Abbandono scolastico: incidenza sulla devianza minorile

Le iniziative del volontariato sociale per una rete di coordinamento con le istituzioni per ricuperare la funzione educativa

Per molti ragazzi in fase adolescenziale la scuola rappresenta un calvario che porta alla triste decisione di lasciar perdere tutto. Le cause di questo fenomeno, che sta crescendo in maniera esponenziale e si sta diffondendo a macchia di leopardo in diverse regioni d’Italia, sono molteplici. La ricerca di soluzioni adeguate ed attuabili, è stata oggetto di discussione nel convegno di lunedì 8 ottobre, intitolato “Abbandono scolastico: incidenza sulla devianza minorile”, aperto dal Capo Dipartimento Giustizia Minorile Carmela Cavallo e dal vicepresidente della CRI Vincenzo Scognamiglio, presso il Centro Europeo di Studi di Nisida. La professoressa Antonella Mancaniello, che ha partecipato all’iniziativa sia a titolo di insegnante, che in qualità di portavoce del Ministro Giuseppe Fioroni, ha più volte ribadito la necessità di contrastare la dispersione scolastica tenendo presente che i giovani hanno bisogno non solo di essere istruiti a livello nozionistico, ma anche per quel che riguarda i valori morali, che oggigiorno, sembrano essere sempre più carenti: lei stessa, si dice convinta del bisogno di offrire ai giovani un esempio di educazione nel quale emergano il senso del dovere e del rispetto. La Mancaniello, ci tiene a precisare che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, in quanto ci sono docenti attenti e preparati, che spesso vengono ingiustamente attaccati, ma al contempo, sottolinea la sua poca convinzione rispetto all’efficacia di attività alternative finalizzate a stimolare i ragazzi solo attraverso il divertimento. Effettivamente, la scuola oggi offre poco. Spesso, proprio quando l’Istituzione scolastica viene chiamata a confrontarsi con i cosiddetti alunni “difficili”, tende ad accattivarsi la benevolenza di quest’ultimi, adottando sistemi quali le rappresentazioni teatrali e i laboratori didattici nei quali poco si studia e tanto ci si diverte. In contesti di questo genere, il senso della disciplina risulta deficitario e l’allievo, più che con un insegnante, si trova ad avere uno scambio di opinioni con quello che viene erroneamente recepito come un “amico”.

Opinione generale, fra i relatori del convegno di Nisida, è che ci debba essere una distinzione netta tra la figura dell’insegnante e quella dell’ amico, poiché i due ruoli non possono, né devono essere confusi. Questo non significa che chi insegna lo debba fare in assoluto rigore, ma piuttosto che dovrebbe svolgere il suo compito mantenendo un minimo di “distacco”, che consenta all’allievo di avvertire l’esistenza di una forma di “autorità” da non sottovalutare. In tanti arrivano alla laurea con preparazioni per lo meno opinabili, in troppi abbandonano prima, perché da parte dei docenti non c’è interesse a stimolare ed incoraggiare chi si trova in difficoltà. In fin dei conti, perché un professore dovrebbe prendersi a cuore un alunno problematico? Perché dovrebbe ambire a portare l’intera classe ad un buon livello di preparazione, anche quando sembra che questa non abbia alcun interesse a raggiungerlo? Semplicemente perché l’insegnamento è il lavoro che ha scelto di fare, un lavoro che, come tanti altri del resto, è fatto di dedizione. Educatori, insegnanti e chiunque in generale abbia a che fare con l’istruzione dei giovani, famiglie comprese, dovrebbero soffermarsi a pensare che ogni singolo abbandono scolastico rappresenta un fallimento: una situazione in cui quella che potremmo definire, “l’arte di insegnare”, viene pesantemente sconfitta perché in troppi casi, come sottolinea Serenella Pesarin, Direttore del Dipartimento Giustizia Minorile, non sono i ragazzi ad abbandonare la scuola, ma è la scuola ad abbandonare loro. Non si può puntare il dito contro i giovani, nemmeno quando questi cedono alla tentazione di percorrere strade più “facili” come quelle della delinquenza, poiché la criminalità, per loro, rappresenta un’alternativa, quell’alternativa che noi adulti spesso non siamo in grado di offrire e che invece dovremmo assolutamente trovare.

Cinzia Lacalamita
Responsabile delle relazioni pubbliche del gruppo di ricerca “Body-Image”

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi