La deriva oligarchica del sistema democratico italiano

Da anni ormai un ampio ed articolato dibattito sulla Costituzione e sulla necessità di una sua inderogabile riforma anima la politica del nostro Paese. A volte però ci accorgiamo che è sempre più difficile rispettare i dettati costituzionali. Persino quelli del’attuale Costituzione, sebbene ritenuti acquisiti e superabili.

Ad esempio, le norme riguardanti il sistema scolastico recentemente approvate dal Governo, pur formalmente conformi alla Carta costituzionale, non sembrano rispettarne appieno il significato più profondamente etico, politico e sociale che la caratterizza[1]. Tra le righe infatti, o meglio, oltre il marketing accattivante che prevede una scuola fatta di grembiuli, voti, maestro unico e la triste realtà dei tagli ai finanziamenti e al personale, sembra far capolino una linea politica ben chiara e precisa. Governo e maggioranza parlamentare vorrebbero infatti una scuola ed una università diverse dalle attuali.

Un sistema scolastico semplificato, ordinato, per quanto possibile privatizzato, aziendalizzato, in grado di inserirsi sul mercato. Meno insegnanti, possibilmente senza prevedere per loro formazione e aggiornamenti indispensabili all’esercizio della professione e neppure gli auspicati aumenti di stipendio (non ci sono i fondi necessari). Nessun chiarimento sulla parità scolastica che stabilisca, una volta per tutte, la differenza tra scuole private e parificate di antica tradizione, (generalmente di ispirazione confessionale) e diplomifici/azienda ove il titolo di studio assume il banale valore di mercato di un qualsiasi prodotto. Sono invece chiari i tagli consistenti alle risorse che garantivano a tutti il diritto allo studio. Manifesta è pure la possibilità data alle università di trasformarsi in fondazioni private, ove inevitabilmente incomberà il pericolo di aziendalizzazione del sapere e diverrà “normale” tentare di controllare la ricerca e l’insegnamento, finalizzandoli a scopi privati.

Anche in questo caso l’operazione è stata oggetto di marketing. “Venduta” come la volontà di demolire il baronaggio e le clientele del mondo universitario. Non si è voluto certo riflettere sul fatto che, se tale malcostume è presente in quegli ambienti, lo si deve alla politica. I cosiddetti baroni infatti, appoggiati da politici territorialmente potenti, hanno potuto pretendere nuove sedi universitarie e l’attivazione di moltissimi insegnamenti inutili. Sono stati inoltre inseriti dai politici nell’ingranaggio delle Commissioni di consulenza parlamentare e degli incarichi ad personam. Tale costume ha pertanto legittimato una pericolosa commistione tra politica e università, creando tra loro un reciproco rapporto di dipendenza ai vertici.

Il potere politico ha infatti alimentato una ristretta fascia di docenti universitari abili nelle pubbliche relazioni, dimenticandosi che, dietro quella lobby, esiste ancora un mondo serio e motivato, che non riesce ad esprimersi ed è costretto a fuggire. I legislatori, come poc’anzi si diceva, vorrebbero fondazioni private al posto delle università scordandosi pure di aver già creato strumenti idonei all’incontro di interessi pubblici e privati nell’ambito della ricerca e del mondo accademico. Mi riferisco ai Consorzi universitari. Istituzioni in cui operano, oltre alle università e quindi allo Stato, anche gli Enti locali, le Camere di commercio, le associazioni di categoria, ecc. e che, ben utilizzati in alcuni territori della Penisola, ne hanno favorito lo sviluppo economico.

Ma allora, oltre al ricavo di risorse necessarie a coprire spese effettuate o da compiersi in altri settori, che valore sociale ha la riforma? Per rispondere non si può che ricorrere al’attuale Costituzione. Essa garantisce a tutti i cittadini pari dignità sociale e il diritto all’istruzione, dando alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza degli stessi, nonché il pieno sviluppo della persona. Dice altresì che arte e scienza sono libere, come libero ne è l’insegnamento. Se questo recita la Costituzione, appare quindi abbastanza chiaro come una tal riforma, anziché favorire una distribuzione sempre maggiore della conoscenza in tutti i livelli sociali, finirà per creare differenze di classe sempre più evidenti. Genererà cioè un sistema scolastico diversificato e concorrenziale, ove l’attuale fine sociale, sicuramente migliorabile, verrà sostituito da parametri aziendali orientati al raggiungimento di obiettivi quantificabili sul mercato.

Un’organizzazione in cui anche il sapere rischia di diventare merce e dove il libero pensiero non conta più. L’impalcatura più importante del sistema-paese potrebbe cioè trasformarsi in una “fabbrica” di cittadini del domani dove i pur contestati ma socialmente paritari metodi (gramsciano, d’ispirazione confessionale, crociano, ecc…) vengono sostituiti da logiche di mercato globalizzate e relativiste, camuffate con operazioni di facciata inneggianti alla necessità di riportare etica, ordine, educazione e disciplina. Gli ultimi tempi ci hanno purtroppo consegnato leggi e decreti che, sempre di più, mirano a creare una disparità sociale nel Paese, favorendo lobbies ristrette e potenti. Basti pensare, ad esempio, alle privatizzazioni (Enel e Telecom volute dal passato Governo e a quella degli acquedotti e dell’Alitalia, patrocinate dall’attuale), alla dichiarata volontà di intervenire in tal senso anche in settori quali la sanità e l’assistenza.

Viene spontaneo domandarsi quale vantaggio ne abbiamo tratto e ne potranno ricavare i cittadini. Per non parlare poi delle regole che stanno a monte di queste scelte. Mi riferisco ad esempio al meccanismo elettorale, che consente ad un ristrettissimo gruppo di persone di governare l’intero sistema politico italiano e le leggi che da esso discendono, non concedendo più agli elettori la scelta dei propri rappresentanti. La politica si sta coprendo di gravi irresponsabilità, proprio nel momento in cui la crisi economica e la globalizzazione mettono a dura prova soprattutto il ceto medio e basso, vero polmone e potenziale risorsa del Paese. Affrontare l’emergenza richiede necessariamente un livello di preparazione politica e tecnica molto elevato ed una diffusione della conoscenza potenzialmente estensibile a tutti gli strati sociali. Il risultato delle recenti elezioni americane rappresenta una speranza e una risposta a tali aspettative da parte di un grande paese democratico. L’attualità italiana, invece, ci fa riflettere su una deriva oligarchica sempre più concreta.

Alessandra Guerra

[1] Costituzione italiana: Articoli riguardanti l’istruzione
3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
30. E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
33. L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi delle scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi