Battiti d’ali

Ester Molinaro

«Bambini? – esclamò meravigliato Nicholas – E cosa ci fanno lì? Non sono un po’ piccoli per combattere? E a scuola non ci vanno? Possono usare i fucili? La mamma mi dice sempre di non giocare con le cose pericolose, non credi che qui si esageri un po’?».

Nicholas era un bambino di dieci anni. Fin dal buongiorno, la sua giornata era scandita da non poche regole.
Al mattino la sveglia suonava puntualmente e rigorosamente alle 6.30. Lavorando entrambi, i suoi genitori lo portavano a scuola molto presto. Prima di uscire, però, doveva fare colazione con latte, cereali e fette biscottate con burro e marmellata. Anche se Nicholas avrebbe preferito un cornetto al cioccolato e due merendine, la mamma gli imponeva questa alimentazione perché la riteneva più nutriente e sana per un bambino della sua età.
Dopo doveva lavarsi i denti, cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno, vestirsi con gli abiti preparati dal papà, prepararsi la cartella ed essere pronto per l’orario previsto dai genitori.
Se a casa le regole non mancavano, a scuola si moltiplicavano: doveva rispettare l’orario di apertura della scuola altrimenti sarebbe rimasto in portineria, non poteva fare merenda quando sentiva il suo stomaco brontolare, ma doveva attendere il momento della ricreazione e, se aveva qualcosa da dire, anche inerente la lezione, doveva alzare la mano e rispettare la regola per cui si parla uno alla volta ed è la maestra ad indicare quando.
A pranzo le cose non erano meno complicate: si mangiava all’orario stabilito, anche se in quel momento non si aveva molta fame, il menù veniva deciso dalla cuoca della mensa e non ci si poteva ribellare, a tavola non si potevano poggiare i gomiti sul tavolo e riempire i bicchieri fino all’orlo e poi… ancora regole fino al rientro a casa, quando, pur desiderando giocare, doveva prima fare i compiti e poteva guardare la televisione soltanto un po’ la sera, in presenza dei genitori e per di più dopo aver riordinato la cameretta.
A Nicholas tutte quelle regole iniziarono a sembrare un po’ eccessive. Così, un pomeriggio, mentre la mamma era impegnata a preparare la cena, scappò dalla finestra, si nascose in un giardino vicino casa ed iniziò a parlare da solo: «Ma è possibile che un bambino a dieci anni non sia libero di mangiare ciò che vuole, giocare quando gli va, parlare quando gli pare? Basta, me ne andrei di casa, partirei per un altro mondo, voglio…»
Con me l’impossibile diventa possibile…

Mentre urlava furiosamente, gli sembrò di vedere un’ombra e pensò che la rabbia lo stesse accecando. Ma poi, quell’ombra si trasformò in una figura umana in carne ed ossa, forse un bambino. Difficile dire l’età, ma strano era l’aspetto, almeno per Nicholas: era poco più alto di lui, sulle spalle aveva due grandi piume ovali e la pelle, se era pelle, aveva il colore del cioccolato.
«Ma chi sei?» chiese Nicholas tra lo spaventato e lo stupito.
«Alì! Il principe delle avventure! Tu devi essere Nicholas… ma perché stai urlando così tanto? Hai perso un gioco?».
«Il principe di che? Mica siamo in Inghilterra! E poi, cos’hai dietro le spalle? Pensi di essere a carnevale? Certo che sei proprio spiritoso, ti pare che alla mia età possa arrabbiarmi per uno stupido gioco?! Ci sono problemi ben più gravi… ma che ne parlo a fare con te? Cosa puoi capire tu? E poi, chi ti conosce? Mica sei Alì Babà?».
«E i quaranta ladroni – continuò Alì – Noto che ti piace scherzare… non male. Comunque, se mi lasci parlare, posso spiegarti. Passavo da queste parti e ho sentito una voce, per così dire, arrabbiata. Perdona, ma la curiosità era troppa. Dovevo capire cosa stesse succedendo».
«Il fatto è che sono stufo di dover rispettare un mare di regole, comandi e divieti. Mica faccio il militare! Non credi che sono grande abbastanza per prendere le mie decisioni?» spiegò Nicholas.
«Capisco» rispose Alì. Abbassò poi il capo tra le gambe e mantenne quella posizione per sei o sette minuti. D’improvviso, si alzò e gridò: «Ho un’idea magnifica!».
«Ora stai gridando tu! – disse il bambino – e poi lascia giudicare a me se la tua idea è buona. Io me ne intendo».
«Ascolta – disse Alì con voce più bassa – facciamo un bel viaggio. Ti porto in un Paese molto diverso dal tuo, un Paese che non ha regole, così puoi capire come si vive in questo modo e vedere se ti piace di più».
«Questo è sicuro. Ma lo sai che sei proprio matto? I miei genitori non vogliono che parli con gli sconosciuti, figuriamoci farci un viaggio. E poi, dove vorresti portarmi?».
«In Africa!».
«Ah, ah, ah – iniziò a ridere Nicholas – allora non capisci l’italiano?».
«Non come l’arabo, il somalo, il francese, il tedesco e l’inglese, ma sono sulla buona strada».
«Fai anche lo spiritoso; e dimmi un po’, cioccolatino multilingue – iniziò a chiedere ironicamente Nicholas – come pensi che io possa assentarmi per un viaggio così lungo senza che nessuno se ne accorga? E poi, come ci andiamo in Africa? con il treno? l’aereo? Io non ho né il biglietto, né il passaporto».
«Ah, ma sei proprio un bambino senza fantasia! Io sono Alì, con me l’impossibile diventa possibile, i desideri realtà. Sai che facciamo? Fermiamo il tempo, così nessuno si accorgerà della nostra assenza».
«Immagino che tu abbia una bacchetta magica…» aggiunse Nicholas con aria ancora un po’ provocatoria.
«Non proprio – rispose Alì – Fai come me e guarda che succede».
Alì iniziò a disegnare un grande cerchio nell’aria con la mano destra. Nicholas lo imitò e, improvvisamente, tutte le lancette degli orologi si fermarono ed il tempo smise di camminare. Nicholas non credeva ai propri occhi. Guardò Alì e, finalmente, iniziò a fidarsi.
«Bene – disse il bimbo color cacao – ora possiamo andare».
«E come? Hai affittato un elicottero?» chiese Nicholas.
«Non abbiamo bisogno di questi mezzi tradizionali – rispose Alì – Non avere paura e sali sulle mie ali. Sono grandi, dovresti starci comodo».
Nicholas, ormai, non si ribellava più. Montò su quelle grandi piume e… uno, due, tre… si parte!

E chi sono quei piccoli uomini lì?

Su in alto, tra le carezze del cielo ed il soffio delle nuvole, il mondo appariva diverso. Case, palazzi e grattacieli sembravano scomparire, macchie di verde si estendevano rincorrendosi e tutto risplendeva di colori originali.
Dopo pochi minuti, i due avventurieri giunsero a destinazione.
«Ecco, benvenuto in Africa!» disse Alì.
«Ma dove siamo precisamente?» chiese Nicholas incuriosito.
«Nel cuore di questo continente. Qui gli abitanti sono persone un po’ speciali, hanno dentro la gioia e l’allegria e i loro occhi sprigionano una particolare luminosità. Il problema è che in questa terra scoppiano molte guerre e le persone non possono vivere in tranquillità».
«Bell’amico che sei a portarmi proprio qui» sentenziò Nicholas.
«Ecco, desidero mostrarti cosa succede quando mancano le regole oppure quando non si rispettano quelle che esistono. Monta di nuovo su, facciamo un giro».
In pochi istanti, Alì e Nicholas arrivarono in un luogo con tanto fumo e si sedettero su una piccola nuvola per guardare cosa accadeva.
«Ma cosa fanno, festeggiano il capodanno? Perché c’è tanto fuoco?» chiese Nicholas.
«Magari… – iniziò a spiegare Alì – Vedi, in questo luogo c’è una guerra in atto. Due gruppi diversi vogliono occupare lo stesso territorio e, invece di dialogare e seguire le regole della pace, sono ricorsi alle armi».
«E chi sono quei piccoli uomini lì, in prima fila? Non capisco se sono gnomi o adulti un po’ bassi».
«Non sono gnomi, né uomini poco cresciuti. Sono bambini».
«Bambini? – esclamò meravigliato Nicholas – E cosa ci fanno lì? Non sono un po’ piccoli per combattere? E a scuola non ci vanno? Possono usare i fucili? La mamma mi dice sempre di non giocare con le cose pericolose, non credi che qui si esageri un po’?».
Alì iniziò a spiegare: «Sai, Nicholas, i bambini non dovrebbero mai, mai, mai partecipare ad una guerra. Combattere non è un gioco, è qualcosa di molto serio e pericoloso. La gran parte degli Stati del mondo ha deciso che bambini e ragazzi fino ai diciotto anni non possono fare i soldati e che solo dopo aver compiuto questa età possono arruolarsi, cioè far parte di un esercito e combattere in eventuali conflitti. I bambini devono poter crescere con le loro famiglie, essere curati, poter studiare, giocare, mangiare e scegliere liberamente il proprio futuro».
«Perché? Qui non è così?» chiese Nicholas.
«No. Come vedi, i signori della guerra non rispettano queste regole fondamentali e, quando iniziano un conflitto, coinvolgono anche i bambini. Vanno a prenderli a casa e li costringono a combattere. Pensa che esistono dei fucili costruiti con un materiale molto leggero, in modo che anche un bimbo possa usarli facilmente. Il punto è che noi bambini siamo più incoscienti, non conosciamo tante cose, quindi è più facile farci eseguire ordini e comandi».
«Ma, allora, i bimbi che combattono non devono svegliarsi ogni mattina alle sei e trenta per andare a scuola?» chiese Nicholas pensando alla sua terribile sveglia quotidiana.
«Vedi, in realtà questi bimbi non hanno una vera sveglia. Spesso non dormono per intere notti perché devono combattere, oppure perché non hanno un letto e dormire sempre a terra non è proprio comodo».
«E non devono studiare?».
«Si che devono. O, meglio, dovrebbero, ma nel momento in cui sono costretti a combattere, non possono più andare a scuola ed imparare. Così, molti di loro non sanno leggere, scrivere, fare calcoli, disegnare e tutte quelle belle cose che si apprendono tra i banchi. Nel tuo Paese studiare è un obbligo, tutti studiano almeno fino ad una certa età, è quasi un’abitudine e così a molti bambini appare come una costrizione, qualcosa che bisogna fare per ottenere una buona merendina, poter giocare o vedere mezz’ora in più di tv. In realtà, lo studio è un vero e proprio dono, un regalo che ci permette di guardare il mondo con occhi diversi. Immagina se tu non sapessi leggere e scrivere o contare: come potresti, ad esempio, seguire le avventure degli eroi dei tuoi fumetti preferiti, scegliere tra i tanti prodotti del supermercato le patatine che ti piacciono di più o indicare a tua madre quante fettine panate vuoi per cena? Questi bambini, invece, non possono sapere tutte queste cose perché vengono trattati come soldati e quindi devono combattere».

Diritti alla moda

«Ma… questi bambini soldato… possiamo chiamarli così, non trovi? – Alì annuì e Nicholas proseguì – possono quindi giocare senza dover prima studiare, possono fare merenda quando vogliono, possono anche vedere la tv senza i genitori, non mi pare che vengono anche loro a combattere».
«I bimbi che combattono non hanno il problema di giocare prima o dopo lo studio perché, oltre ad aver perso la possibilità di andare a scuola e fare i compiti, non hanno la libertà di giocare, né di guardare la tv, né, tanto meno, di mangiare. Prima ti dicevo che lo studio è un dono, ora ti dico che anche il gioco, la tv e la merenda lo sono. E poiché i grandi hanno capito che tutte queste cose sono essenziali per farci crescere bene, hanno inventato, per così dire, dei vestiti, degli abiti con cui lo studio, il gioco, la salute, il cibo e tante altre cose belle vengono ricoperte pronte per essere indossate da tutti quelli per cui sono stati confezionati».
«Questa è proprio bella! Non avevo mai sentito dire che la mia merenda o i miei libri hanno un vestito. E dove li comprano?».
«Non dicevo veri e propri vestiti – riprese Alì – Era un esempio per spiegarti l’importanza delle regole. Giocare, ad esempio, è una bella attività, ci permette di riposarci, conoscere nuovi amici e divertirci. Così il gioco viene ricoperto da alcune regole per permettere a tutti di giocare, evitando di farlo in momenti sbagliati o di ferirsi».
Nicholas iniziò a riflettere e disse: «In effetti, hai ragione. Ora che ci penso, la mia maestra ci fa fare ricreazione sempre alla stessa ora per poi poter studiare meglio. Ci dice che abbiamo bisogno di riposarci, magari dopo un compito molto lungo o particolarmente difficile e non ci permette di giocare con i bimbi più piccoli perché loro hanno giochi diversi e potrebbe essere pericoloso stare tutti insieme».
«Ecco, vedi, la tua maestra ha ricoperto i giochi della ricreazione con delle regole in modo che tutti voi possiate divertirvi nel modo migliore. Poi, l’insieme di queste regole forma il diritto al gioco. È come se da tanti vestiti fosse nata…»
«…una moda» concluse Nicholas.
«Proprio così – proseguì Alì – Quando dei vestiti sono molto belli, o molte persone li indossano, le nostre mamme dicono che sono alla moda. Così, quando le regole vengono inventate per farci vivere nel modo migliore, fanno moda, fanno diritto».
«Inizio a capire. Anche per la colazione è la stessa cosa. Io mi lamentavo tanto che mia madre mi facesse fare sempre la prima colazione con latte e fette biscottate con burro e marmellata mentre io preferivo le merendine. In realtà, lei vestiva la mia colazione con alcune regole in modo che potessi nutrirmi meglio ed avere più energie. Nasce così il diritto ad una colazione sana e nutriente».
«Bene – concluse Alì – Noto che sei un bimbo che impara in fretta».
«Non è poi così difficile. Quel che tu mi racconti mi fa però venire in mente che qui le cose non sono proprio così. I bambini soldato festeggiano il compleanno?».
«No, Nicholas. Una guerra ti sembra il posto adatto?».
«In effetti… Ma, allora, lo sognano?».
«Non so se riescono a sognare cose belle. Le immagini che vedono durante il giorno sono talmente brutte che, spesso, le rivedono anche in sogno durante la notte».
«Sai… – continuò Nicholas – io una volta ho fatto un sogno bruttissimo e ancora ne ho paura. Loro che sognano spesso cose terribili, non hanno poi paura della vita?».
«Si, Nicholas, questo è possibile».
«E non c’è un modo per cambiare le cose? I bambini di tutto il mondo non sono uguali?».

Semplicemente, un po’ più bello

«Sono d’accordo anch’io. Ogni essere umano dovrebbe essere rispettato allo stesso modo per il solo fatto di essere nato dopo nove mesi. Non dovrebbe esserci differenza tra un bambino europeo ed uno cinese, tra uno brasiliano ed uno somalo. Comunque, c’è sempre un modo per cambiare le cose e il mio è il diritto. Ognuno di noi, se solo lo volesse, potrebbe lasciare il mondo un po’ più bello di come lo ha trovato».
«Anch’io voglio provarci! – esclamò Nicholas – Ho visto cosa succede quando non ci sono regole; sembra un po’ una giungla, ognuno vuole vincere sull’altro e fare quel che vuole, imporre i propri pensieri. Ho un’idea grandiosa: propongo alle mie maestre di organizzare un concerto di beneficenza in modo da poter aiutare da lontano i nostri amici africani. Cosa ne pensi?».
«Penso che l’idea non sia per niente male. Ma quando i soldi che voi invierete finiranno, tutto tornerà come prima».
«In effetti, non hai torto» aggiunse Nicholas, e subito mise la testa tra le gambe, come aveva fatto prima Alì, per farsi venire in mente un’idea.
«Ho trovato! – esclamò dopo pochi minuti – Noi non daremo i soldi e basta, creeremo delle specie di borse di studio, come quelle che prende mio fratello all’Università. In questo modo, quando le guerre finiranno, i bambini soldato potranno studiare e capire tante cose con cui poter cambiare da soli le loro vite anche se i soldi che noi doneremo loro finiranno. Così anche loro impareranno, come oggi è successo a me, l’importanza delle regole e diventeranno ex bambini soldato, non trovi?».
«Ma questa è una grande idea!» sentenziò Alì compiaciuto.
«Presto, ritorniamo a casa». Nicholas montò sulle piume di Alì e, in un battibaleno, era di nuovo nel giardino di casa sua.
Il concerto si organizzò, i soldi furono inviati a destinazione ed iniziò anche una fitta corrispondenza tra Nicholas, la sua scuola e gli ormai ex bambini soldato. Ma quel che fu davvero straordinario è che, dopo il mitico viaggio con Alì, Nicholas cominciò a svegliarsi alle sei e trenta da solo, a fare colazione con tutto ciò che la mamma gli preparava, ad essere sempre puntualissimo a scuola e a non ribellarsi più alle regole della classe o al menù della mensa.
Quando, un bel dì, il papà gli chiese – tutto incuriosito – a cosa si dovesse un cambiamento tanto repentino, Nicholas rispose: «Un angelo nero con le ali ha fatto un volo insieme a me».

Ester Molinaro
Avvocato del Foro di Roma, autrice delle ‘Fiabe Giuridiche – Come spiegare ai piccoli le cose dei grandi’
@uxilia Onlus Editore e ArenaEditore

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