L’inefficienza è una palla al piede

Renato Brunetta

L’Italia è un grande paese, nonostante la grave crisi economica che sta attraversando, e non può permettersi un gap nell’erogazione di servizi pubblici. Serve una Pubblica Amministrazione orientata alle famiglie, alle imprese, ai cittadini, che lavori meglio e costi di meno.

La speranza di avere una P. A. sempre più efficiente ed al servizio del cittadino diventa ogni giorno più concreta. Negli ultimi mesi, abbiamo registrato un calo delle assenze per malattia tra i dipendenti pubblici che sfiora quasi il 50%. Si tratta dei primi risultati di questo esecutivo, teso a migliorare il funzionamento dell’economia e a soddisfare i bisogni degli utenti. Soddisfazione che deve poter essere costantemente misurata con strumenti di customer satisfaction. Gli italiani chiedono beni e servizi pubblici di qualità e a costi ragionevoli, ma questi non devono essere necessariamente forniti direttamente dalla Pubblica Amministrazione. Occorre mettere i clienti in condizione di scegliere il fornitore di beni e servizi pubblici che meglio li soddisfa, pubblico o privato che sia. E pagare una volta sola! Occorre misurare la qualità dei beni e servizi pubblici erogati. Una sfida possibile, perché tutto può essere misurato. Solo ciò che non si misura non può essere valutato e quindi migliorato. La P.A. deve attrezzarsi per valutare se stessa e la qualità dei propri servizi, oppure saranno altri a farlo. E in un sistema di beni e servizi pubblici aperto alla concorrenza, la sanzione sarebbe non solo la marginalizzazione delle amministrazioni pubbliche inefficienti, ma anche la distruzione stessa dei beni e servizi pubblici erogati. Ho lanciato una sfida al paese e a me stesso: riformare la Pubblica Amministrazione. In molti ci hanno provato, nessuno ci è riuscito. Sembra esserci una sorta di maledizione. Mi sono posto un obiettivo chiaro e semplice: nell’arco di un triennio, opportunamente strutturato, livellare i tassi di assenteismo del settore pubblico a quelli del settore privato. Non si tratta ovviamente di una caccia alle streghe. Ma la preoccupante situazione economica del Paese e la bassa crescita ci dicono che non possiamo più permetterci una pubblica amministrazione-palla al piede, che si ponga come un freno per il Paese. Il mio vuole essere un approccio liberale e senza pregiudizi, aperto al confronto con quanti siano disposti a condividere l’esigenza del cambiamento. Propongo un grande patto con dipendenti e sindacati per fornire risposte ai bisogni dei cittadini e cambiare il Paese. Solo lavorando in sinergia sarà possibile raggiungere dei risultati, premiando e gratificando i più meritevoli a partire dalle procedure di reclutamento. Dovrà tornare a prevalere la logica della selezione dei migliori, restituendo alla dirigenza pubblica il potere disciplinare e di organizzazione, distribuzione e modifica delle mansioni. Di trasferimento, valutazione, incentivazione. E i primi ad essere valutati saranno i dirigenti. Due sono gli strumenti principali sui quali puntare: il federalismo (fiscale e amministrativo) e l’innovazione tecnologica. Non dovranno esservi incentivi a pioggia o sprechi. Le risorse agli enti territoriali dovranno essere legate a obiettivi concreti, tese a ridurre le inefficienze. La misurazione trasparente e la valutazione da parte dei cittadini saranno strumento essenziale per un cambiamento che premi i migliori e penalizzi la cattiva burocrazia. Dobbiamo immaginare misure anche per riacquisire, magari temporaneamente, i poteri a livello centrale quando il livello territoriale si dimostri inadeguato. Quanto all’innovazione tecnologica, credo che sia il vero catalizzatore del cambiamento. Un esempio: la banda larga e le ICT. Con la Banda Larga deve essere superata ogni barriera fisica e culturale alla diffusione della Società dell’Informazione. Dobbiamo diventare un Paese e una società digitalizzati, all’avanguardia, per competere al meglio con tutti i più dinamici partners europei e mondiali. Abbiamo messo in cantiere 60 convenzioni per l’innovazione negli uffici pubblici: ministeri, regioni e capoluoghi di regione, a seconda dei rispettivi fabbisogni innovativi. Ogni convenzione avrà il suo cronogramma di implementazione ben definito e verificabile. Quello che mi interessa maggiormente è dar vita ad un’offerta ed una domanda specifiche. Offrendo solo metodologie e potenzialità si corre il rischio di non incrociare la domanda. Il mio obiettivo è invece quello di far esprimere la domanda. Perciò, a fronte di 60 convenzioni e 60 cronogrammi, avremo anche 60 sistemi che chiederanno conto degli impegni assunti e delle implementazioni. Si avrà quindi la certezza che si faranno cose concrete, reali, utili. Un altro obiettivo che mi sono posto è quello di una PA “paperless”: taglio del 50% delle spese di stampa di relazioni e pubblicazioni. Dal 1° gennaio 2009, ad esempio, la Gazzetta Ufficiale sarà solo telematica e la pubblicazione nei siti web assolverà gli obblighi di comunicazione delle amministrazioni. Ai cittadini dobbiamo garantire un unico strumento di accesso ai servizi, valido ai fini sanitari e fiscali: ogni servizio accessibile in formato digitale non dovrà più essere erogato in formato cartaceo; un sistema di call-center guiderà cittadini e imprese all’uso dei nuovi servizi; verrà creato un sistema di “reti amiche” per i servizi pubblici e nelle amministrazioni si procederà alla dematerializzazione, l’abolizione della carta. Dobbiamo raggiungere la piena condivisione tra le banche dati delle amministrazioni centrali e periferiche, evitando di richiedere ai cittadini dati già in possesso dell’amministrazione. Se sapremo cambiare il modo di operare dell’amministrazione e far buon uso degli strumenti a nostra disposizione, potremo spendere meglio e liberare importanti risorse per fornire servizi nuovi al paese. So bene che quelli esposti sono obiettivi ambiziosi, ma questo cambiamento è atteso nel Paese. C’è consapevolezza e ampia condivisione. Far funzionare bene le amministrazioni pubbliche è un valore costituzionale sul quale le forze politiche devono essere unite.

Renato Brunetta
Economista, Professore ordinario di Economia del Lavoro presso l’Università degli Studi di Roma, Tor Vergata,
Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione

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