L’Italia sta ripartendo

Simona Vicari

È necessario pensare ad una strategia complessa, che abbia l’ambizione di scommettere all’estero e sulla forza di penetrazione delle nostre imprese nei vari scenari internazionali.

La crisi economica che investe l’Europa ed ha allungato le sue mani sul nostro Paese viene da lontano. Tutto è partito da quei maledetti giorni della Lehman Brothers e del suo fallimento. Quel crollo ha determinato una tempesta a catena, i cui effetti possono essere avvertiti ancora oggi.
Si è trattato di un crollo non solo economico, ma che ha espresso risvolti umani e sociali. È finito un modello, quello convinto che fosse possibile una crescita economica infinita e progressiva. Il 2008 ha segnato uno spartiacque tra chi credeva in un mercato in progressiva espansione e chi, invece, ha sempre sostenuto la necessità di un’economia caratterizzata dalla piena coscienza dei suoi limiti e dalla necessità di ancorarsi a solidi principi e valori morali.
La crisi del 2008, con tutto ciò che ne è scaturito, ha dimostrato che non ha alcun futuro un mercato senza regole, senza la consapevolezza che la crescita e lo sviluppo si realizzano solo con il rispetto dei principi. I tentativi, tuttora in corso, di cercare di frenare la crisi ed individuare le soluzioni dimostrano che si è creata una maggiore convinzione della pericolosità di un’economia dominata dalla sola spinta al guadagno.
Purtroppo, la crisi non è alle spalle, e l’andamento altalenante dello spread tra i nostri titoli pubblici e quelli tedeschi dimostra quanto il mercato sia ancora instabile, e come siano ancora necessarie misure forti e decisive. Una consapevolezza che dalla crisi non si esce senza sacrifici lo ha ampiamente dimostrato il Pdl, che nello scorso novembre ha deciso di sostenere la scelta del presidente Berlusconi di fare un passo indietro e favorire la nascita del Governo Monti. Si è così formato un Esecutivo sostenuto da un largo consenso, che poggia su forze politiche fino a poco tempo fa antagoniste su fronti opposti.
In questi mesi, il premier Monti ha dimostrato competenza ed impegno, consapevole del momento in cui è stato chiamato ad assumere l’alto compito di guidare il Paese. Soprattutto, sta confermando competenza dinanzi alle emergenze, alcune delle quali incombenti da decenni sulla nostra economia. Il decreto ‘Salva Italia’ prima, e quello ‘Cresci Italia’ poi, hanno rappresentato gli snodi lungo i quali sviluppare i primi interventi per mettere il Paese in sicurezza ed impostare il rilancio. Attraverso il decreto sulle Liberalizzazioni, di cui sono stata relatrice, abbiamo voluto immettere elementi di liberalità e concorrenza in settori vissuti per molto tempo all’ombra di un sistema chiuso. Si è trattato di un primo passo, e molto c’è ancora da fare, ma l’aver avuto il coraggio di confrontarsi con forza e chiarezza in una materia tanto delicata quanto centrale per il futuro del nostro Paese fa sperare di poter riprendere il tema in futuro. Liberalizzare il mercato, riducendo la soglia delle regole per liberare le energie positive dello stesso. È questa la bussola che deve guidarci.
Adesso si sta giocando una partita altrettanto importante sul fronte del mercato del lavoro. Di riforma se ne parla da anni, anzi, da decenni, a dimostrazione di quanto sia considerato strategico questo settore. In Italia, il tema ha sempre sollevato grandi resistenze: purtroppo, viviamo in un sistema fortemente sindacalizzato, distintosi per la sua ingessatura e la sua incapacità di mostrarsi flessibile ed adatto alle varie esigenze economiche.
Naturalmente, il problema non è quello di licenziare, ma di dotarsi di un sistema che coniughi una doppia flessibilità, in entrata ed in uscita, con un sapiente sistema di ammortizzatori e tutele sociali. Da tempo l’Europa ci chiede di rinnovarci sotto questo fronte ed uno degli ultimi atti del Governo Berlusconi è stato proprio quello di impegnarsi in tal senso. Se sarà davvero possibile varare entro l’estate una riforma coraggiosa ed innovativa è difficile da prevedere, ma deve essere chiaro che questo è il momento in cui risulta indispensabile compiere un salto di qualità nella modernizzazione e nello sviluppo del Paese.
Sviluppo e modernizzazione dell’Italia che, naturalmente, passano anche per un recupero del suo ruolo da protagonista nelle vicende del Mediterraneo. I recenti eventi che hanno sconvolto la parte settentrionale dell’Africa dimostrano quanto sia cambiato lo scenario in termini politici e sociali. In questo senso, il presidente Berlusconi ha avuto il merito di creare delle alleanze solidissime, idonee, dal punto di vista economico e sociale, a garantire al nostro Paese un ruolo di primissimo piano. È evidente che la crisi si batte anche nel Mediterraneo, che continua a rimanere un bacino commerciale importante. Pensiamo alla rilevanza, in termini di materie prime e fonti di energia, dei Paesi che vi si affacciano. Ma anche alle enormi possibilità di investimento che quei territori rappresentano per i nostri imprenditori. Le rivoluzioni portano sempre con sé la necessità di una ricostruzione, di un ritorno alla normalità. Tutte occasione per la nostra imprenditoria.
È necessario, quindi, pensare ad una strategia complessa, che non guardi soltanto in casa nostra, ma che abbia l’ambizione di scommettere all’estero e sulla forza di penetrazione delle nostre imprese nei vari scenari internazionali. È evidente che tutto ciò sarà possibile chiudendo la stagione dei governi tecnici e d’emergenza e tornando alla politica, a cui è delegato il compito di stabilire le strategie di sviluppo e di crescita di un Paese.
Messi in ordine i conti nel 2013, si presenterà perciò un’ulteriore sfida per chi avrà l’onere e l’onore di guidare il Paese: battere la crisi con misure di largo respiro e capaci di proiettare l’economia nazionale oltre i propri confini. La mia convinzione è che su questa sfida il Popolo della Libertà sia molto attrezzato ed abbia nella sua cassetta degli attrezzi quegli strumenti che più potranno aiutare il Paese. Chi è schiavo delle vecchie logiche, di una visione dell’economia in cui il mercato è cattivo a priori e gli imprenditori sono i nemici, difficilmente può impostare una sano rilancio del Paese. Crisi ed Eurozona sono due pilastri di una stessa costruzione, di uno stesso futuro al quale l’Italia, ed il Pdl in particolare, devono guardare con attenzione e rinnovato interesse.

Simona Vicari
Senatrice della Repubblica,
Segretario della Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi

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