La privatizzazione di un bene

Alex Zanotelli

“Aria ed acqua sono, fin dalla nascita, diritti fondamentali, ma l’acqua è un bene limitato, che andrà sempre più scarseggiando. Le multinazionali sanno benissimo che fra vent’anni, con i cambiamenti climatici ed il rialzo della temperatura, si inaridiranno le fonti idriche del pianeta. Se oggi ci sono le guerre per il petrolio, pensate cosa avverrà per l’acqua”.

Davanti a tutti i flagelli che arrivano, l’uomo non capisce e bestemmia (Apocalisse cap. 8 e 9). Ed è la tipica reazione umana. Ma sono convinto di una cosa: l’uomo non vuole il proprio suicidio e, nel momento in cui toccherà davvero il fondo, capirà che dovrà fare delle scelte altre. Speriamo non sia troppo tardi.
L’Italia ha privatizzato l’acqua. Questa è la notizia fondamentale. In che modo? Bisogna fare un po’ di cronistoria. Il primo segnale l’abbiamo avuto nel 2008, quando, in pieno agosto, il Parlamento italiano ha incluso nella Legge 133 (Legge Tremonti, quella sulla scuola, per intenderci) il comma 23 bis, il quale stabiliva che, entro il 31 dicembre 2010, tutti i comuni avrebbero dovuto privatizzare, mettere a gara la loro acqua. Da notare che la stampa non ne ha mai parlato, almeno per i due mesi successivi, fino a quando è apparso un solo breve articolo di Paolo Rumiz su La Repubblica.
Il comma 23 bis è stato poi trasformato, il 9 settembre 2009, in quello che è stato chiamato l’Accordo Fitto – Calderoli, una specie di decreto, conosciuto come art. 15.
Molto strano come accordo, perché la Lega è molto spaccata all’interno sul problema acqua per una questione ideologica: i suoi deputati e senatori hanno avuto dei grossi mal di pancia a votare questa legge. Mi piacerebbe sapere cosa sia stato promesso alla Lega per votare una legge del genere.

Il 19 novembre 2009, il suddetto decreto diventa la Legge Ronchi che, in sintesi, privatizza i rubinetti d’Italia, imponendo a tutti i comuni la gara d’appalto e stabilisce che il pubblico potrà conservare al massimo il 40% della gestione. Bisogna però sottolineare, perché è importante, che la Legge non proibisce il totalmente pubblico, cioè una gestione a totale carico di un ente di diritto pubblico. E quindi, in questo senso, lascia un margine di scelta, di discrezionalità per i Comuni.
In questi mesi ho scritto diverse lettere aperte, usando parole anche molto dure e durante la conferenza stampa a Montecitorio, il giorno prima che venisse approvata la Legge, ho detto che le mani dei deputati che l’avessero votata avrebbero grondato sangue, perché queste decisioni graveranno sulle spalle di milioni di poveri.
La nostra riflessione ha radici, direi, nella spiritualità. L’acqua è sacra in tutte le religioni, in tutte le culture. È dall’acqua che nasce la vita. Privatizzare l’acqua è come pensare di privatizzare la propria madre. Senza aria e acqua, l’uomo non può vivere. Aria e acqua diventano quindi, fin dalla nascita, diritti fondamentali irrinunciabili. Giungere a questa consapevolezza richiede una rivoluzione culturale che va oltre la logica del mercato. Tutto è stato trasformato in merce e questo a danno soprattutto dei più piccoli e dei più deboli. E’ quindi importante tornare ai concetti fondamentali di diritto, soprattutto per l’acqua.

Secondo aspetto, altrettanto importante, è che l’acqua, un bene così prezioso e fondamentale, è già oggi un bene limitato, che andrà sempre più scarseggiando. Bisogna capire che, di tutta l’acqua presente sulla Terra, solo il 3% è potabile. Ed il 2,7% viene utilizzato dall’agricoltura intensiva e dall’industria. Un’iniqua spartizione di un bene così prezioso. Se questi utilizzano il 2,7%, per tutti gli altri ci sarà acqua a sufficienza? Abbiamo già più di un miliardo di persone che non hanno accesso all’acqua potabile e tra vent’anni il numero di queste persone salirà a 3 miliardi. In questa situazione, si insinua la corsa irrefrenabile delle multinazionali, protese a mettere le mani ovunque possono. Vendere l’acqua come si vende il petrolio. È incredibile quello che le multinazionali stanno facendo. In questo momento. In Italia, l’Eolia detiene già il 49% dell’acqua in Calabria ed il 75% dell’acqua in Sicilia. C’è una corsa irrefrenabile, perché le multinazionali sanno benissimo che tra vent’anni, con i cambiamenti climatici ed il conseguente innalzamento della temperatura – gli scienziati prevedono che aumenterà almeno di 2°C – salteranno tutte le fonti idriche del pianeta. Tra l’altro, le due Nazioni maggiormente toccate da questo fenomeno saranno proprio gli Stati Uniti e la Cina. Se oggi ci sono le guerre per il petrolio, e si può vivere senza petrolio, pensate cosa avverrà con l’acqua. Per questo è importante capire chi c’è dietro la privatizzazione dell’acqua, il vero ‘oro blu’. Ci sono le multinazionali, la finanza, le banche, le borse che hanno capito, già da anni, con molta chiarezza, che l’acqua è il bene fondamentale. E mi spiego meglio. Prendo come esempio la pubblicità di una banca che spesso compare sulle pagine di quotidiani nazionali. L’immagine proposta è quella di una pompa di benzina che versa acqua in una tanica. Al di sopra dell’immagine compare la scritta ‘un litro di acqua costa più di un litro di benzina. Banca … lo sa’. Peccato che molti cittadini non lo sanno. Le banche, la finanza hanno già spostato buona parte dei loro capitali sull’acqua. Buona parte dei capitali investiti nel petrolio si stanno spostando, oggi, sull’oro blu. Dobbiamo tener presente questo movimento, l’enorme appetito della finanza che ha capito che l’acqua è il bene, il bene strategico che andrà sempre più scarseggiando.

Un altro aspetto fondamentale è che la gente è portata a credere che l’acqua sia merce, attraverso il cavallo di troia dell’acqua minerale imbottigliata che provoca un grave fraintendimento. L’acqua minerale è usata per indurci tutti a sentire, e non uso a caso il verbo ‘sentire’, che l’acqua non è un diritto, bensì una merce. Basti pensare che l’Italia, che ha l’acqua più buona al mondo, è diventata, negli ultimi anni, il Paese che acquista e consuma più acqua minerale imbottigliata in Europa. Nel mondo, siamo stati sorpassati, solo l’anno scorso, da Messico ed Emirati Arabi. Nel giro di dieci anni siamo arrivati a questo punto per colpa della pubblicità, una continua, martellante, campagna pubblicitaria messa a punto dalle grandi multinazionali, Danone, Nestlé, Pepsi Cola e Coca Cola. È un mercato sconfinato, costruito dalla pubblicità solo per indurci a pensare che l’acqua sia una merce. Come compro un libro di benzina, così compro un litro di acqua. Questo è il grande mercato. Dietro la decisione, in Italia, di privatizzare l’acqua, ci sono gli enormi interessi delle multinazionali, delle banche, della finanza. Se tutto questo è vero, dunque, dove stiamo andando? Certamente nella direzione di un mondo più ingiusto. Se verrà privatizzata l’acqua, a pagarne le spese saranno le classi deboli di questo Paese. Prendiamo l’esempio di Napoli. Già oggi il 30/40% dei cittadini napoletani non paga la bolletta dell’acqua. Certamente questo non è giusto, perché ogni cittadino deve contribuire al costo del servizio. Se il 30/40% dei cittadini napoletani non paga l’acqua, pensiamo a cosa accadrà se una multinazionale prenderà in mano la gestione dell’acqua. Basta pensare a cosa sta accadendo nei Comuni di Aprilia, Latina, dove l’acqua è già gestita dalla multinazionale Eolia: le bollette sono triplicate. Come si fa a pensare che i cittadini più deboli ed indigenti possano rispondere a tali richieste? C’è già chi ha tirato fuori l’idea di risolvere il problema con una social card. Ma così non si fa che ri-sottolineare, ancora una volta, che si vogliono cittadini di serie A e cittadini di serie B.

Il nostro punto di vista è che l’acqua sia un diritto inalienabile e che nessun Comune possa tagliare l’acqua ad una famiglia impossibilitata a pagare la bolletta.
Ma, soprattutto, la privatizzazione dell’acqua sarà pagata dai poveri del Sud del mondo. Se oggi abbiamo 50 milioni di persone che muoiono di fame, domani avremo 100 milioni di persone che moriranno di sete. Chi ha i soldi per comprarsi l’acqua? Se c’è gente che muore di fame è perché non ha i soldi per comprare da mangiare, se non ha i soldi per comprare da mangiare non ne avrà neanche per comprarsi da bere. La nostra posizione, quindi, è molto chiara: riteniamo che l’acqua sia un diritto fondamentale umano, un bene che deve essere gestito dalle comunità locali, i Comuni, al massimo Unioni di Comuni che hanno necessità di mettere insieme i fondi, con totale capitale pubblico, senza intervento privato, senza Spa, per evitare che le banche e la finanza entrino. Che ci mettano le mani. Noi stiamo chiedendo questo. Tutti i costituendi gruppi, in giro per l’Italia, chiederanno al proprio Comune di appartenenza di convocare un consiglio straordinario, monotematico, che ponga al centro la questione dell’acqua, affinché il consiglio possa deliberare, ed inserire nel proprio statuto Comunale, che ‘l’acqua è un bene di non rilevanza economica’. Con questa clausola inserita nello statuto, secondo noi, il Comune può tentare di gestire l’acqua attraverso l’istituzione di un ente di diritto pubblico, visto che la legge non lo vieta. E ciò che la legge non vieta, si può fare…
Contemporaneamente, chiediamo alle Regioni di contestare la costituzionalità della Legge Ronchi presso la Corte.
Inoltre, ci stiamo muovendo verso il referendum. Vorremmo concentrare la raccolta delle 600 mila firme necessarie dalla metà di aprile alla metà di luglio 2010.

A Roma, il prossimo 21 marzo, abbiamo organizzato una grandissima manifestazione dedicata all’acqua, ai problemi climatici, ecologici. L’acqua sarà al centro di tutti gli interventi. Ci muoveremo, quindi, verso questo referendum abrogativo.
Chiederemo alla gente di darci fiducia per portare avanti questa iniziativa.
La novità assoluta di questo referendum è che esso sarà gestito esclusivamente dalla società civile, dalla cittadinanza attiva. Abbiamo chiesto a tutti i partiti di rimanere fuori, di fare un passo indietro. Vogliamo che questo referendum sia promosso dalla società civile e, se i partiti vorranno aderire, potranno farlo solo come sostenitori. Speriamo in una profonda rivoluzione culturale della cittadinanza attiva e della società civile, che deve finalmente diventare attrice, protagonista del cambiamento.
Non mi aspetto più nulla dall’alto. Dall’alto della politica, naturalmente..

Alex Zanotelli
Religioso, presbitero e missionario dei padri Comboniani
ispiratore e fondatore di diversi movimenti per la pace e di giustizia solidale

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