Europea edito da Edith Cresson. Questi inquadra lo strumento della scuola della II occasione insieme al servizio volontario europeo come uno dei due strumenti possibili per combattere attivamente la dispersione scolastica.

Fino a tre anni e mezzo fa, il progetto “Icaro ma non troppo” ha costituito la principale proposta dell’U.S.R. per combattere questo fenomeno, che tanto prepotentemente incide sulla popolazione scolastica e che vede numeri sempre più significativi di adolescenti non arrivare al conseguimento di un titolo minimo quale la licenza media. Il progetto, infatti, nella sua massima espansione, è stato in grado di coprire 4 città differenti in tre province diverse, con ben 5 gruppi classe differenti. All’interno di questo modello di scuola di II occasione, sono i consigli di classe stessi a segnalare all’equipe del progetto, verso novembre, gli allievi a rischio di dispersione scolastica o che vivono già, nei confronti della scuola, una situazione di fattiva dispersione, non essendo fisicamente presenti per periodi prolungati.

Una volta raccolte tutte le segnalazioni, il progetto inizia ad operare su un gruppo di allievi con un approccio pedagogico differente rispetto alla scuola di prima occasione, unendo, ad esempio, le materie e lavorando, così, per aree disciplinari piuttosto ampie (area scientifica, area umanistica, orientativa, laboratoriale): si garantisce così la possibilità, a ciascuno degli allievi, di vivere l’esperienza di momenti di apprendimento più legati al sé ed alla propria biografia personale. Ritrovando la propria identità all’interno dei percorsi didattici proposti, i ragazzi diventano più motivati ad imparare ciò che viene fatto insieme.

Negli ultimi tre anni, tuttavia, anche a causa di una revisione delle politiche regionali, ma, in generale, per una complessa situazione di forte restringimento dei finanziamenti a livello di tutte le province in cui lavoravamo, abbiamo dovuto chiudere le classi del progetto Icaro di Piacenza, Parma e Guastalla e passare da due classi ad una sola a Reggio Emilia.

Per non smettere di rispondere ai bisogni portati dal territorio e dalle scuole all’equipe del progetto, è nata un’evoluzione di “Icaro Classico” chiamata “Icaro a scuola”. Insieme all’associazione di cui sono parte, rappresenta uno dei tentativi concreti di tenere in vita un’esperienza pluriennale di lavoro contro il disagio sociale derivante dalla dispersione scolastica.

In questo progetto, il mandato principe è proprio l’inclusione sociale all’interno dei contesti di provenienza frequentati dai ragazzi, con particolare ed esplicito riferimento al loro contesto scolastico.

La particolarità di tale progetto è, infatti, quella di non decentrare più il problema portandolo fuori dalle istituzioni scolastiche, ma attraverso gli esperti stessi del progetto e i formatori dell’associazione che partecipano al consiglio di classe e attivano, attraverso un sostegno lungo quasi l’intero anno scolastico, un vero e proprio percorso di supervisione per il consiglio di classe. Si restituisce alla scuola uno dei suoi compiti primari: essere vero motore di mobilità sociale.
Contemporaneamente, attiviamo un supporto con due nostri educatori- formatori: uno, in particolare, aiuta il gruppo classe e l’allievo nei momenti didattici di aula sostenendo il ragazzo dentro e fuori (sostegno diretto al gruppo classe ed indiretto al singolo); l’altro, in due momenti durante la settimana strutturati, porta il ragazzo all’esterno della scuola. Questo formatore, denominato “alternatore”, si occupa di portare i ragazzi in ‘alternanza’ a fare esperienza di ‘stage sociale’ in cui mettere alla prova se stessi ed implementare le proprie competenze sociali di cittadinanza. L’intento, dunque, non è lavorare solo col singolo portandolo fuori dalla classe (partendo, così, dall’implicito pedagogico dell’allievo che, inizialmente portatore di un disagio, diventi esso stesso il problema). Va promossa una funzione riflessiva dell’intero consiglio di classe stesso, affinché gli insegnanti, in collaborazione con i formatori del progetto, usino ed attivino modalità didattiche differenti, più centrate sui desideri dei ragazzi, in modo tale da coinvolgere tutti e ciascuno – nessuno escluso – all’interno delle attività d’aula (lavoro a scuola). L’istituzione scolastica si impegna, inoltre, a valorizzare questa esperienza di alternanza attraverso una valutazione formale, anche dal punto di vista didattico, di quanto compiuto fuori dalla scuola.
Attraverso la supervisione di un coordinatore, che aiuta il consiglio di classe a valutare i progressi durante i momenti formali – consigli di classe – e grazie all’educatore ed all’alternatore che lavorano la mattina a scuola e fuori con il ragazzo, risulta possibile gestire un buon numero di allievi a rischio dispersione scolastica, mettendo in atto una prassi di lavoro interna alle istituzioni, volta, quindi, non solo a contrastare il fenomeno, ma anche a prevenire le conseguenze dello stesso intervenendo sulle cause.

Il lavoro con l’allievo diventa, così, parallelo al lavoro con e per il consiglio di classe a cui più volte durante l’anno partecipa l’equipe del progetto e nel quale, di fatto, tentiamo di attivare dinamiche formative e trasformative.

Accompagniamo i docenti nella valutazione del ragazzo ed aiutiamo a notare gli apprendimenti progressivi rispetto al punto di partenza, in modo tale che non sia valutato quanto appreso in assoluto (rispetto al resto del gruppo o rispetto a “cosa non sa ma dovrebbe sapere”).

Vengono, invece, valorizzati i miglioramenti raggiunti rispetto all’inizio ed alla posizione di partenza del ragazzo, con l’obiettivo di continuare a chiedergli di lavorare ed apprendere compiendo passi evolutivi sostenibili prima di tutto per lui e non solo per chi glieli sta chiedendo.

Le richieste diventano, così, non più dettate solo dal programma didattico, ma anche, e soprattutto, dalle risorse e dalle capacità mostrate dall’allievo e con le quali sta sostenendo il proprio percorso.

Tutto ciò è possibile anche grazie ad un progetto formativo individualizzato, e poi formalizzato, in un vero e proprio patto formativo, sottoscritto da tutti gli attori della rete educativa intorno al ragazzo (allievo, famiglia, scuola e progetto Icaro).
Dal punto di vista dell’articolazione dei tempi, il progetto prevede la ricezione delle segnalazioni intorno al mese di novembre. A dicembre, il coordinatore e l’educatore-formatore si recano nei consigli di classe dai quali hanno ricevuto la richiesta per spiegare il progetto agli insegnanti, condividendo con loro strategie e prassi e domandando se sono disposti ad aderire convintamente a quanto proposto. Se vengono confermati, da parte di tutti i docenti, un interesse ed una richiesta di partecipazione (se non sussiste la volontarietà degli insegnanti di essere anche loro parte delle azioni formative del progetto, questo si ferma) nel mese di gennaio vengono condotte tre settimane di prova in cui il ragazzo sperimenta cosa significhi partecipare al progetto Icaro a Scuola con un educatore-formatore il quale, per tre mattine a settimana, lo accompagna.

Nel caso in cui la prova abbia esito positivo, nel primo consiglio di classe utile (generalmente intorno a fine gennaio) viene redatto, con gli insegnanti e con l’aiuto del coordinatore del progetto Icaro, un patto formativo individualizzato per l’allievo. Tale atto contiene una parte di osservazione su quanto accaduto nelle settimane di prova e 4-5 obiettivi minimi considerati le richieste per la promozione dell’allievo. Elaborato il patto formativo, lo si sottopone all’allievo ed alla famiglia. Se vi è adesione al percorso, l’impegno viene formalizzato con la sua sottoscrizione. Si attiva, così, l’azione di sostegno al ragazzo in aula con un educatore-formatore e in alternanza due volte alla settimana. Parallelamente, prosegue il percorso seguito dal coordinatore nel consiglio di classe, al fine di sostenere e supportare la valutazione dei progressi dei ragazzi in carico al progetto, aiutando i docenti a maturare uno sguardo differente sulle dinamiche del gruppo.

Il progetto prosegue fino a giugno. Se il ragazzo rispetta – come spesso accade – il patto formativo, si è impegnato ed è riuscito a portare a termine e sostenere i 4 o 5 punti formalizzati in febbraio, ottiene la promozione e l’accesso all’esame. Con una preparazione specifica ed intensiva nella prima settimana di giugno, gli si garantisce, infine, la possibilità di essere pronto per gli esami e per gli scritti sostenuti anche dal resto della classe insieme a lui.

In conclusione, trovo doveroso chiedersi se sia possibile nutrire aspettative per il futuro in una situazione di così grande fatica economica e strutturale delle nostre istituzioni.

La speranza è che questo progetto, come altri, non rimanga una buona prassi attivata per alcuni anni di emergenza e di possibilità economiche, quindi progettuali, alte. L’auspicio è, infatti, quello di passare da sperimentazione pedagogica a vera e propria proposta formativa del e per il territorio.

Progetti come questi sono molto delicati. Non esiste un vero e proprio profilo professionale definito e condiviso, ma risultano necessarie la massima cura e la massima attenzione. L’obiettivo: tutelare il diritto allo studio degli studenti più deboli e più a rischio.
Malgrado il futuro non si prospetti roseo, vale la pena ricordare il monito di Benasayag e Schmit quando parlano “delle passioni tristi, dell’impotenza e del fatalismo come elementi di un certo fascino. È infatti una tentazione farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, assaporare l’attesa del peggio, lasciarsi avvolgere dalla notte apocalittica, che cala come un manto a ricoprire ogni realtà. Più difficile è resistere… creando”. Per realizzarlo, ci vuole coraggio. Coraggio per creare nuove piste di cambiamento ed aprire nuove strade di lavoro.

Quanto descritto in questo breve articolo è dunque il tentativo sistemico e strutturato della scuola reggiana, e in seguito di quella regionale, di resistere alle passioni tristi…creando e offrendo ai ragazzi più a rischio un’alternativa al canto disperato delle sirene, aiutandoli a rialzarsi dopo “l’onta dell’insuccesso a scuola” (Pennac, 2008). Se, infatti, non siamo noi ad essere testimoni di vero coraggio e possibilità di cambiamento, con quale credibilità potremmo ogni giorno contribuire a costruire i successi dei nostri ragazzi e delle nostre comunità scolastiche?

Enrico Davolio
Educatore e formatore professionale, coordinatore dei progetti “Icaro Classico” e “Icaro a Scuola”

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