Grandi opere per un grande Paese

Nell’ultimo millennio, l’Italia è stata teatro di 30.000 terremoti. Questi hanno provocato 120.000 vittime nell’ultimo secolo e danni per 100 miliardi di euro negli ultimi 40 anni. L’elevato rischio sismico di gran parte del territorio nazionale (il 45% dell’Italia), fra i più alti a livello europeo, non dipende però solo da frequenza ed intensità dei terremoti, ma anche dall’elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio, nella maggior parte delle regioni di rilevanza storica ed artistica, ma privo di garanzie di resistenza dal punto di vista sismico. Una situazione che avrebbe preteso da tempo una corretta classificazione del territorio (solo recentemente definita e conclusa) ed una legislazione adeguata sulle regole antisismiche nei comuni a rischio. Solo il 14 settembre 2005, con grave ritardo su decine di pregressi eventi sismici, in nome dei 27 bambini morti nel drammatico crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, venne varato il decreto che definisce le “norme tecniche per le costruzioni” in territori sismici. Finalmente, il legislatore stabilisce le regole per la sicurezza delle vecchie abitazioni e delle nuove costruzioni nei comuni a rischio. Ma, con stile tutto italiano, da quel momento cominciano le fasi transitorie, le proroghe, i rinvii che posticipano l’entrata in vigore della legge, l’ultimo dei quali nel febbraio 2009, che rinvia il tutto a luglio 2010. Proroghe che, per fortuna, escludono edifici strategici come scuole ed nosocomi, ma che, visto quanto accaduto all’ospedale dell’Aquila, non sono state comunque applicate o, almeno, non sono state rispettate. Attualmente solo il 14% degli edifici presenti in zona sismica risulta edificato con criteri di sicurezza e se da oggi cominciassimo a mettere in regola le nuove costruzioni fra 20 anni avremmo ancora l’82% di case insicure. È quindi necessario intervenire prima possibile, non solo sugli edifici di nuova concezione, ma anche sulle strutture monumentali ed antiche. È vero che il costo degli interventi per mettere in sicurezza il patrimonio storico italiano potrebbe aggirarsi attorno ai 200 miliardi di euro, ma è anche vero che tutte le analisi tecnico-economiche indicano che intervenendo prima del terremoto si realizzerebbe un risparmio di almeno il 40-50% rispetto ai costi di un evento sismico; senza contare il numero di vite umane che in questa maniera verrebbero salvate. Inoltre, come già evidenziato nel “Piano Casa” dell’attuale Governo, investimenti in tal senso potrebbero funzionare da spinta ad un mercato, edilizio e non, in forte crisi. Quindi, viste le possibilità legislative che permettono di armonizzare i tempi, procedure, capitali e controllo negli appalti pubblici per le cosidette “Grandi Opere” come il Ponte sullo stretto, dirottare l’attenzione e parte dei finanziamenti su una “Grande Opera di prevenzione”, come quella che attenuerebbe il rischio sismico italiano, potrebbe essere la vera soluzione per il futuro dell’Italia e dei suoi cittadini.

Massimiliano Fanni Canelles

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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