Non ideologizziamo la salute mentale

Carmelo Porcu

L’interpretazione troppo ideologica della 180 porta di fatto ad un vero e proprio abbandono dei malati e delle loro famiglie. L’aspetto più drammatico della situazione consiste nello stato di solitudine nel quale sono lasciate le famiglie, che devono gestire realtà che possono essere troppo grandi per le loro forze: si tratta di situazioni spesso drammatiche, intollerabili.

Prima delle legge 180 in Italia il malato di mente era visto solamente come un problema da risolvere tramite il ricorso alle uniche strutture allora esistenti, i manicomi: la dignità umana dei malati indubbiamente non veniva presa in grande considerazione, ma andava posposta a molte altre esigenze. Da questo punto di vista la legge di cui parliamo ha portato una benefica rivoluzione, introducendo l’idea che i malati mentali non sono delle persone da internare ma delle persone da seguire, anche al di là del manicomio, in un contesto di recupero sociale.

Da questo punto di vista, l’intervento di Basaglia è stato assolutamente positivo ed ha permesso un radicale cambio di marcia. Ci sono, però, delle correnti di pensiero che hanno ideologizzato il concetto di malattia mentale: qualche scienziato è arrivato addirittura a non riconoscere in questo tipo di disagio una malattia. Si è caduti in una situazione opposta a quella che si cercava di migliorare: se prima si rinchiudeva troppo facilmente la gente nei manicomi, con un’interpretazione troppo estremista della legge 180 si è arrivati alla negazione della malattia mentale. In questo modo non si vogliono vedere le gravi conseguenze che possono insorgere se i malati di mente non vengono curati con terapie appropriate per i loro disturbi.

L’interpretazione troppo ideologica della 180, inoltre, porta di fatto ad un vero e proprio abbandono dei malati e delle loro famiglie. L’aspetto più drammatico della situazione consiste infatti nello stato di solitudine nel quale sono lasciate le famiglie, che devono gestire realtà che possono essere troppo grandi per le loro forze: si tratta di situazioni spesso drammatiche, intollerabili. Sono inimmaginabili i drammi che si consumano tra le mura domestiche in seguito all’insorgere di una malattia mentale che nessuno vuole curare. E se le strutture pubbliche, accanto alla comprensione umana ed alla possibilità di un moderno intervento socio assistenziale, offrissero anche la possibilità di una vera e propria cura, a trarne vantaggio sarebbero non solo le famiglie, non più costrette a combattere da sole la loro tragedia, ma anche la società stessa: la popolazione inizierebbe a sentirsi tutelata da quelle situazioni di pericolo che un malato di mente non curato può provocare.

Da questo punto di vista c’è una carenza normativa molto forte: con la legge 180, se un malato di mente vuole curarsi può farlo, ma se non vuole curarsi nessuno può costringerlo: ma non si può pretendere che una persona affetta da problemi psichici sia tanto responsabile da volersi curare! In questi casi si dovrebbe vietare al malato la possibilità di non curarsi: l’esigenza che egli guarisca, senza lederne la dignità umana né comprometterne i diritti civili di cui tutti godiamo, dovrebbe avere il sopravvento. Il problema del conflitto tra il diritto del paziente psichico di essere libero e la sensazione di pericolo che la popolazione percepisce di fronte alla libertà di elementi psicotici, è in effetti un problema grave, che risiede nel fatto che la società vede che il disagio psichico non è curato in maniera appropriata. E’ per questo che si crea l’insicurezza nei confronti dei malati! Per tutti questi motivi è assolutamente necessaria una rivisitazione della legge 180.

Io non sono per il suo stravolgimento totale: mi sembra che la ricostituzione dei manicomi sarebbe fuori da ogni contesto civile. Ma dico anche che non pensare ad interventi sanitari per la cura dei malati di mente è un assurdo: la carenza normativa della 180 ha bisogno di essere colmata con una opportuna riforma. In Italia se ne parla da molti anni, anche sull’onda di episodi particolarmente drammatici di cui si sono occupati sia il mondo giornalistico che il mondo culturale: questo dibattito dovrà trasformarsi in un intervento di tipo normativo. L’attuale legislatura dovrà farsi carico di un riesame della 180: alla Commissione Affari Sociali, di cui faccio parte, sono già stati presentati parecchi testi per la riforma della psichiatria.

Nei prossimi mesi ce ne occuperemo, e lo faremo cercando la collaborazione di tutte le parti politiche: questo è un problema che coinvolge tutti quanti e pertanto è il classico tema per cui non vale la pena di dividersi destra o sinistra ma si deve trovare un accordo bipartisan. Credo in ogni caso che bisogni favorire la cura dei malati mentali, senza andare contro la libertà umana dei soggetti più deboli ma nello stesso tempo prendendo a riferimento ciò che avviene negli altri stati europei. La legge Basaglia, alla quale riconosco di aver dato un segnale positivo, deve essere rivisitata per evitare che le famiglie si sentano sole con i loro drammi e che la società possa sentirsi continuamente minacciata dagli incidenti che questi malati, non sufficientemente curati, possono provocare. Questa questione, ripeto, deve essere affrontata con comunione d’intenti da tutte le parti politiche, senza andare a ledere il diritto alla libertà personale ma prevedendo forme di assistenza sanitaria importanti e rimodernando l’impalcatura della legge.

On. Carmelo Porcu
Deputato alla Camera, componente COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI)

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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