Appunti di viaggio: Libano

Libano
31 maggio 2007
CITTA’ di TAYR HARFA
Lezioni di “Mine Risk Education”

Oggi sono stato a Tayr Harfa, presso una scuola elementare, a fare una lezione di “Mine Risk Education” e per donare 10 armadi in metallo per la direzione (per la conservazione dei registri, libri, materiale di scuola, ecc.) e 2 in legno per la sala dei professori (quelli ad 8 ante con la serratura) che erano stati danneggiati durante la guerra. La lezione è basata su una storia che raccontiamo loro con due pupazzi in peluche, due personaggi di un cartone animato che qui in Libano tutti i bambini seguono con passione: Dora e Babouche.

A Babouche ho ingessato un piede e, quando lo guardano con curiosità, chiediamo ai bambini se vogliono sapere cosa gli è successo. Al loro sì cominciamo a raccontare. Dora e Babouche vogliono andare in città a giocare al Luna Park e chiedono il permesso alla mamma. La mamma dice di sì, ma raccomanda loro di stare sempre sulla strada principale. Mentre vanno in città, però, Babouche, per arrivare prima in città ed avere più tempo per giocare, taglia per il bosco nonostante Dora dica di no. Babouche incontra l’erba alta, rami spezzati e animali morti, ma non se ne cura e continua ad andare avanti. Poi, ad un certo punto, si sente uno scoppio.

Dora, preoccupata, chiama Babouche e chiede cosa sia successo. Babouche dice di fermarsi, di non andare avanti, di non avvicinarsi ma di andare a chiamare i soldati dell’ONU. Loro arrivano, portano Babouche in ospedale dal dottore che la cura e, quando guarisce, torna a giocare con Dora.
Poi cominciamo a fare le domande ai bambini. Chiediamo loro dove ha sbagliato Babouche (a disobbedire alla mamma, a prendere strade che non conosceva, a non curarsi dei segni di pericolo come i cartelli, gli animali morti, i rami spezzati, l’erba alta, ecc.) e cosa, invece, ha fatto di buono (non ha fatto avvicinare Dora, le ha detto di chiamare i soldati dell’ONU, ecc.).

Poi, i nostri specialisti (quelli che sminano i terreni), mostrano le fotografie delle mine che potrebbero trovare e tutte quelle parti di ordigni che possono far loro capire che intorno ci può essere un pericolo (sicure, anellini di plastica, cilindri, ecc.). Evitiamo di far loro vedere che maneggiamo dal vero le cluster bombs intere, di cui è disseminato il Libano. Non è certo un bello spettacolo, ma, soprattutto, si abituerebbero alla vicinanza con troppa confidenza e disinvoltura, senza troppa paura.

Prendiamo 2 bambini. Facciamo fare loro una piccola corsa, poi la facciamo ripetere, ma a quello che ha vinto lo facciamo correre con una gambina sola. Quando quello con una gambina sola, chiaramente, perde, gli diciamo com’è difficile la vita quando si ha una menomazione così. Come anche una cosa semplice come giocare può diventare difficile.

Prendiamo altri 2 bambini, facciamo loro slacciare le scarpine e poi riallacciarle. Glielo facciamo ripetere, ma con una manina sola e, quando chiaramente non ce la fanno, spieghiamo come anche le cose semplici possono diventare difficili. Regaliamo ad ognuno di loro un giochino (bambole, didò, macchinine, ecc.) e merendine. Giochiamo con loro, li intratteniamo con canzoni, girotondi, trenini, balli, ecc.Quando le scuole sono aperte, facciamo spesso queste lezioni, almeno una o due a settimana presso tutte le scuole (fino ad oggi hanno sentito le nostre lezioni più di 2.000 bambini).

Tutte le volte mi soffermo ad osservarli mentre raccontiamo loro la storia di Dora e Babouche. Hanno sempre tutti un’espressione così attenta, gli occhi fermi, spalancati, fissi su chi parla. Hanno mille espressioni: c’è chi rimane con la bocca un po’ aperta, chi si mette il ditino in bocca, chi ha le braccia distese sul banco stringendosi le manine…

Guardo divertito come tutti vogliono rispondere subito alzando la mano quando facciamo loro le domande e come sorridono quando battiamo loro le mani se danno la risposta giusta. Guardo con rabbia, con tristezza come stanno attenti con gli occhi spalancati, non per imparare le scienze, le meraviglie della natura come i fiori, la luna le stelle, non sono lì per imparare la geografia, la storia la matematica, ma per imparare a come non morire per colpa dei grandi.

È sconcertante stare lì a dover parlare ad un bambino e dirgli che un grande, un adulto, invece di proteggerlo, ha disseminato la sua terra, i suoi terreni di gioco, di bombe a grappolo, di cluster bombs, che invece di proteggerlo ha fatto di tutto per fargli del male, mutilarlo, ucciderlo. Molti di questi bambini ancora oggi, quando sentono un aereo che passa sopra di loro (quasi ogni giorno i caccia israeliani sorvolano il sud Libano) si fermano, si guardano intorno, cominciano a tremare. Hanno la tachicardia, qualcuno di loro ancora oggi scappa al coperto.

È per questo che ho voluto in tutti i modi sostituire quegli armadi della scuola che ancora oggi erano pieni di tetri e miserabili buchi, erano crivellati di proiettili.
Perché questi bambini che ancora oggi camminano fra le macerie e case distrutte quando vanno a scuola, quando tornano a casa dalla scuola, quando giocano per le loro strade, che stanno ancora male quando sentono un aereo passare sopra le loro teste, almeno quando sono a scuola non abbiano per qualche ora sotto gli occhi immagini di guerra.

Danilo Prestia
Tenente Colonnello del CIMIC dell’esercito italiano

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi